LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Pena base: motivazione del giudice e attenuanti

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per detenzione di stupefacenti. La Corte ha stabilito che la decisione del giudice di merito di fissare una pena base superiore alla media edittale era correttamente motivata dalla gravità del fatto e dalla personalità degli imputati, respingendo le doglianze sulla mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione e sulla negazione della sospensione condizionale della pena.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Base: Quando il Giudice Deve Fornire una Motivazione Rafforzata?

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice esercita un potere discrezionale fondamentale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito i confini di questa discrezionalità, soprattutto quando la pena base si discosta significativamente dal minimo previsto dalla legge. Il caso analizzato riguarda due individui condannati per detenzione di sostanze stupefacenti, i cui ricorsi sono stati dichiarati inammissibili. Vediamo perché.

I Fatti del Caso: Detenzione e Confezionamento di Stupefacenti

Due soggetti venivano condannati in primo e secondo grado per aver illecitamente detenuto, in concorso tra loro, un quantitativo di cocaina pari a 25 grammi, da cui era possibile ricavare circa 143 dosi. Gli imputati erano stati sorpresi in uno scantinato mentre erano intenti a confezionare la sostanza per la vendita. Durante il controllo, le forze dell’ordine avevano rinvenuto anche materiale per la pesatura, il frazionamento, una somma di denaro contante e una chiavetta USB contenente dati legati ad attività criminali locali.

La Corte d’Appello, pur concedendo le attenuanti generiche, aveva rideterminato la pena in 2 anni di reclusione e 3000 euro di multa, negando però la sospensione condizionale della pena.

I Motivi del Ricorso e la Discrezionalità sulla Pena Base

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione lamentando diversi vizi. In particolare, hanno sostenuto che la Corte d’Appello:

1. Non avesse concesso le attenuanti generiche nella massima estensione possibile, nonostante il loro comportamento processuale collaborativo.
2. Avesse negato la sospensione condizionale della pena senza un’adeguata motivazione.
3. Avesse fissato una pena base notevolmente superiore al minimo edittale senza giustificare adeguatamente tale scelta, violando i criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il fulcro della decisione risiede nel corretto esercizio del potere discrezionale del giudice di merito. La Suprema Corte ha ribadito alcuni principi fondamentali.

In primo luogo, la quantificazione della pena rientra nell’ampio potere del giudice, il quale deve motivare la sua scelta basandosi sui criteri dell’art. 133 c.p. (gravità del reato e capacità a delinquere del reo). Tuttavia, l’obbligo di motivazione diventa più stringente quando la pena base si discosta in modo apprezzabile dal minimo edittale. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e puntuale, evidenziando:

* La gravità del fatto: non solo per il considerevole quantitativo di stupefacente, ma anche per le modalità operative, che suggerivano una non occasionalità dell’attività illecita e l’inserimento in contesti criminali organizzati.
* La personalità degli imputati: uno dei quali era già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale e annoverava un’altra recente condanna.

Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la Cassazione ha chiarito che il giudice non è obbligato a concederle nella massima estensione solo perché l’imputato ha tenuto un comportamento processuale positivo. La valutazione deve essere complessiva, bilanciando gli elementi favorevoli con quelli sfavorevoli, come la gravità dei fatti.

Infine, anche il diniego della sospensione condizionale della pena è stato ritenuto ben motivato. La Corte territoriale aveva correttamente formulato un giudizio prognostico negativo sulla futura astensione dal commettere reati, basandosi sulla non occasionalità della condotta e sulla pericolosità sociale di uno dei ricorrenti.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cruciale: la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena non è arbitraria. Sebbene non sia tenuto a motivare la scelta di una pena contenuta entro il minimo, ha un onere motivazionale rafforzato quando decide di applicare una sanzione significativamente più severa. La motivazione deve fondarsi su un’analisi concreta degli elementi indicati dall’art. 133 c.p., come la gravità del fatto e la personalità dell’imputato. La decisione dimostra come una motivazione puntuale e logicamente coerente renda la scelta del giudice incensurabile in sede di legittimità, garantendo un equilibrio tra potere discrezionale e obbligo di giustificazione.

Il giudice è obbligato a concedere le attenuanti generiche nella massima estensione se l’imputato collabora a livello processuale?
No, il giudice non è obbligato. La Corte ha chiarito che il comportamento processuale positivo dell’imputato, come la rinuncia a parte dei motivi d’appello, viene bilanciato con altri elementi, come la gravità dei fatti, per determinare la misura della riduzione della pena.

Quando il giudice deve fornire una motivazione più dettagliata per la determinazione della pena base?
Il giudice ha un onere di motivazione rafforzato quando la pena base che intende applicare si discosta in modo apprezzabile dal minimo edittale previsto dalla legge per quel reato. In tal caso, deve indicare specificamente i criteri oggettivi e soggettivi (art. 133 c.p.) che giustificano tale scelta.

Per negare la sospensione condizionale della pena è necessaria una valutazione di tutti gli elementi dell’art. 133 cod. pen.?
No, secondo la sentenza, per negare la sospensione condizionale il giudice non ha l’obbligo di esaminare tutti gli elementi dell’art. 133 c.p., ma può limitarsi a indicare quelli ritenuti prevalenti in senso ostativo alla concessione del beneficio, come i precedenti giudiziari o la gravità della condotta, che impediscono una prognosi favorevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati