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Pena Base: quando è legittimo superare la media

Un’ordinanza della Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro la determinazione della pena base. La Corte ha confermato la legittimità di una pena fissata al massimo edittale, poiché adeguatamente motivata dal giudice di merito sulla base di criteri quali l’efferatezza della condotta, l’intensità del dolo e la mancanza di pentimento dell’imputato, in linea con i principi dell’art. 133 del codice penale.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Base e Potere Discrezionale del Giudice: Analisi di un’Ordinanza della Cassazione

L’individuazione della giusta pena è uno dei momenti più delicati del processo penale. Il giudice, nel determinare la sanzione da applicare, esercita un potere discrezionale che deve essere guidato dai criteri fissati dalla legge. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire come viene determinata la pena base e quali motivazioni possono giustificare una sanzione notevolmente superiore al minimo previsto. Questo caso specifico riguarda la legittimità di una pena fissata al massimo della forcella edittale, ovvero ventiquattro anni di reclusione.

Il Caso in Esame

Il ricorrente si era rivolto alla Suprema Corte contestando la sentenza della Corte d’Assise d’Appello, la quale aveva stabilito una pena base nella misura massima prevista dalla legge. Il motivo principale del ricorso verteva sulla presunta illogicità della motivazione adottata dai giudici di merito per giustificare una pena così aspra, ben al di sopra della media edittale.

La Decisione della Cassazione sulla Pena Base

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la decisione dei giudici di merito era tutt’altro che illogica. Al contrario, la Corte d’Appello aveva adempiuto al proprio dovere di fornire una motivazione specifica e rafforzata, proprio in virtù della scelta di una pena base così elevata.

I Criteri dell’Art. 133 del Codice Penale

Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 133 del codice penale, che elenca i criteri di valutazione per l’esercizio del potere discrezionale del giudice nella commisurazione della pena. La sentenza impugnata aveva fondato la sua decisione su elementi concreti e pertinenti, quali:
L’efferatezza della condotta: la particolare brutalità con cui il reato è stato commesso.
L’intensità del dolo: il grado di volontà e consapevolezza criminale.
La condotta susseguente al reato e la mancanza di resipiscenza: l’assenza di qualsiasi segno di pentimento da parte dell’imputato.

Questi elementi, secondo la Cassazione, sono circostanze di fatto previste dalla legge come criteri guida e la loro valutazione da parte del giudice di merito non è sindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, il ragionamento è logico e coerente.

Il Principio del Superamento della Linea Mediana

La Corte ha inoltre richiamato un importante principio giurisprudenziale (Cass. n. 29968/2019), secondo cui, quando un giudice si discosta significativamente dalla media della forcella edittale per stabilire la pena base, è tenuto a fornire una motivazione particolarmente approfondita. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha pienamente rispettato questo onere, spiegando nel dettaglio perché la gravità del fatto e la personalità dell’imputato giustificassero uno spostamento in peius così marcato, fino a raggiungere il massimo edittale.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sulla correttezza del percorso argomentativo seguito dai giudici di merito. La Corte Suprema non entra nel merito della quantificazione della pena, che è prerogativa esclusiva dei giudici di primo e secondo grado, ma si limita a verificare la logicità e la legalità della motivazione. In questo caso, la motivazione è stata giudicata idonea a sorreggere la decisione, poiché ancorata a elementi fattuali previsti dall’art. 133 c.p. e immune da vizi logici. Il ricorso, pertanto, si risolveva in un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito, inammissibile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma il consolidato principio secondo cui il potere discrezionale del giudice nella commisurazione della pena è ampio, ma non arbitrario. La scelta di una sanzione severa, anche al massimo della forbice edittale, è legittima a condizione che sia supportata da una motivazione congrua, logica e specifica, che dia conto delle ragioni che hanno portato a tale determinazione. Per gli operatori del diritto, questa decisione sottolinea l’importanza di costruire ricorsi in Cassazione che non si limitino a contestare l’entità della pena, ma che ne evidenzino eventuali e manifeste illogicità nel percorso motivazionale.

Può un giudice stabilire una pena base molto più alta del minimo previsto dalla legge?
Sì, il giudice può fissare una pena base superiore al minimo edittale, fino a raggiungere il massimo. Tuttavia, qualora la pena si discosti notevolmente dalla media della forcella edittale, il giudice ha l’obbligo di fornire una motivazione specifica e rafforzata, basata sui criteri dell’art. 133 del codice penale.

Quali elementi possono giustificare una pena base particolarmente elevata?
Secondo la decisione in esame, elementi come la particolare efferatezza della condotta, l’intensità del dolo (cioè della volontà criminale), la condotta tenuta dall’imputato dopo il reato e la totale mancanza di pentimento (resipiscenza) sono criteri validi che possono giustificare una pena base severa, anche pari al massimo previsto dalla legge.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
No, non direttamente. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti e decidere se la pena sia ‘troppa’ o ‘troppo poca’. Il suo compito è verificare che la motivazione con cui il giudice ha giustificato quella quantità di pena sia logica, coerente e non contraddittoria. Se la motivazione è immune da vizi logici, come nel caso di specie, il ricorso sulla quantificazione della pena viene dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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