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Pena concordata in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44233/2024, ha dichiarato inammissibili due ricorsi in materia di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La decisione chiarisce che la pena concordata in appello preclude il ricorso in Cassazione, salvo i casi di pena palesemente illegale. Inoltre, la Corte ha ribadito che la mancata impugnazione di uno specifico motivo in appello impedisce di beneficiare dell’eventuale accoglimento dello stesso motivo sollevato da altri coimputati.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena concordata in appello: quando il ricorso in Cassazione è precluso?

La stipulazione di una pena concordata in appello, introdotta dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una chiusura del processo che limita fortemente le successive possibilità di impugnazione. Con la recente sentenza n. 44233 del 2024, la Corte di Cassazione torna su questo tema cruciale, delineando i confini invalicabili per chi, dopo aver raggiunto un accordo sulla sanzione, intende comunque rivolgersi al giudice di legittimità. Il caso analizzato offre spunti fondamentali anche sul principio dell’effetto estensivo dell’impugnazione.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Torino, pronunciata a seguito di un precedente annullamento con rinvio da parte della Cassazione. Due imputati, condannati per partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, hanno presentato ricorso.

Il primo imputato aveva definito il giudizio di appello proprio attraverso un accordo sulla pena. Nonostante ciò, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’illegalità della sanzione e sollevando una questione di legittimità costituzionale: a suo dire, la legge non distingue adeguatamente la pena per le associazioni che trattano droghe “leggere” da quelle che si occupano di droghe “pesanti”.

Il secondo imputato, invece, ha contestato la qualificazione del suo ruolo e il mancato riconoscimento di alcuni benefici processuali, in particolare legati all’aggravante dell’associazione armata, che era stata annullata per altri coimputati ma non per lui.

La Decisione della Cassazione e la Pena Concordata in Appello

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi, fornendo chiarimenti di grande importanza pratica.

Il Ricorso Precluso dal Concordato

Per il primo ricorrente, la Corte ha stabilito un principio netto: l’accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. produce un effetto preclusivo. L’imputato, accettando una determinata sanzione e rinunciando ad altri motivi di appello, perde il diritto di contestare quella stessa pena in Cassazione. L’unica eccezione a questa regola si verifica quando la pena concordata è “illegale”, ovvero quando è di un tipo diverso da quello previsto dalla legge o quantificata al di fuori dei limiti edittali (minimo e massimo). La Corte ha precisato che una presunta irragionevolezza del trattamento sanzionatorio, come quella lamentata, non costituisce un’ipotesi di pena illegale.

Il Ricorso dell’Imputato “non Diligente”

Per il secondo imputato, il problema risiedeva nella sua precedente strategia difensiva. Egli non aveva sollevato, nel suo originario atto di appello, la questione relativa all’aggravante dell’associazione armata. Di conseguenza, non ha potuto beneficiare dell’annullamento di tale aggravante ottenuto da altri coimputati “diligenti” che, invece, avevano specificamente impugnato quel punto. La Corte ha spiegato che l’effetto estensivo dell’impugnazione non opera quando il motivo accolto, pur riguardando un’aggravante di natura oggettiva, richiede un accertamento soggettivo (la consapevolezza o la prevedibilità) che è strettamente personale per ogni imputato.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della sentenza approfondiscono i principi procedurali alla base della decisione, offrendo una guida chiara per gli operatori del diritto.

Sulla Pena Concordata e l’Illegalità della Pena

La Corte ribadisce che il concordato in appello è un atto dispositivo della parte che limita la cognizione del giudice. La rinuncia ai motivi di gravame e l’accordo sul quantum della pena creano una preclusione processuale che si estende anche al giudizio di legittimità. Il concetto di “pena illegale”, unica via d’uscita per contestare l’accordo, deve essere interpretato in modo restrittivo. Non rientrano in questa categoria eventuali errori di calcolo interni o valutazioni di merito sulla proporzionalità della sanzione, se il risultato finale rimane entro i confini stabiliti dalla legge.

Sulla Questione di Costituzionalità

La Corte ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata. Secondo i giudici, rientra nella piena discrezionalità del legislatore sanzionare l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti come un reato contro l’ordine pubblico. In quest’ottica, la pericolosità del sodalizio criminale è l’elemento centrale, indipendentemente dal tipo di sostanza stupefacente trattata. La scelta di non differenziare la pena tra droghe “leggere” e “pesanti” a livello associativo non è quindi irragionevole, a differenza di quanto avviene per i reati di spaccio individuale.

Sull’Effetto Estensivo e i Motivi Personali

Infine, la sentenza chiarisce un punto delicato sull’effetto estensivo dell’impugnazione. Sebbene l’aggravante dell’associazione armata sia oggettiva, la sua applicazione a un singolo partecipe richiede la prova che egli fosse a conoscenza della disponibilità di armi o che potesse prevederla. Questo accertamento sul dolo o sulla colpa è “singolare” e personale. Pertanto, chi non solleva specificamente questo punto nel proprio appello dimostra di non avere interesse a quella specifica doglianza, e non può beneficiare dell’esito favorevole ottenuto da altri.

Le Conclusioni

La sentenza n. 44233/2024 della Cassazione consolida due importanti principi. In primo luogo, la pena concordata in appello è una scelta processuale con conseguenze definitive, che preclude quasi ogni possibilità di ricorso in Cassazione. In secondo luogo, la diligenza processuale è fondamentale: omettere un motivo di gravame in appello può impedire di beneficiare, in futuro, di decisioni favorevoli ottenute da altri coimputati sullo stesso punto. Una lezione di strategia processuale che sottolinea l’importanza di ponderare attentamente ogni scelta difensiva.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza d’appello se si è accettata una pena concordata?
No, di norma non è possibile. La pena concordata in appello (art. 599-bis c.p.p.) preclude il ricorso per Cassazione sui punti oggetto dell’accordo, a meno che la pena applicata non sia “illegale”, cioè diversa per specie o fuori dai limiti minimi e massimi previsti dalla legge.

La mancata distinzione di pena per associazioni che trafficano droghe “leggere” o “pesanti” rende la norma incostituzionale?
No. Secondo la Corte, la scelta di non differenziare la pena per l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/90) in base al tipo di droga è una scelta discrezionale del legislatore, ritenuta non irragionevole. L’obiettivo è punire il reato associativo come un pericolo per l’ordine pubblico, a prescindere dalla sostanza trattata.

Se un co-imputato ottiene l’annullamento di un’aggravante, questo beneficio si estende anche a chi non ha presentato lo stesso motivo di ricorso?
Non sempre. L’effetto estensivo dell’impugnazione non si applica se il motivo di ricorso è considerato “esclusivamente personale”. Nel caso di specie, l’aggravante dell’associazione armata, pur essendo oggettiva, richiede un accertamento soggettivo (dolo o colpa) per ciascun partecipe. Pertanto, chi non ha specificamente impugnato questo punto nel proprio atto di appello non può beneficiare dell’annullamento ottenuto da altri.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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