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Pena delitto tentato: l’errore nel calcolo del giudice

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte di Appello per un errore nel calcolo della pena delitto tentato. Il giudice di secondo grado, nel riqualificare un reato in tentata occupazione abusiva di immobile, ha omesso di applicare la specifica riduzione di pena prevista per il tentativo, basando la sanzione sulla forbice edittale del reato consumato. La Suprema Corte ha ribadito che la diminuzione per il tentativo è obbligatoria e ha rinviato il caso per una corretta rideterminazione della pena.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Delitto Tentato: La Cassazione Annulla per Errore di Calcolo

La corretta determinazione della pena delitto tentato rappresenta un caposaldo del diritto penale, essenziale per garantire proporzionalità e giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 15666/2025, ha ribadito con forza un principio fondamentale: quando si giudica un tentativo di reato, la pena deve essere obbligatoriamente diminuita rispetto a quella prevista per il reato consumato. Un errore in questo calcolo, come avvenuto nel caso di specie, porta inevitabilmente all’annullamento della sentenza.

Il Percorso Giudiziario: da Tentato Furto a Occupazione Abusiva

La vicenda processuale ha origine da un’accusa di tentato furto. Tuttavia, la Corte di Appello di Roma ha riqualificato il fatto, ritenendo che le azioni dell’imputato configurassero piuttosto un tentativo di occupazione abusiva di un immobile, reato previsto dagli articoli 56 e 633 del codice penale. In seguito a questa riqualificazione, la Corte ha rideterminato la pena, condannando l’imputato a 8 mesi di reclusione e 80 euro di multa.

L’Errore nel Calcolo della Pena Delitto Tentato

Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un unico e decisivo motivo: la violazione dell’articolo 56 del codice penale. Secondo la difesa, il giudice d’appello, pur avendo riconosciuto la natura “tentata” del reato, non aveva correttamente applicato la conseguente diminuzione di pena. Invece di partire dalla pena prevista per il reato di occupazione abusiva e ridurla da un terzo a due terzi come impone la legge per il tentativo, il giudice aveva stabilito una pena base di 18 mesi di reclusione, giustificandola come un lieve scostamento dal minimo edittale del reato consumato (pari a un anno), per poi applicare solo le riduzioni per le attenuanti generiche e il rito abbreviato. Questo metodo di calcolo ha di fatto ignorato la riduzione obbligatoria per il tentativo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, giudicandolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito che il giudice di merito ha due modi per determinare la sanzione per un delitto tentato:

1. Metodo Sintetico o Diretto: Fissare la pena direttamente all’interno della cornice edittale già ridotta per il tentativo (nel caso specifico, da un minimo di 4 mesi a un massimo di 2 anni).
2. Metodo Bifasico: Partire dalla pena base per il reato consumato e poi operare esplicitamente la diminuzione prevista dall’art. 56 c.p.

In entrambi i casi, è necessario che la riduzione per il tentativo sia effettiva e motivata. Nel caso esaminato, la Corte d’Appello ha errato perché ha fatto riferimento alla pena per il reato consumato senza operare alcuna diminuzione per il tentativo, vanificando di fatto la norma. La Cassazione ha richiamato precedenti pronunce in cui si è sottolineato l’obbligo del giudice di motivare la scelta operata e di procedere alla riduzione della sanzione quando riconosce l’ipotesi tentata. L’errore nel calcolo è risultato palese.

Le Conclusioni della Suprema Corte

Di conseguenza, la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio. Ha quindi disposto il rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello di Roma, che dovrà procedere a un nuovo giudizio per calcolare correttamente la pena, tenendo conto dell’obbligatoria riduzione per il delitto tentato. La dichiarazione di responsabilità dell’imputato, invece, è stata dichiarata irrevocabile. Questa decisione rafforza la necessità di un rigore matematico e giuridico nel calcolo della pena, a garanzia dei diritti dell’imputato e della corretta applicazione della legge.

Come si calcola la pena per un delitto tentato?
La pena si calcola riducendo la sanzione prevista per il delitto consumato in una misura che va da un terzo a due terzi. Il giudice può usare un metodo diretto, fissando la pena già nella cornice edittale ridotta, o un calcolo bifasico, partendo dalla pena per il reato consumato e applicando poi la diminuzione.

Qual è stato l’errore della Corte di Appello in questo caso?
La Corte di Appello, pur riconoscendo il reato come “tentato”, ha calcolato la pena base facendo riferimento alla forbice edittale del reato consumato, senza applicare la specifica e obbligatoria riduzione prevista dall’art. 56 del codice penale per il tentativo.

Cosa succede quando la Cassazione annulla una sentenza per un errore nel calcolo della pena?
La Cassazione annulla la sentenza limitatamente alla parte errata (il trattamento sanzionatorio) e rinvia il caso a un altro giudice dello stesso grado (in questo caso, un’altra sezione della Corte di Appello) per una nuova determinazione della pena, che dovrà essere calcolata correttamente. L’affermazione della responsabilità penale, se non oggetto di censura, diventa irrevocabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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