Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29956 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29956 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a BARI il 05/07/1988 COGNOME nato a BARI il 29/04/1992
avverso la sentenza del 02/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico MjsE o, in persona del S7t-cf – Procuratore NOME COGNOME che ha conci GLYPH chiedendo
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Bari, con sentenza emessa in data 2/10/2023, ha confermato la pronuncia di penale responsabilità resa dal Tribunale di Bari a carico di COGNOME NOME e COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, così riqualificata l’originaria imputazione. In riforma della sentenza di primo grado, preso atto della intervenuta parziale rinuncia ai motivi di appello, limitati in udienza al solo trattamento sanzionatorio, ha rideterminato la pena inflitta ad entrambi gli imputati, previa concessione delle attenuanti generiche, in quella di anni 2 di reclusione ed euro 3000 di multa.
Ai predetti era contestato di avere illecitamente detenuto, in concorso tra loro, sostanza stupefacente del tipo cocaina nel quantitativo indicato nell’imputazione.
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, articolando i seguenti motivi di doglianza.
COGNOME NOME
I) Violazione degli artt. 62-bis, 163 cod. pen., 546, comma 1 lett. e), cod. proc. pen.
La sentenza impugnata appare censurabile nella parte in cui ha mancato di riconoscere le circostanze attenuanti generiche nella massima estensione e la sospensione condizionale della pena, pure al cospetto di un comportamento collaborativo dell’imputato. La Corte di merito ha trascurato di considerare la condotta processuale posta in essere dal ricorrente successivamente alla perpetrazione del reato, non offrendo alcuna argomentazione sul punto.
II) Violazione degli artt. 81, 132, 133 cod. pen.; 546 lett. e) cod. proc. pen.
La Corte adita ha rideterminato la pena inflitta, omettendo di fornire una motivazione idonea a giustificare la decisione assunta, con evidente violazione del disposto normativo di cui all’art 546, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. Non è dato evincere l’iter logico giuridico
seguito dai giudici per – icoMnítriztre la sanzione inflitta, avuto soprattutto riguardo all’entità della pena base, stabilita in misura notevolmente superiore al minimo edittale. In virtù dei principi stabiliti in sede di legittimità, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art. 133 cod. pen., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio.
Pertanto, non è sufficiente il ricorso a mere clausole di stile, quali il generico richiamo alla entità del fatto ed alla personalità dell’imputato. Ove il giudice, nel quantificare la pena, superi in modo vistoso il minimo edittale è tenuto a motivare esplicitamente sulle ragioni che l’abbiano indotto a tale conclusione.
Con riferimento all’aumento di pena previsto per la continuazione tra i reati, la Corte territoriale ha omesso di fornire qualsivoglia indicazione riguardo all’iter logico-giuridico seguito per v<k GLYPH -!a5Mmjnare l’aumento di pena previsto per tali fatti; in tal modo sono stati elusi i noti principi elaborati in materia in sede di legittimità, in base ai quali è richiesto al giudice di merito di indicare e motivare i singoli aumenti di pena apportati a titolo di continuazione.
COGNOME NOME
Motivo unico: violazione degli artt. 62-bis, 163 cod. pen. e 546 cod. proc. pen.
L’imputato, sottolinea la difesa, non ha esitato a rinunciare ai motivi di merito, piuttosto articolati, snellendo lo svolgimento dell’attività processuale. Sulla base di tanto, confidava nella concessione delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione e nella rideterminazione della pena nel minimo edittale.
Pur in presenza di un comportamento processuale improntato alla massima collaborazione, le invocate circostanze attenuanti generiche non sono state riconosciute nella massima estensione.
L’impugnata sentenza appare assunta in evidente contrasto con quanto disposto dagli artt. 132, 133 cod. pen.; invero, la Corte di merito ha inflitto la pena senza fornire una motivazione idonea a giustificare il decisum, con evidente violazione del disposto normativo di cui all’art. 546, comma 1, lett. e) cod. proc. pen..
Superando la pena base in modo apprezzabile il minimo edittale, era onere dei giudici indicare le ragioni di tale scelta; la giurisprudenza di legittimità impone, infatti, un dovere rafforzato di
motivazione in questi casi, con esame dei singoli criteri elencati nell’art. 133 cod. pen. ritenuti rilevanti ai fini della determinazione della pena.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso di entrambi gli imputati, nei quali sono avanzate doglianze sostanzialmente sovrapponibili, devono essere dichiarati inammissibili.
E’ d’uopo rammentare come i ricorrenti siano stati ritenuti responsabili, in concorso tra loro e con altro coimputato, del reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90, riqualificato ai sensi del comma quinto, per avere illecitamente detenuto sostanza stupefacente del tipo cocaina, del peso complessivo di grammi 25, da cui risultavano ricavabili n. 143 dosi medie singole. In sentenza si legge che gli imputati venivano sorpresi in uno scantinato mentre erano intenti a confezionare le dosi della sostanza stupefacente da smerciare. Nella circostanza del controllo era rinvenuto materiale di vario tipo utilizzato per la pesatura ed il confezionamento.
Quanto alla posizione di COGNOME si osserva quanto segue.
Il primo motivo di doglianza è del tutto genericamente posto. Il ricorrente non si confronta con la motivazione offerta dalla Corte di merito, che, in relazione all’entità della riduzione della pena operata per effetto del riconoscimento delle attenuanti generiche ed al diniego della concessione della sospensione condizionale, ha offerto una congrua motivazione, in alcun modo meritevole di essere censurata in questa sede.
Al riguardo la Corte di appello, nel prendere atto del positivo comportamento processuale dell’imputato, ha ritenuto tuttavia che la diminuzione da apportare alla pena per effetto del riconoscimento delle attenuanti generiche non potesse essere determinata nella misura massima, in considerazione della ridotta incidenza della intervenuta rinuncia sull’economia processuale e, principalmente, in relazione alla gravità dei fatti.
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Con riferimento a tale ultimo aspetto, la Corte di merito, lungi dal fare ricorso a mere clausole di stile, diversamente da quanto lamentato dalla difesa, ha posto in evidenza come la condotta degli imputati fosse connotata da particolare gravità, in ragione non soltanto dell’apprezzabile quantitativo di sostanza stupefacente caduto in sequestro, ma anche delle modalità di svolgimento di essa, suscettibile di rivelare la non occasionalità dell’attività illecita e l’inserimento dei ricorrenti in ambienti criminali dediti con sistematicità al traffico di sostanze stupefacenti (cfr. quanto dettagliatamente indicato a pag. 5 della decisione impugnata).
Oltre a ciò, per quanto attiene più specificamente alla persona di COGNOME, si è posto in evidenza come lo stesso risultasse sottoposto alla misura della sorveglianza speciale.
In base ai principi ermeneutici stabiliti in questa sede, dei quali la Corte d’appello ha fatto buon governo, ai fini della individuazione della misura della riduzione della pena da apportare in conseguenza del riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen., il giudice non è tenuto a valutare ogni singolo parametro elencato nell’art. 133 cod. pen. e neppure a considerare gli elementi favorevoli dedotti dalla difesa, essendo invece sufficiente l’indicazione delle ragioni sfavorevoli ritenute prevalenti e preponderanti a questo fine (In relazione alla diminuzione del carico sanzionatorio per effetto del riconoscimento delle attenuanti generiche si veda Sez. 7, ord. n. 39396 del 27/05/2016, Jebali, Rv. 268475, così massimata:”La mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione di un terzo non impone al giudice di considerare necessariamente gli elementi favorevoli dedotti dall’imputato, sia pure per disattenderli, essendo sufficiente che nel riferimento a quelli sfavorevoli di preponderante rilevanza, ritenuti ostativi alla concessione delle predette attenuanti nella massima estensione, abbia riguardo al trattamento sanzionatorio nel suo complesso, ritenendolo congruo rispetto alle esigenze di individualizzazione della pena, ex art. 27 Cost.”). Peraltro, larga parte della giurisprudenza di legittimità ritiene che sia sufficientemente adempiuto l’onere motivazionale in materia di commisurazione della pena – anche con riferimento alla riduzione apportata in ragione della concessione delle attenuanti generiche – con il semplice richiamo da parte del giudice di merito a formule sintetiche, quali “si ritiene congruo”, “si ritiene equo” et similia (cfr. Sez. 4, n. 54966 del 20/09/2017, COGNOME,
Rv. 271524; Sez. 6, n. 9120 del 2/7/1998, Urrata e altri, Rv. 211583). E’, infatti, ius receptum che la determinazione della misura della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientri nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito motivazionale anche valutandoen:I tui~rIerilCg -globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, Nuciforo, Rv. 230278).
Il rilievo riguardante la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena è parimenti inammissibile, essendo del tutto sfornito di argomentazioni critiche a sostegno.
I giudici del gravame del merito, diversamente da quanto rappresentato nel ricorso, hanno dato conto in modo puntuale delle ragioni del diniego. La Corte territoriale ha ritenuto di non potere formulare un giudizio prognostico favorevole di astensione dal compimento di ulteriori attività delittuose, essendo emerso dal compendio probatorio che la condotta in esame non fosse occasionale.
Ha inoltre evidenziato come il ricorrente risultasse sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, che presuppone uno specifico vaglio in ordine alla pericolosità sociale del ricorrente.1 In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli ritenuti prevalenti (cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 17953 del 07/02/2020, COGNOME, Rv. 279206 – 02:”In tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti in senso ostativo alla sospensione, ivi compresi i precedenti giudiziari”).
