Pena Concordata in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto della pena concordata in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che permette alle parti di accordarsi sulla rideterminazione della sanzione. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo e consacrato nella sentenza del giudice, quali sono i limiti per un’eventuale impugnazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, chiarendo quando un ricorso contro una sentenza di ‘patteggiamento in appello’ deve essere dichiarato inammissibile.
I Fatti del Caso: La Rideterminazione della Pena in Appello
Nel caso di specie, la Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena inflitta a un imputato. Questa decisione era il risultato di un accordo raggiunto in udienza tra la difesa e l’accusa, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.
Nonostante l’accordo, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando l’illegalità della pena concordata. Nello specifico, le doglianze riguardavano l’entità della pena base (sei anni di reclusione e 30.000 euro di multa per un reato in materia di stupefacenti) e i criteri di applicazione della continuazione tra le varie condotte contestate.
La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di pena concordata
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sulla natura e i limiti di impugnabilità della pena concordata.
La Nozione Ristretta di ‘Pena Illegale’
Il punto centrale della decisione risiede nella definizione di ‘pena illegale’. Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, una pena può essere definita tale solo in due ipotesi specifiche:
1. Quando è di una specie diversa da quella prevista dalla legge per quel reato.
2. Quando è quantificata in una misura inferiore o superiore ai limiti edittali (cioè il minimo e il massimo) stabiliti dalla norma.
Le critiche mosse dall’imputato, relative al quantum della pena base e alla valutazione della continuazione, non rientrano in nessuna di queste due categorie. Si tratta, infatti, di doglianze relative alla determinazione concreta della pena all’interno della cornice edittale, aspetti sui quali le parti hanno liberamente negoziato e trovato un accordo.
La Natura di Negozio Processuale dell’Accordo
La Corte ribadisce che il concordato in appello è un vero e proprio ‘negozio processuale’. Una volta che le parti lo stipulano liberamente e il giudice lo recepisce nella sua decisione, esso non può essere modificato unilateralmente da una delle parti attraverso un successivo ricorso. L’unica eccezione a questa regola è, appunto, l’ipotesi di una pena palesemente illegale, come sopra definita.
le motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione è lineare: l’ammissibilità del ricorso contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è circoscritta a vizi specifici. Questi possono riguardare la formazione della volontà delle parti (ad esempio, un consenso viziato), il consenso del pubblico ministero o un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo. Sono invece inammissibili le doglianze relative a motivi a cui la parte ha implicitamente rinunciato con l’accordo, come la valutazione delle prove o la quantificazione della pena entro i limiti legali. Poiché le lamentele del ricorrente non si traducevano in una ‘illegalità’ della sanzione, ma in una critica alla sua misura, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
le conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: la pena concordata in appello è un patto processuale che, una volta siglato, preclude la possibilità di rimettere in discussione gli elementi oggetto dell’accordo, salvo il caso eccezionale di una pena palesemente illegale. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la decisione di accedere a un concordato deve essere ponderata attentamente, poiché chiude la porta a successive contestazioni sulla congruità della pena. Per l’imputato, la scelta di un accordo rappresenta una rinuncia a far valere determinate doglianze in cambio di una pena certa e potenzialmente più mite, un equilibrio che non può essere alterato a posteriori.
È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza che accoglie una pena concordata in appello?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà delle parti, nel consenso del pubblico ministero, o se la sentenza è difforme dall’accordo. Non è ammissibile per contestare la misura della pena, a meno che non sia ‘illegale’.
Cosa si intende per ‘pena illegale’ che giustifica un ricorso contro una pena concordata?
Per ‘pena illegale’ si intende una sanzione che è di una specie diversa da quella prevista dalla legge per quel reato (es. ergastolo invece della reclusione) oppure quantificata in una misura inferiore al minimo o superiore al massimo consentito dalla legge (fuori dai ‘limiti edittali’).
Se l’imputato si pente dell’accordo sulla pena, può modificarlo unilateralmente con un ricorso?
No. L’accordo sulla pena è considerato un negozio processuale liberamente stipulato tra le parti. Una volta che il giudice lo ha ratificato con la sentenza, non può essere modificato unilateralmente, salvo l’ipotesi eccezionale di illegalità della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38082 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38082 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME OTTAVIANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/03/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
(dato avviso alle partij udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Visti gli atti e la sentenza impugnata, rilevato che la Corte di merito, con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale riforma della pronuncia emessa dal giudice di primo grado, ha ridetermiNOME la pena inflitta a COGNOME NOME, accogliendo il concordato proposto dalle parti in udienza ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen.
Esaminati i motivi di ricorso proposti dall’imputato, nei quali la difesa deduce l’illegalità della pena concordata.
Considerato che i motivi attinenti al quantum della pena base concordata (anni 6 di reclusione ed euro 30.000 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90) ed alla ritenuta continuazione c.d. interna tra le varie condotte contestate all’imputato in relazione alla diversa tipologia di sostanza stupefacente detenuta sono del tutto destituiti di fondamento, non essendo gli aspetti rilevati riconducibili alla nozione di pena illegale .
Considerato che la nozione di pena illegale, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità è limitata alle sole ipotesi di pena diversa, per specie, da quella stabilita dalla legge, ovvero quantificata in misura inferiore o superiore ai relativi limiti edittali.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Il Pr
e
Così deciso in data 23 settembre 2024
Il Consigliere estensore