Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31845 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31845 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Somma Vesuviana (Na) il 1 aprile 1946;
avverso la sentenza n. 6004/2024 della Corte di appello di Napoli del 20 maggio 2024;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito, altresì, per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME del foro di Napoli, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, con sentenza pronunziata in data 20 maggio 2024, ha solo parzialmente confermato la precedente sentenza con la quale il Tribunale di Noia aveva giudicato NOME COGNOME colpevole dei reati a lui contestati, riguardanti tre fattispecie di violazione della normativ contenuta nel dlgs n. 74 del 2000, unificate sotto il vincolo dell continuazione, rispettivamente riferite alla violazione dell’art. 4, per avere nella qualità di titolare di ditta individuale, al fine di evadere le imposte reddito e sul valore aggiunto, indicato nella dichiarazione dei redditi relativ all’anno di imposta 2013 elementi passivi inesistenti, per un ammontare pari ad oltre 375.000,00 euri, in tale modo evadendo l’imposta sul reddito in misura superiore alla prevista soglia di punibilità; alla violazione dell’art. 2 medesimo decreto legislativo per avere, nella medesima qualità di cui sopra, al fine dì evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto avvalendosi di fatture relative ad operazioni inesistenti, indicato nella dichiarazione de redditi relativa all’anno 2013, elementi passivi di reddito per un importo pari ad euri 414.408,00; alla violazione dell’art. 8 del citato decreto legislativo, quanto, sempre in qualità di titolare di ditta individuale, emetteva, al fine consentire a terzi di evadere il fisco, 11 fatture, indirizzate alla RAGIONE_SOCIALE aventi un importo complessivo di poco superiore ad euri 125.000,00, relative ad operazioni inesistenti.
Avendo rilevato la Corte territoriale che taluni dei documenti che erano stati posti a documentazione delle poste passive, false, di cui al capo A) della imputazione erano stati utilizzati anche al fine della commissione del reato di cui al capo B), essa ha ritenuto di dovere rideterminare, stante la minore gravità del reato di cui al capo A), l’aumento di pena stabilito ex art. 81, cpv in ordine a tale reato, ed ha, pertanto, rideterminato la complessiva pena inflitta a carico del Romano, portandola da anni 2 di reclusione, oltre accessori, ad anni 1 e mesi 10 dì reclusione, confermando nel resto la sentenza emessa in primo grado.
Avverso tale statuizione ha ora interposto ricorso per cassazione, tramite la propria difesa fiduciaria, il COGNOME, articolando cinque motivi di impugnazione (per mero errore materiale la numerazione predisposta dal ricorrente indica due volte un secondo motivo di ricorso).
Con i primi due motivi di ricorso il prevenuto si è prioritariamente doluto del fatto che la affermazione della sua penale responsabilità sia stata l conseguenza dell’avvenuta acquisizione agli atti del processo, e della sua
utilizzazione, del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza e di due verbali redatti da funzionari dell’Inps redatti in violazione delle disposizioni dettate dall’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. e senza che siano stati sentiti i testi di riferimento evocati in tali atti; il ricorrente altresì, lamentato la manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui in essa sono state valorizzate le dichiarazioni rese dal personale sia della Guardia di Finanza che dell’Inps anche in relazione a circostanza che gli stessi hanno dichiarato di avere appreso da soggetti terzi non individuati e comunque non esaminati in dibattimento.
Un terzo motivo di ricorso è riferito alla violazione di legge ed al vizio di motivazione per avere, secondo il ricorrente, i giudici del merito fondato le proprie decisioni su elementi di giudizio ricavabili attraverso l’applicazione delle presunzioni vigenti in ambito specificamente tributario e non tramite i criteri di valutazione delle prove tipici del processo penale.
Il quarto motivo di ricorso ha ad oggetto la ritenuta violazione di legge per non essere stata fornita la sentenza impugnata di un apparato motivazionale che non fosse solo meramente apparente.
Infine, con il quinto motivo di doglianza è lamentata la erronea applicazione degli art. da 53 a 58 della legge n. 689 del 1981, nel testo oggetto di modifica a seguito della entrata in vigore del dlgs n. 150 del 2022, per non essere stata disposta la sostituzione della pena detentiva breve a lui inflitta con quella del lavoro sostitutivo, sulla base del rilievo che, trattandosi di persona anziana la sanzione sostitutiva irrogata, la quale doveva essere modulata tenuto di tale età, potrebbe restare inadempiuta in ragione della grave età dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è risultato fondato, nei termini che saranno di seguito precisati, e deve essere, pertanto, accolto per quanto di ragione.