3. Quanto al secondo motivo di ricorso, del tutto inconferenti si appalesano i rilievi riguardanti l’aumento di pena a titolo di continuazione. Nella determinazione della pena i giudici di merito non hanno apportato alcun aumento per la continuazione tra i reati, essendo unico il fatto addebitato agli imputati in concorso tra loro. La pena è stata, infatti, così determinata per entrambi: pena base anni 3, mesi 6 di reclusione ed euro 6.000,00 di multa; ridotta ad anni 3 di reclusione ed euro 4.500,00 di multa per effetto del riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche; ulteriormente ridotta per il rito ad anni 2 di reclusione ed euro 3000,00 di multa.
Il discostamento della pena base dal minimo edittale (l’entità della pena supera la media edittale) riposa su una motivazione puntuale e connotata da stringente logicità, non censurabile in questa sede. In proposito, come già detto in precedenza, si è posta in rilievo la gravità del fatto, non soltanto in ragione dell’apprezzabile · quantitativo di sostanza stupefacente caduto in sequestro, ma anche alla luce delle circostanze palesatesi durante il controllo di polizia (i ricorrenti, unitamente all’originario coimputato, sono stati sorpresi nell’atto della preparazione delle dosi da smerciare, in possesso di cospicuo materiale idoneo alla pesatura, al frazionamento ed al confezionamento della sostanza; COGNOME è stato trovato in possesso di una significativa somma di danaro in contanti e di una chiavetta USB contenente documentazione riguardante fatti della criminalità locale).
Risulta quindi soddisfatto l’onere motivazionale imposto al giudice di merito con riferimento alla individuazione di una pena base determinata in misura superiore alla media edittale o prossima alla misura massima.
4. Analoghe considerazioni valgono per COGNOME NOME.
Con riferimento alle censure sull’ampiezza della diminuzione di pena ai sensi dell’art. 62-bis cod.pen., si rinvia a quanto prima rilevato con riguardo alla posizione di COGNOME.
Sono estensibili al COGNOME le considerazioni espresse dalla Corte d’appello in ordine alla gravità del fatto, per modalità di realizzazione dello stesso, suscettibile di rivelare la non occasionalità dell’attività illecita cui erano dediti gli imputati.
La doglianza riguardante il giudizio di comparazione è palesemente destituita di fondamento: avendo i giudici di merito escluso la contestata recidiva a carico di COGNOME, non è stato effettuato alcun giudizio di comparazione, come risulta evidente dal calcolo della pena sopra riportato.
Quanto alla determinazione della pena base in misura superiore alla media edittale, la Corte di appello ha offerto una congrua motivazione, richiamando, tra gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., la gravità del fatto e la negativa personalità dell’imputato, il
quale annovera un’altra recente condanna. L’obbligo motivazionale deve ritenersi sufficientemente adempiuto.
Come già evidenziato in precedenza, la dosimetria della pena è questione rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito: in base al principio codificato all’art. 132 cod. pen., il quantum della pena da infliggersi, nei limiti della legge, è compito affidato esclusivamente alla valutazione discrezionale del giudice, che deve compiere tale scelta in base ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen., indicando i motivi che giustificano la sua scelta. Ove, come nel caso in esame, la pena superi la media edittale, è richiesto che sia dato conto dei criteri soggettivi ed oggettivi che abbiano determinato la scelta sanzionatoria adottata, i quali risultano insindacabili in questa sede ove siano sostenuti da argomentazioni pertinenti e logiche (cfr. Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153).
Per completezza argomentativa è d’uopo rilevare come per il reato per il quale si procede non sia intervenuta la causa d’improcedibilità prevista dall’art. 344-bis cod. proc. pen.
Trova applicazione la disciplina contenuta nel comma 5 dell’art. 2 I. n. 134 del 2021, che stabilisce: “per i procedimenti di cui al comma 3 nei quali l’impugnazione è proposta entro la data del 31 dicembre 2024 i termini previsti … sono … di tre anni per il giudizio di appello e di un anno e sei mesi per il giudizio di cassazione”.
Essendo stati i ricorsi proposti prima del 31 dicembre 2024, il termine d’improcedibilità per il giudizio della cassazione è pari ad anni uno e mesi sei, decorrente dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen.
La Corte d’appello ha emesso la sentenza in data 2/10/2023, con riserva di giorni 90 per il deposito della motivazione. Il termine di improcedibilità, pertanto, deve essere fissato alla data del 2/10/2025.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000).
P.Q.M.
pagamento
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in
favore della Cassa delle ammende.
In Roma, così deciso il 2 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente