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Pena base continuazione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13114/2024, ha stabilito che, nel calcolo della pena base per la continuazione tra reati, la sanzione derivante da patteggiamento va considerata nel suo ammontare finale, già ridotto per il rito speciale. La Corte ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva di considerare la pena patteggiata al lordo della riduzione, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena base continuazione: come si calcola tra rito ordinario e patteggiamento?

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 13114 del 2024, ha fornito un’importante chiarimento su come determinare la pena base continuazione quando si devono confrontare sentenze emesse con rito ordinario e sentenze di patteggiamento. La decisione stabilisce un criterio univoco per i giudici dell’esecuzione, risolvendo una questione di notevole rilevanza pratica.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un condannato che aveva chiesto al giudice dell’esecuzione di riconoscere la continuazione tra due reati, giudicati con sentenze diverse. Una condanna era stata inflitta dal Tribunale di Venezia a seguito di un rito ordinario (sei anni di reclusione e 26.000 euro di multa). L’altra condanna derivava da una sentenza di patteggiamento, sempre del Tribunale di Venezia.

Il giudice dell’esecuzione, nel rideterminare la pena complessiva applicando il cumulo giuridico, aveva individuato come pena più grave, e quindi come pena base, quella inflitta con il rito ordinario.

Il ricorrente si opponeva a questa decisione, sostenendo che la pena più grave fosse in realtà quella oggetto di patteggiamento. Secondo la sua tesi, per il confronto, la pena patteggiata avrebbe dovuto essere considerata al lordo della riduzione prevista dall’art. 444 c.p.p., applicando per analogia il principio previsto dall’art. 187 disp. att. c.p.p. per il rito abbreviato.

La Decisione della Corte: il calcolo corretto della Pena Base Continuazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno confermato la correttezza dell’operato del giudice dell’esecuzione, aderendo all’orientamento giurisprudenziale più recente e consolidato.

Il principio di diritto sancito è chiaro: nel determinare la pena base continuazione tra un reato giudicato con rito ordinario e uno definito con patteggiamento, il giudice deve confrontare le pene effettivamente irrogate. Per la pena patteggiata, ciò significa considerare l’importo finale, ovvero quello già decurtato della riduzione premiale concessa per la scelta del rito speciale.

Di conseguenza, se il giudice ritiene più grave la pena derivante dal patteggiamento (nonostante la riduzione), dovrà porre a base del calcolo la pena ridotta. Se, invece, come nel caso di specie, la pena più grave risulta quella del rito ordinario, questa fungerà da pena base e i reati satellite (compreso quello patteggiato) comporteranno un aumento di pena calcolato su tale base.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione basandosi su una solida esegesi sistematica delle norme processuali. I giudici hanno sottolineato come non vi siano ragioni per discostarsi dalla recente giurisprudenza (Cass. n. 30119/2021 e n. 21808/2020), la quale ha già stabilito questo principio. La funzione premiale della riduzione di pena, tanto nel rito abbreviato quanto nel patteggiamento, è identica: incentivare la definizione anticipata del processo. Se per il rito abbreviato esiste una norma espressa (art. 187 disp. att. c.p.p.) che impone di considerare la pena al lordo della riduzione solo per determinati fini (ma non per il confronto in sede esecutiva, dove si valuta la pena inflitta), per il patteggiamento vale lo stesso principio logico-sistematico. La pena concordata e ratificata dal giudice è quella ridotta, ed è questa l’unica pena concreta ed effettiva su cui basare il confronto.

Inoltre, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo aggiunto con cui il ricorrente lamentava l’eccessività dell’aumento di pena a titolo di continuazione. Tale censura, infatti, non era stata mossa tempestivamente ed ampliava illegittimamente il petitum (l’oggetto della richiesta) originario, che era circoscritto solo all’individuazione della pena base.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un principio fondamentale per la fase esecutiva. Stabilisce che, nel confronto tra pene per l’applicazione della continuazione, il valore da considerare per una sentenza di patteggiamento è quello finale e concreto, comprensivo dello ‘sconto’ di pena. Ciò garantisce uniformità di trattamento e certezza del diritto, evitando calcoli ipotetici su pene che, di fatto, non sono mai state inflitte nella loro misura teorica. Per gli operatori del diritto, significa che la strategia processuale e la scelta dei riti speciali hanno conseguenze dirette e definitive anche nella successiva fase di esecuzione della pena.

Come si determina la pena più grave per la continuazione tra una sentenza di rito ordinario e una di patteggiamento?
Si confronta la pena inflitta con il rito ordinario con la pena finale e concreta derivante dal patteggiamento, cioè quella già ridotta in applicazione del rito speciale.

La pena patteggiata va considerata al lordo o al netto della riduzione per il rito, ai fini del confronto per la pena base?
Va considerata al netto della riduzione. La Corte di Cassazione ha stabilito che il confronto deve avvenire tra le pene effettivamente irrogate, e nel patteggiamento la pena effettiva è quella ridotta.

È possibile presentare un motivo di ricorso aggiunto che introduce una questione completamente nuova rispetto a quella originaria?
No. La Corte ha ribadito che i motivi aggiunti non possono ampliare l’ambito del ‘petitum’ originario, ovvero non possono introdurre censure non tempestivamente formalizzate entro i termini ordinari di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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