Esaminando i due primi motivi di censura, si osserva che il primo di essi si fonda essenzialmente sulla ritenuta inutilizzabilità in sede processuale del documento costituito dal processo verbale di constatazione redatto dai militi della Guardia di Finanza in data 26 ottobre 2015 per accertare o riferire violazioni a norme di leggi finanziarie o tributarie.
Si tratta di assunto destituito di fondamento, posto che, come segnalato già in passato da questa Corte, il citato processo verbale costituisce un
documento rappresentativo di un atto irripetibile compiuto in sede investigativa dalla Guardia di Finanza e come tale può essere, pertanto, inserito, con il suo contenuto, a fini probatori nel fascicolo del dibattimen (Corte di cassazione, Sezione III penale, 7 ottobre 2011, n. 36399, rv 251235).
Per ciò che attiene alla dedotta violazione dell’art. 220 disp. att. co proc. pen., genericamente evocata dalla ricorrente difesa, come foriera della illegittima utilizzazione delle risultanze rivenienti dalla attività svolta Guardia di Finanza e dal personale di controllo dell’Inps, si rileva che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la violazione della disposizione dianzi richiamata non comporta automaticamente l’inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti nell’ambito dell’attività di vigilanza e di ispezione, essen invece, necessario che tale sanzione processuale sia autonomamente prevista dalle norme del codice dio rito cui la disposizione citata rimanda e che specifico onere di chi intenda far valere la inutilizzabilità indicare (Corte cassazione, Sezione III penale, 13 marzo 2020, n. 9977, rv 278423).
Riguardo al motivo di impugnazione riferito alla presunta illogicità della motivazione della sentenza impugnata in quanto la stessa farebbe riferimento, onde dimostrare la responsabilità dell’imputato, non a verifiche o ad accertamenti validi sotto il profilo penalistico ma a dati di carattere presunti valevoli solo nello specifico ambito tributario, si osserva quanto segue: riguardo al primo tema sviluppato nel ricorso, relativo alle fatturazioni per g acquisti di noci e nocciole operati dalla società Mediterraneo, plausibilmente la Corte di appello ha riscontrato la assenza in capo ala ditta del ricorrente una struttura aziendale che gli avrebbe permesso di impiegare un elevato numero di dipendenti, come, invece, da lui dichiarato; si tratta di motivazione logica che fa perno non su presunzioni ma sulla inadeguatezza operativa del Romano a svolgere l’attività di impresa invece risultante dalla documentazione da lui esibita.
Quanto al successivo tema, riguardante la insussistenza dei costi affrontati per i compensi a lavoratori, la doglianza del ricorrente è del tu generica, posto che, rinviato a quanto già in precedenza osservato sulla utilizzabilità del documenti redatti dal personale ispettivo dell’Inps, con esso richiamata, in termini del tutto aspecifici, la disponibilità da parte del Roman di tratti di terreno – senza però che ne sia stata chiarita la consistenza, il di disponibilità, la ubicazione e la destinazione – che avrebbero consentito l adibizione dì un assai elevato numero di dipendenti alla attività agricola.
Il successivo argomento, legato alla vicenda connessa all’acquisto di merci poi rivendute all’estero, la motivazione stesa dalla Corte di appello di Napoli sulla inverosimiglianza della tesi difensiva sviluppata dal ricorrente, è tale da superare indenne il giudizio in punto di logicità, apparendo, al contrario, non plausibile che tale merce sia stata acquistata e trasportata pe conto del Romano, sebbene non sia stata indicata la località ove siffatta merce è stata stoccata per conto dell’imputato e risultando francamente inspiegabile (e, pertanto, come i giudici di merito hanno coerentemente ritenuto, frutto di in dato di fatto non attendibile) per quale motivo il soggetto che poi avrebbe acquistata dall’imputato la merce in questione si sia accollato il costo relativ ad un tributo che, invece, non era dovuto né da lui né da altri.
Le restanti doglianze sviluppate con il motivo di ricorso ora in esame attengono esclusivamente a profili di fatto ed alla valutazione che di essi è stata operata in sede di merito che, non risultando affetta, come dianzi segnalato, da manifesta illogicità, non è suscettibile di riesame nella presente sede di legittimità.
Il successivo quarto motivo di impugnazione è inammissibile, avendo il ricorrente lamentato il fatto che la sentenza dì appello sia stata ste attraverso la tecnica del rinvio alla sentenza del giudice di primo grado, cosa in sé pienamente legittima nel caso in cui il complessivo quadro argomentativo fornisca una giustificazione propria del provvedimento e si confronti con le deduzioni e con le allegazioni difensive provviste del necessario grado di specificità (Corte di cassazione, Sezione II penale, 10 maggio 2024, n. 18404, rv 286406), essendo onere del ricorrente, laddove lamenti la mancanza di siffatto confronto, indicare i punti dell’atto di appello non valutati dalla decisione impugnata (Corte di cassazione, Sezione III penale, 9 settembre 2019, n. 37352, rv 277161).
