Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1960 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1960 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA,
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME (CUI: DATA_NASCITA) nato il DATA_NASCITA
NOME COGNOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/12/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
La Corte d’appello di Firenze, giudicando in sede di rinvio a seguito dell’annullame della precedente sentenza di conferma di quella del Tribunale di Siena di condanna degli imputa COGNOME NOME e COGNOME NOME per concorso, anche con altri, in detenzione a fini di cessione di Kg. 9458,8 di marijuana, ha rideterminato la pena in anni tre di reclusione ed euro 6.000,0 multa, riconosciute le generiche, confermando n& resto. Nella sentenza di annullamento, i particolare, si era affermato che, nonostante la sentenza della Corte territoriale fosse succe a quella n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale e nonostante la proposizione di speci motivo di appello, i giudici d’appello avevano confermato la condanna e la pena inflitta stregua della cornice edittale di cui all’att. 73 comma 1 d.p.r. 309/1990, pur trattandosi specie, di droga leggera, ritenendo conseguentemente l’illegalità della pena siccome determinat attraverso un procedimento di commisurazione basato, per le droghe cosiddette «leggere», sui limiti edittali dell’art. 73 d.P.R. 309/1990 come modificato dalla legge n. 49 del 2006, in v momento del fatto, ma dichiarato successivamente incostituzionale con la sentenza n. 32/2014.
Il giudice del rinvio, tenuto conto del principio di diritto fissato nella se annullamento e della diversa cornice edittale di cui all’art. 73, comma 4, d. P.R. n. 309/1990, a seguito dell’intervento del giudice delle leggi, ha fissato la pena base in anni quattro e mes reclusione ed euro 9.000,00 di multa, giustificando il discostamento dal minimo in ragione notevole quantitativo di stupefacente sequestrato (avente peso lordo di circa dieci chilogram riducendola per effetto delle generiche ad anni tre di reclusione ed euro 6.000,00 di multa.
La difesa degli imputati ha proposto ricorsi con medesimo atto, formulando un unico motivo, con il quale ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione per non ave giudice del rinvio parametrato la pena, pur riportata entro la cornice edittale conseguit sentenza n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale, secondo gli stessi parametri applicati Tribunale (minimo edittale), cosicché essa sarebbe illegittima, siccome non proporzionale neppure adeguata rispetto alla fattispecie concreta.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME:COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Considerato in diritto
I ricorsi sono inammissibili.
Il motivo è manifestamente infondato.
La Corte del rinvio ha motivato la determinazione della pena base rinviando al quantitativo droga sequestrata, elemento certamente riconducibile ai parametri legali di cui all’art. 133, pen. Erra, invece, la difesa, laddove configura un obbligo, per il giudice del rinvio, di ap nella determinazione della pena base, lo stesso criterio seguito dal primo giudice, a fronte di cornice edittale del tutto diversa.
Com’è noto, l’intervento demolitorio della Corte Costituzionale con la sentenza n. 32 2014 ha colpito gli artt. 4 bis e 4 vicies ter del d.l. 272/2005, convertito con modificazioni dalla legge 49/2006 (c.d. Fini-Giovanardi), reintroducendo distinzione tra droghe cc.dd. pesanti e droghe cc.dd. leggere che quelle norme avevano azzerato equiparando il trattamento sanzionatorio delle relative condotte. Per effetto di tale declar pertanto, sono tornati a rivivere l’art. 73 del medesimo d.P.R. e le relative tabelle n anteriore alle modifiche citate, in quanto previsioni mai validamente abrogate, in forza delle le pene edittali per il possesso, la cessione etc., delle droghe cc.dd. leggere sono notevolm più lievi, rispetto a quelli delle droghe cc.dd. pesanti (sul punto, Sez. U, n. 33040 del 26/ Jazouli, Rv. 264205-01, in cui si è precisato, per l’appunto, che è illegale la pena determinat giudice attraverso un procedimento di commisurazione che si sia basato, per le droghe cosiddett “leggere”, sui limiti edittali dell’art. 73 d.P.R. 309/1990 come modificato dalla legge n 2006, in vigore al momento del fatto, ma dichiarato successivamente incostituzionale c sentenza n. 32 del 2014, anche nel caso in cui la pena concretamente inflitta sia compresa ent i limiti edittali previsti dall’originaria formulazione del medesimo articolo, prima della n 2006, rivissuto per effetto della stessa sentenza di incostituzionalità).
Ma, sul punto, si è anche precisato che la reviviscenza dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 199 309, nel testo anteriore alle modifiche introdotte con le disposizioni successivamente dichi incostituzionali, non comporta che, ove la sentenza di primo grado abbia determinato la pena misura non lontana dal minimo edittale allora vigente per le droghe cosiddette “leggere giudice di appello sia vincolato a rimodulare la sanzione rendendola analogamente prossima a nuovi, più favorevoli minimi edittali detentivi e pecuniari, potendo egli determinare l discrezionalmente nell’ambito della più lieve cornice edittale tornata in vigore, con il solo nell’ipotesi di appello proposto dal solo imputato – del divieto di “reformatio in peius” (sez. 6 n. 25256 del 24/2/2015, COGNOME, Rv.265172; sez. 3 n. 23952 del 30/4/2015, COGNOME, Rv. 263849).
Nella specie, la commisurazione della pena in misura discosta dal minimo è stata adeguatamente motivata in relazione al notevole quantitativo di droga in sequestro, la censu facendo rinvio a un principio che non trova riscontro nella giurisprudenza di legittimità, sopra precisato.
Alla inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processua della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 13 dicembre 2023