La Pena per il Delitto Tentato: la Cassazione sulla Scelta del Metodo di Calcolo
La determinazione della giusta punizione per un reato non portato a termine è una questione centrale nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su come deve essere calcolata la pena delitto tentato, sottolineando l’ampia discrezionalità del giudice nella scelta del metodo di commisurazione. Questo intervento giurisprudenziale consolida un principio fondamentale: la valutazione della pena deve essere giusta e proporzionata, ma le vie per arrivarci possono essere diverse.
Il Caso: Ricorso contro la Condanna per Tentato Furto
Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di tentato furto aggravato. La Corte d’Appello di Palermo aveva confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Agrigento all’esito di un giudizio abbreviato. L’imputato, ritenendo la sanzione inflitta eccessiva, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione proprio in relazione alla quantificazione della pena.
La Decisione della Corte sulla Pena del Delitto Tentato
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella piena legittimità del metodo di calcolo della pena adottato dai giudici di merito. La Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi che governano la commisurazione della pena delitto tentato, confermando che la scelta del metodo di calcolo rientra nella discrezionalità del giudice.
Le Motivazioni: Metodo Diretto vs. Metodo Bifasico
La Suprema Corte ha spiegato che la legge non impone un unico percorso per determinare la sanzione in caso di tentativo. Esistono due approcci principali, entrambi validi:
1. Metodo Diretto (o sintetico): Il giudice determina la pena direttamente, muovendosi all’interno della cornice edittale prevista per il delitto tentato, senza fare esplicito riferimento alla pena che sarebbe stata applicata per il reato consumato. Questo è il metodo utilizzato nel caso di specie.
2. Metodo Bifasico: Il giudice parte dalla pena base che avrebbe fissato per il reato consumato e, successivamente, applica la diminuzione prevista dalla legge per il tentativo.
La Corte, richiamando un suo precedente consolidato (sentenza n. 42020/2019), ha chiarito che la scelta tra questi due metodi è indifferente e lasciata alla prudente valutazione del giudice. Quando viene adottato il metodo diretto, come nel caso in esame, non sussiste alcun obbligo per il giudice di motivare in merito alla misura della riduzione operata per il tentativo, poiché, di fatto, non viene operata alcuna riduzione esplicita da una pena base per il reato consumato. La motivazione deve concentrarsi, piuttosto, sulla congruità della pena finale irrogata.
Conclusioni: La Discrezionalità del Giudice nella Commisurazione della Pena
L’ordinanza in esame rafforza il principio della discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena. La decisione finale sulla pena delitto tentato deve essere equa e giustificata, ma il percorso argomentativo per raggiungerla può variare. Viene confermato che non è censurabile in sede di legittimità la scelta di un metodo di calcolo rispetto a un altro, a condizione che la pena finale sia contenuta entro i limiti di legge e la sua adeguatezza sia stata motivata. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, per il ricorrente, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Come può essere calcolata la pena per un delitto tentato?
La pena per un delitto tentato può essere calcolata dal giudice in due modi: con il metodo ‘diretto’ o ‘sintetico’, fissando la pena direttamente entro i limiti previsti per il tentativo, oppure con il metodo ‘bifasico’, partendo dalla pena per il reato consumato e applicando la prevista diminuzione.
Il giudice è obbligato a spiegare perché sceglie un metodo di calcolo piuttosto che un altro?
No, la scelta tra il metodo diretto e quello bifasico rientra nella discrezionalità del giudice. Non vi è alcun obbligo di motivare la preferenza per un metodo, ma solo di giustificare la congruità della pena finale inflitta.
Cosa accade se un ricorso in Cassazione viene giudicato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, come stabilito dall’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, fissata equitativamente dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14185 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14185 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Agrigento del 18 luglio 2022 che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di NOME per il reato di tentato furto aggravato e, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 5, cod. pen., l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia,:
che il primo e unico motivo di ricorso dell’imputato, che si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in relazione all’eccessività della pena inflitta, è manifestamente infondato poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e la consolidata giurisprudenza di legittimità atteso che, come affermato da questa Corte, la determinazione della pena nel caso di delitto tentato può essere indifferentemente effettuata con il cosiddetto metodo diretto o sintetico, cioè senza operare la diminuzione sulla pena fissata per la corrispondente ipotesi di delitto consumato, oppure con il metodo bifasico, mediante scissione dei due momenti indicati, fermi restando la necessità del contenimento della riduzione della pena prevista per il reato consumato nei limiti di legge e l’obbligo di dar conto in motivazione della scelta commisurativa (Sez. 5, n. 42020 del 18/06/2019, COGNOME, Rv. 277528) e, nel caso di specie, si rileva come sia stato adottato il metodo diretto e non vi fosse alcun obbligo di motivare sulla misura della riduzione operata per il tentativo, attuata nella misura massima come rilevato dalla Corte di Appello, la quale, comunque, ha motivato sulla congruità della pena (si veda pagina 4 del provvedimento impugnato);
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 31/01/2024.