Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3207 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3207 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2022 della CORTE APPELLO di CATANZARO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il procedimento è stato trattato in forma cartolare, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020. Il AVV_NOTAIO Generale della Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO, ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro.
In data 10 ottobre 2023 il difensore di parte civile ha inoltrato conclusioni scritte nota spese, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso e in data 9 ottobre 2023 la difesa dell’imputato ha fatto pervenire conclusioni scritte, con le quali ha insistito nelle ragioni del ricorso e richiesto pronunciarsi l’estinzione del rea per prescrizione.
Ritenuto in fatto
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro del 14 dicembre 2022, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza, a sua volta affermativa della penale responsabilità dell’imputato per il delitto di cui all’a commi 2 e 3 cod. pen., commessi, con il mezzo telematico, in danno del magistrato COGNOME NOME il 5 ottobre 2015, con la sua condanna alla pena di tre mesi di reclusione, oltre risarcimento del danno in favore della parte civile.
1.Sono stati articolati, tramite difensore, 2 motivi di ricorso, qui enunciati n strettamente necessari di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
1.1.Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto la nullità del decreto di fissazione dell’u preliminare ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen., in quanto mancan dell’avvertimento all’imputato previsto a pena di nullità dall’art. 419 comma 1 cod. proc. p che – in luogo della dizione “non comparendo sarà giudicato in sua assenza” – avrebbe dovuto riportare il dato testuale previsto dalla norma, ovvero “qualora non compaia, si applicherann le disposizioni di cui agli artt. 420 bis, 420 ter, 420 quater e 420 quinquies”.
1.2.11 secondo motivo ha lamentato mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in quanto i giudici di meri avrebbero tenuto conto “della copiosa documentazione portata a sostegno della tesi sulla frase incriminata “magistrato chiacchierato e discusso” riferita al COGNOME“.
Nella seconda parte della censura, il motivo del ricorso si è soffermato sul trattame sanzionatorio e si è doluto di una “errata determinazione della pena applicata”, con la relat carenza di motivazione.
La Corte territoriale – nel silenzio della motivazione di primo grado – avrebbe confermato u pena sproporzionata, ravvisando una ingiustificata “eccezionale gravità del fatto” senz rispettare le indicazioni fornite dalla giurisprudenza della CEDU a tutela della l manifestazione del pensiero e della libertà di stampa, omettendo di considerare che tale giudizio deve essere circoscritto ai casi di notizie giornalistiche volte a suscitare istig all’odio e alla violenza e che il AVV_NOTAIO Generale presso la Corte d’appello aveva chiesto rideterminazione della pena in quella pecuniaria.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato quanto alla determinazione del trattamento sanzionatorio, mentre no merita accoglimento nel resto.
1.11 primo motivo di ricorso, manifestamente infondato, investe un terreno già ampiamente “arato” dalla giurisprudenza di legittimità che – in linea con quanto rammentato da pronuncia impugnata – ha sottolineato che l’utilizzo, nell’avviso all’imputato di fissa dell’udienza preliminare, di una espressione diversa da quella rigorosamente conforme al tenore letterale dell’art. 419 comma 1 cod. proc. pen. non involge equivoco alcuno, ricorrend solare equipollenza tra le parole “che non comparendo, l’imputato sarà giudicato in assenza” riportato nell’atto introduttivo del giudizio, regolarmente notificato all’imputa l’indicazione esplicita che “qualora non compaia, si applicheranno le disposizioni di cui agli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies cod. proc. pen.” (Sez. 5, n. 44656 del 21 ottobr 2021, COGNOME, non mass.; sez. 5, n. 32603 del 29/03/2023, COGNOME, non mass.).
Non è ravvisabile, pertanto, alcuna violazione della regola processuale, in quanto l’imputato stato debitamente informato che in caso di sua mancata comparizione il giudizio penale si sarebbe svolto nel rispetto delle sequenze procedimentali del processo in absentia.
2.11 secondo motivo è in parte generico e manifestamente infondato.
Per un verso, la ragione di ricorso non si confronta con la “ratio decidendi” delle sentenze dei gradi di merito in c.d. doppia conforme, che hanno sottolineato la falsità (e comunqu l’assenza di mininnali indicatori della verità), lesiva della reputazione, della notizia gior diffusa con un post dall’imputato sul blog www.Iacchite.it sul conto dell’operato della persona offesa COGNOME NOME NOME NOME periodo dello svolgimento del ruolo di magistrato i servizio presso la Procura della Repubblica di Cosenza (pag. 2 motivi della decisione dell sentenza di primo grado, pag. 4 e 5 sent. appello).
Il ricorrente si è limitato a contestare le conclusioni così rassegnate con un vago omnicomprensivo riferimento alla “copiosa documentazione” prodotta nel corso del procedimento penale.
E allora è bene ricordare che, in tema di ricorso per cassazione, la condizione della specif indicazione degli “altri atti del processo”, con riferimento ai quali, l’art. 606, comma 1, cod. proc. pen., configura il vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimità, può e soddisfatta nei modi più diversi quali, ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processu merito, purché detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilit ricorso, in base al combinato disposto degli artt. 581, comma 1, lett. d), e 591 cod. proc. (tra le altre, Cass. sez. 4, n. 3937 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 380384; sez. 3, n. 43 del 02/07/2014, Sisti, Rv. 260994).
Sotto altro profilo, le pronunce oggetto di scrutinio si sono conformate alla giurisprudenz questa Corte secondo cui «in tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca, che può comportare qualche sacrificio dell’accuratezza della verifica della verità dei fatto narr della bontà della fonte per esigenze di velocità, presuppone la immediatezza della notizia e
tempestività dell’informazione, e, pertanto, la causa di giustificazione non è invocabile quan si offra il resoconto di fatti distanti nel tempo, in relazione ai quali è legittimo pretend attenta verifica di tutte le fonti disponibili, con la conseguenza che, laddove si dia con vicende giudiziarie, incombe l’obbligo di accertare e rappresentare compiutamente lo sviluppo degli esiti processuali delle stesse» (Sez. 1, n. 13941 del 08/01/2015, Ciconte, Rv. 263064; sez. 5, n. 21703 del 05/05/2021, COGNOME, Rv. 281211).
I giudici del doppio grado di merito, con motivazione razionale, esauriente e certo non illogic hanno ritenuto non scusabile il comportamento del ricorrente, in quanto la notizia data riferisce ad un periodo molto risalente nel tempo e nessuna prova è stata fornita a riguardo de doveroso accertamento della verità degli accadimenti, ovvero che il COGNOME fosse “magistrato chiacchierato e discusso”, che si fosse adoperato “per ridimensionare i fatti” nell’ambito di procedimento penale innescato “dalle dichiarazioni del pentito COGNOME” e che tale comportamento si inserisse in una fase storica di “evidente collusione” e “totale connivenza tra la magistratura cosentina e i “settori grigi della società”.
3.La parte della censura di ricorso che ha focalizzato l’attenzione sulla assunta esorbitanza de trattamento sanzionatorio – l’irrogazione di pena detentiva – prescelto dai giudici del meri deve essere invece condivisa alla luce degli insegnamenti della giurisprudenza convenzionale e dei precedenti di legittimità espressamente richiamati.
In proposito, deve essere ricordato che Cass. sez. 5, n. 28340 del 25/06/2021, Boccia, Rv. 281602 – citata dalla sentenza della Corte territoriale – ha affermato che «l’applicazione de pena detentiva per il delitto di diffamazione a mezzo stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, a seguito della sentenza n. 150 del 2021 della Corte costituzionale, è subordinat alla verifica della “eccezionale gravità” della condotta, che, secondo un’interpretazi costituzionalmente e convenzionalmente orientata, si individua nella diffusione di messaggi diffamatori connotati da discorsi d’odio e di incitazione alla violenza ovvero in campagne disinfornnazione gravemente lesive della reputazione della vittima, compiute nella consapevolezza della oggettiva e dimostrabile falsità dei fatti ad essa addebitati».
Con la richiamata pronuncia n. 150 del 12 luglio 2021, la Consulta ha affermato l’illegittim della pena cumulativa, detentiva e pecuniaria, prevista per reprimere i fatti di diffamazio chiarendo entro quali limiti è invece legittima la previsione della pena alternativa.
La Corte costituzionale, nell’equilibrato contemperamento tra il rispetto del diritto alla libe espressione dei giornalisti nell’esercizio del diritto di cronaca e di critica e l’esig salvaguardia della reputazione del singolo, a sua volta diritto inviolabile in quanto espressi della dignità della persona – suscettibile di essere gravemente compromesso da aggressioni gratuite, compiute attraverso la stampa, o attraverso gli altri mezzi di pubblicità che impat sulla vita privata, familiare, sociale, professionale, politica dei soggetto aggredito – n dunque escluso la legittimità della inflizione di una sanzione detentiva, a condizione che « sua applicazione sia circondata da cautele idonee a schermare il rischio di indebit
intimidazione esercitato su chi svolga la professione giornalistica» e sia contenuta ai casi quali le offese all’interesse protetto siano qualificabili come di “eccezionale gravità”, c esaltare la tutela del soggetto passivo allorquando essa assuma preminenza tale da rendere costituzionalmente e convenzionalmente compatibile una condanna a pena detentiva.
Per quanto di specifico interesse in questa sede, la Corte costituzionale ha ampliato perimetro tratteggiato in proposito dalla giurisprudenza della Corte EDU, affiancando ai casi in cui la notizia diffamatoria alimenti ” i discorsi d’odio e quelli che istighino alla vi menzionati dal ricorrente – un secondo gruppo categoriale, attinente le ipotesi di «campagne di disinformazione condotte attraverso la stampa, internet o i social media, caratterizzate da diffusione di addebiti gravemente lesivi della reputazione della vittima, e compiute ne consapevolezza da parte dei loro autori della – oggettiva e dimostrabile – falsità degli adde stessi», in quanto, in definitiva, esse stesse foriere di pericolo per la democrazia.
Orbene, a tale insieme di principi la Corte di merito non si è ispirata nel comminare la pe detentiva, dal momento che si è limitata a rimarcare – oltre, nel loro complesso, ai preceden penali specifici dell’imputato – che l”attacco” ad hominem, nei confronti della parte civile, ha assunto, nel caso in esame, valenza gravemente offensiva anche in quanto estesa al più ampio contesto di screditamento delle istituzioni giudiziarie di Cosenza, associate, sia pure in te risalenti, ad uno scenario di commistione con i poteri – definiti “grigi” – del territorio.
Tali declinazioni non appaiono tuttavia sufficienti ad assimilare la vicenda in scrutinio ad delle categorie concettuali cristallizzate dalla pronuncia della Consulta e circoscritte ai ca “discorsi d’odio e d’istigazione alla violenza” o delle “campagne di disinformazione” connota da espressioni gravemente lesive della reputazione della vittima, compiute nell consapevolezza dell’oggettiva e dimostrabile falsità degli addebiti mossi.
Può essere accantonato immediatamente l’accostamento della fattispecie in esame alle forme di incitazione al sentimento di odio e di violenza; mentre “le campagne di disin formazione condotte attraverso la stampa, internet o i social media, caratterizzate dalla diffusio addebiti gravemente lesivi della reputazione della vittima, e compiute nella consapevolezza da parte dei loro autori della – oggettiva e dimostrabile – falsità degli addebiti stessi” possono essere individuate nelle propagande di vasta e sistematica portata delegittimante e offensiva scientemente caratterizzate da falsità conclamate, di intensità così profonda e travolgente rappresentare una sorta di vorticosa graticola ai danni della vittima e da oltrepassare o limite di tollerabilità umana, suscettibili, in definitiva, di giustificare l’irrogazione, p loro “eccezionale” perniciosità per i superiori valori di una democrazia, della sanzi detentiva; si tratta, di tutta evidenza, di un intreccio situazionale incompatibile con gratuite e fortemente censurabili esternazioni giornalistiche oggetto del capo d’incolpazion comunque riferite ad un localizzato contesto spaziale e temporale.
32intervenuto decorso del termine di prescrizione in data successiva alla decisione impugnata non può essere rilevato in questa sede, poiché l’inammissibilità del ricorso per cassazion
(determinata nella specie dalla genericità e manifesta infondatezza dei motivi) a riguardo del affermazione della responsabilità penale non consente il formarsi di un valido rapporto d impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare la prescrizione reato maturata successivamente alla sentenza impugnata (cfr. per tutte Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, COGNOME Luca, Rv. 217266).
4.L’innputato deve essere infine condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, il cui difensore ha deposi conclusioni scritte, attraverso le quali ha contrastato la pretesa dell’imputato per la tute propri interessi (cfr. Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716 e Sez. U n. 877 d 14/07/2022, dep. 2023, Sacchettino); spese che, tenuto conto della natura del processo e dell’opera prestata, possono liquidarsi in complessivi euro 4000, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro. Rigetta nel resto i ricorso e condanna l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 4000, oltre accesso legge.
Così deciso in Roma, il 19/10/2023
Il consigliere estensore
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Il Presidente