Onere cui il ricorrente si è sottratto, incorrendo, però, in tale modo nella inammissibilità sul punto della sua censura.
Fondato è, invece, il quinto motivo di impugnazione; esso ha ad oggetto la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Corte partenopea nel giustificare il rigetto della richiesta, formulata dalla difesa in occasione de presentazione del ricorso In sede di gravame avverso la sentenza di primo grado quale istanza logicamente subordinata al rigetto (quanto meno parziale) del ricorso in appello, di sostituzione della pena detentiva con quella de lavoro di pubblica utilità, previa revoca della sospensione condizionale della pena.
Il motivo di impugnazione è, come detto, fondato.
Premessa la pacifica possibilità di formulazione della richiesta di sostituzione della pena detentiva breve in lavoro di pubblica utilità sebbene formulata per la prima volta in occasione della presentazione dei motivi di gravame avverso la sentenza di primo grado trattandosi di facoltà logicamente desumibile dal contenuto dell’art. 95 del dlgs n. 150 del 2022, osserva il Collegio che, nel rigettare la istanza in tale senso formulata da ricorrente difesa la Corte di appello di Napoli ha fatto uso di due criteri giudizio, entrambi, per diverse ragioni, insoddisfacenti.
Essa ha, infatti, osservato, per escludere il beneficio richiesto, per verso che la vicenda attribuita al Romano “appare complessivamente grave” e le condotte da lui poste in essere “sono sorrette dal chiaro e tenace intento eludere il pagamento dei tributi dovuti”; per altro verso la Corte distrettua ha rilevato che il prevenuto è nato nel 1946 di tal che “la individuazione d qualsiasi forma di lavoro di pubblica utilità tenere conto della sua avanzat età”, aggiungendo, ancora che, in ragione dell’età dell’imputato “l prescrizioni inerenti (… la…) sanzione sostitutiva potrebbero res inadempiute”.
Si tratta, come accennato, di motivazione logicamente inadeguata e normativamente errata.
Infatti, quanto al primo ordine di idee rappresentato dalla Corte distrettuale, cioè il riferimento alla complessiva gravità della vicenda che h interessato l’imputato, si tratta di rilievo che si pone in aperto contrasto lo con la circostanza che il giudice del gravame ha ritenuto il Romano meritevole della pena minima prevista per il più grave dei reati da lui commesso. /zM
Ora, è ben vero che ogni reato è, evidentemente, connotato da una sua insita rilevante gravità, posto che altrimenti non si giustificherebbe irrogazione di una sanzione che vada ad incidere persino sull’altrimenti inalienabile bene della stessa libertà personale del condannato, ma è altrettanto ovvio che di questa gravità oggettiva del comportamento di colui il quale chiede la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblic utilità il legislatore ha già tenuto conto ammettendo, appunto, la possibili che pur chi abbia commesso delitti i quali abbiano giustificato l’irrogazione della sanzione detentiva, in misura, peraltro, non irrisoria (si tratta, infat 3 anni di pena detentiva in concreto), possano essere ammessi al beneficio della sostituzione dì essa con lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità.
Deve, pertanto, ritenersi che il criterio della gravità della condotta e del radicamento dell’elemento soggettivo, utilizzato in prima battuta per escludere il beneficio del lavoro sostitutivo non possano essere di per sé utilizzati quale elemento ostativo al fine di cui sopra ove non sia esplicitata la ragione per la quale, per effetto degli elementi di cui sopra, deve ritenersi che la sanzione sostitutiva potrebbe svolgere una funzione rieducativa inefficace verso il condannato; tanto più appare illogico il ragionamento della Corte ove si rifletta sul fatto che, nonostante la dichiarata particolare riprovevolezza del comportamento tenuto dal prevenuto, allo stesso è stata poi irrogata una pena contenuta nel minimo previsto per il tipo di reato commesso e il successivo aumento per la continuazione è stato contenuto, per due reati, in soli ulteriori 4 mesi di reclusione.
Ma anche il secondo criterio di giudizio applicato dalla Corte di merito appare ingiustificato; seppure deve convenirsi sul fatto che uno dei fattori ostativi alla sostituzione della pena è l’esistenza di fondati motivi che inducano a ritenere che le prescrizioni atte ad assicurare la mancata reiterazione di reati da parte del prevenuto non saranno adempiute (cfr.: art. 58, comma 1, ult. periodo, I. n. 689 del 1981), si ritiene che tali motivi debbano trovare il loro fondamento, obbiettivo, in un atteggiamento del prevenuto che sia sintomatico della ua proclività a delinquere.
Elemento questo che non è dato rilevare, come pare invece avere fatto la Corte, in funzione della età del prevenuto, a meno di non volere ritenere che la Corte partenopea abbia inteso applicare le tabelle attuariali sulla durata media della vita, ritenendo che la statisticamente possibile scomparsa del condannato renderebbe inesigibile l’adempimento delle prescrizioni impostegli in occasione della ammissione alla pena sostitutiva (trascurando però, in tal modo, di considerare che ciò renderebbe altrettanto impossibile la commissione di altri reati); quanto, infine, al rilievo che la concreta individuazione di una forma di lavoro di pubblica utilità dovrebbe tenere conto della sua età avanzata, si osserva che la esclusione in linea di principio della possibilità di ammettere al beneficio in questione soggetti caratterizzati da fattori personali che rendano più complicata la individuazione in concreto della pena sostitutiva (in questo caso si tratta dell’età, ma potrebbe trattarsi anche di un’infermità, ovvero di un’assai scarsa scolarizzazione o, infine, dì altri fattori afferenti alla sfera lato sensu culturale del soggetto interessato – si immagini la mancata conoscenza della lingua nazionale) introdurrebbe, per via apparentemente interpretativa ma in realtà creativa, delle condizioni ostative alla applicazione della normativa di interesse non previste dal
legislatore nelle forme generali ed astratte che sono, invece, dominio di quest’ultimo.
La sentenza impugnata, stante la palese inadeguatezza della motivazione adottata sul punto (si veda, infatti, al riguardo: Corte cassazione, Sezione IV penale, 12 ottobre 2018, n. 46432, rv 273932) deve, pertanto, essere annullata con rinvio quanto alla ammissibilità del Romano al beneficio della sostituzione della pena detentiva breve.
Tale circostanza impone, peraltro, a questa Corte di verificare l’eventuale estinzione di taluno dei reati oggetto di contestazione al momento della pronunzia della sentenza di appello.
Verifica che – quanto al reato di cui al capo C), cioè la emissione di fatture per operazioni inesistenti l’ultima delle quali emessa in data novembre 2013 – è positiva, trattandosi di reato estinto già al 21 novembre 2023, cioè anteriormente alla pronunzia della sentenza della Corte di appello di Napoli, che è del 20 maggio 2024.
Non lo stesso può dirsi per i restanti reati, per i quali il termine prescrizione sarebbe maturato successivamente alla pronunzia della ricordata sentenza (in particolare non prima del 30 settembre 2024).
Invero l’accoglimento del motivo di impugnazione non attiene alla contestazione della affermazione della responsabilità del Romano in relazione ad essi, anzi – essendo stati dichiarati inammissibili i motivi di censu afferenti, appunto, all’affermazione operata in sede di merito dell responsabilità dell’imputato per i residui reati da lui commessi – sul punt avente ad oggetto la dichiarazione di colpevolezza del prevenuto non si è costituito alcun rapporto processuale.
Ciò ha determinato, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte (si veda, infatti, per tutte: Corte di cassazionè, Sezioni unite penali, febbraio 2017, n. 6903, rv 268966), la già acquista definitività della sentenz della Corte di appello di Napoli in punto di penale responsabilità del Romano per i reati diversi da quelli a lui contestati sub C) della rubrica, e, pertanto, la irrilevanza ai fini della eventuale prescrizione dei medesimi del tempo successivo alla pronunzia della sentenza della Corte di merito.
Conclusivamente, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio quanto alla condanna del Romano in relazione al reato di cui al capo C) della rubrica, essendo questo già estinto al momento della pronunzia della sentenza
di appello per effetto della già maturata prescrizione e, conseguentemente, va espunta la condanna alla pena di mesi 3 di reclusione irrogata per effetto della continuazione fra tale reato è quello ritenuto più grave di cui al capo 8), risultando, pertanto, la residua pena complessiva – riguardante i reati sub A) e sub 8) in continuazione fra loro per come indicato nella sentenza di appello, di anni 1 e mesi 7 di reclusione; la sentenza va annullata, con rinvio al altra Sezione della Corte di appello di Napoli, quanto alla possibilità di sostituzion di tale pena residua con il lavoro di pubblica utilità, come richiesto d Romano in grado di appello.
Nel resto il ricorso da quello presentato è inammissibile.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui al capo C) della rubrica, perché il reato è estinto per prescrizione ed elimina l relativa pena di mesi 3 di reclusione, rideterminando la pena complessiva in quella di anni 1 e mesi 7 di reclusione, e con rinvio limitatamente « al punto concernente la pena sostitutiva, ad altra Sezione della Corte di appello d Napoli.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 1 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente