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Pena concordata: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava la misura della pena, nonostante questa fosse stata oggetto di un accordo con la Procura in appello. I giudici hanno ribadito che, in caso di pena concordata, il controllo della Corte si limita alla legalità della sanzione e non alla sua congruità, poiché l’accordo tra le parti non può essere modificato unilateralmente.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Concordata in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto della pena concordata in appello, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta un importante strumento di economia processuale. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti invalicabili per l’imputato che, dopo aver raggiunto un accordo, tenti di contestarne il risultato in sede di legittimità. La decisione sottolinea un principio fondamentale: non ci si può dolere di una pena che si è liberamente accettato.

I Fatti del Caso: dalla Condanna al Concordato in Appello

Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma. Successivamente, in sede di appello, la difesa dell’imputato e la Procura Generale formulavano una proposta di concordato, che veniva accolta dalla Corte di appello. Quest’ultima, quindi, riduceva la pena inflitta in primo grado, ratificando l’accordo raggiunto tra le parti.

Nonostante l’esito favorevole, l’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava un presunto vizio di motivazione sulla dosimetria della pena applicata, ovvero sulle ragioni che avevano portato alla determinazione di quella specifica sanzione.

La Decisione della Cassazione sulla pena concordata

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno evidenziato una palese contraddizione nel comportamento dell’imputato: non è possibile contestare una pena che è stata, di fatto, concordata con l’accusa. L’accordo processuale, liberamente stipulato, preclude la possibilità di lamentarsene successivamente.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato, richiamando anche una pronuncia delle Sezioni Unite. Quando le parti raggiungono un accordo sulla pena, il ruolo del giudice d’appello è circoscritto a un controllo di mera legalità. In altre parole, il giudice deve verificare che la pena pattuita non sia illegale, ovvero che rientri nella ‘forbice edittale’ prevista dalla legge per il reato contestato. Non spetta invece al giudice valutare la congruità o l’adeguatezza della pena, poiché il negozio processuale stipulato tra le parti non può essere modificato d’ufficio. Il giudice può solo accogliere o rigettare la richiesta in toto. Nel caso specifico, la pena concordata era perfettamente legale, rientrando nei limiti previsti per il reato continuato ascritto all’imputato. Di conseguenza, il motivo di ricorso sulla dosimetria era privo di qualsiasi fondamento.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la scelta di accedere alla pena concordata in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Una volta che l’accordo è stato accettato e ratificato dal giudice, l’imputato perde la facoltà di contestare nel merito la quantificazione della sanzione. Il ricorso per cassazione per motivi relativi alla dosimetria diventa, in questi casi, un’azione destinata all’inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È possibile ricorrere in Cassazione per contestare la misura di una pena che è stata concordata in appello?
No, il ricorso è inammissibile. Secondo la Corte, l’imputato che ha liberamente concordato la pena con il Procuratore generale non può successivamente dolersene, poiché la sua volontà ha contribuito a determinare la sanzione finale.

Qual è il ruolo del giudice d’appello di fronte a una richiesta di pena concordata?
Il giudice d’appello non deve valutare la congruità (cioè l’adeguatezza) della pena. Il suo controllo è limitato alla legalità della pena, verificando che rientri nei limiti minimi e massimi previsti dalla legge per quel reato. Il giudice può solo accogliere o rigettare la proposta di accordo, non modificarla.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di pena concordata?
In caso di inammissibilità del ricorso, come stabilito dall’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, se si ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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