Determinazione della Pena: i Limiti del Ricorso in Cassazione
La corretta determinazione della pena è uno dei cardini del processo penale, un momento delicato in cui il giudice valuta la gravità del reato e la personalità dell’imputato. Ma fino a che punto questa valutazione può essere contestata in sede di legittimità? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili del ricorso, dichiarandolo inammissibile quando mira a una nuova valutazione della congruità della pena senza denunciare vizi logici o giuridici nella decisione impugnata.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per traffico internazionale di sostanze stupefacenti. La Corte d’Appello di Milano, nel definire la sanzione, aveva fornito una dettagliata motivazione per giustificare lo scostamento dal minimo edittale, sottolineando la particolare gravità dei fatti contestati. L’imputata, non ritenendo congrua la pena inflitta, ha proposto ricorso per cassazione, contestando proprio le valutazioni operate dal giudice di secondo grado in merito alla quantificazione della pena.
La Decisione della Corte di Cassazione e la determinazione della pena
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: il giudizio di cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti, a meno che quest’ultima non sia palesemente illogica, arbitraria o viziata da errori di diritto.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto il motivo di ricorso proposto come generico e manifestamente infondato per diverse ragioni.
In primo luogo, la sentenza della Corte d’Appello era stata esaustiva e completa nel motivare la determinazione della pena. I giudici di merito avevano chiaramente spiegato perché la gravità dei fatti, inseriti in un contesto di traffico internazionale, giustificava una pena superiore al minimo previsto dalla legge, seguendo i criteri indicati per il calcolo.
In secondo luogo, la Cassazione ha ribadito, citando precedenti giurisprudenziali, che una censura che mira semplicemente a ottenere una nuova e diversa valutazione sulla congruità della pena è inammissibile. La determinazione della sanzione non deve essere frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico. Se la motivazione del giudice di merito supera questo vaglio di logicità e coerenza, la valutazione discrezionale sulla quantità di pena da infliggere non è sindacabile in sede di legittimità. Nel caso di specie, non è stato riscontrato alcun vizio di questo tipo.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. Essa chiarisce che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato come un “terzo grado di giudizio” per tentare di ottenere uno “sconto” di pena. L’attenzione della difesa, in sede di legittimità, deve concentrarsi sulla denuncia di specifici vizi di legge o di palesi illogicità nel ragionamento del giudice, piuttosto che su una generica contestazione della misura della sanzione.
Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, una conseguenza tipica dei ricorsi dichiarati inammissibili che funge da deterrente contro impugnazioni dilatorie o palesemente infondate.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché ritenuto generico e manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione completa e logica per la determinazione della pena, e il ricorso si limitava a contestarne la congruità senza evidenziare vizi di legittimità.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di ridurre una pena decisa da un giudice di merito?
No, non è possibile chiedere una mera rivalutazione della congruità della pena. La Corte di Cassazione può annullare una sentenza per questioni relative alla pena solo se la motivazione del giudice di merito è illogica, arbitraria o basata su un errore di diritto, ma non può sostituire la propria valutazione discrezionale a quella del giudice precedente.
Quali sono state le conseguenze per la ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6735 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6735 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che il motivo di ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza a fronte della completa e esaustiva motivazione resa in sentenza in punto di determinazione della pena, rispettando i criteri indicati nella sentenza rescindente (v. pag. 8 e 9 ove si giustifica lo scostament minimo edittale in ragione della gravità dei fatti, inseriti in un traffico internaz stupefacenti, e si dà conto dei criteri seguiti per il calcolo della pena);
ritenuta inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto -come nel caso specie- di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME Rv. 276288; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 29 gennaio 2024
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