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Pena base: come calcolarla in caso di continuazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che, nel calcolare la continuazione tra reati, aveva erroneamente identificato la pena base nella condanna più alta in astratto, anziché nella pena inflitta per il singolo reato più grave. L’errore consisteva nel non aver considerato che la pena maggiore derivava già da una continuazione ‘interna’ tra due reati. La Corte ha ribadito che il giudice deve individuare la fattispecie di reato punita con la pena più elevata, e non la sentenza con la pena complessiva maggiore.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena base e reato continuato: la Cassazione corregge il calcolo errato

La corretta individuazione della pena base è un passaggio fondamentale nel calcolo della sanzione per il reato continuato. Con la sentenza n. 417 del 2024, la Corte di Cassazione interviene per annullare un’ordinanza che aveva commesso un errore cruciale, offrendo un importante chiarimento sui criteri da seguire. Il caso riguarda la richiesta di un condannato di unificare due sentenze definitive sotto il vincolo della continuazione, ma il giudice dell’esecuzione aveva sbagliato a identificare la violazione più grave da cui partire per il calcolo della pena complessiva.

I fatti del caso

Un soggetto, condannato con due distinte sentenze, chiedeva al giudice dell’esecuzione di riconoscere la continuazione tra i reati giudicati.
Le due sentenze erano:
1. Una condanna a 7 anni e 6 mesi di reclusione per un singolo reato di rapina aggravata in concorso.
2. Una condanna a 8 anni di reclusione per due reati, rapina in concorso e sequestro di persona, già unificati tra loro in continuazione (c.d. continuazione ‘interna’) in fase di cognizione.

Il giudice dell’esecuzione accoglieva la richiesta, ma nel determinare la pena complessiva, individuava come pena base quella di 8 anni di reclusione (relativa alla seconda sentenza) e la aumentava fino a 11 anni per includere il reato della prima sentenza. Il condannato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che tale calcolo fosse errato.

Il principio per la corretta individuazione della pena base

Il ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 187 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto individuare non la sentenza con la pena complessiva più alta, ma la pena inflitta per il singolo reato più grave. La pena di 8 anni, infatti, non si riferiva a un’unica fattispecie, ma era il risultato di una pena per un reato base aumentata per un secondo reato in continuazione. La pena per il singolo reato più grave era, al contrario, quella di 7 anni e 6 mesi irrogata con la prima sentenza.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Ha stabilito che il giudice dell’esecuzione ha effettivamente commesso un errore nell’applicazione della legge. Invece di accertare quale specifica fattispecie di reato fosse stata punita con la pena più elevata, ha considerato come più grave la pena complessiva di 8 anni, senza tener conto che questa derivava già da un calcolo per reati in continuazione.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito che, ai sensi dell’art. 187 disp. att. c.p.p., il giudice deve individuare il reato più grave in concreto, basandosi sulla pena che sarebbe stata inflitta per tale singolo reato. Nel caso di specie, la pena base corretta era quella di 7 anni e 6 mesi, inflitta per il reato di rapina aggravata (prima sentenza), poiché questa sanzione, relativa a un unico reato, era superiore a quella inflitta per ciascuno dei singoli reati giudicati con la seconda sentenza (la cui somma, aumentata per la continuazione interna, aveva portato a 8 anni).

Pertanto, il calcolo corretto avrebbe dovuto partire dalla pena di 7 anni e 6 mesi e su questa applicare l’aumento per la continuazione con i due reati oggetto dell’altra sentenza. L’errore del giudice di merito ha portato a un trattamento sanzionatorio ingiustamente più severo per il condannato.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio. Il caso è stato rinviato alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, per un nuovo giudizio che dovrà applicare correttamente il principio enunciato. La nuova decisione dovrà ricalcolare la pena complessiva partendo dalla corretta pena base di 7 anni e 6 mesi, garantendo così il rispetto della normativa sul reato continuato. Questa sentenza ribadisce un principio cruciale per la fase esecutiva: la determinazione della pena deve sempre fondarsi su un’analisi puntuale delle singole fattispecie di reato e non su un confronto astratto tra le pene complessive riportate in diverse sentenze.

Come si determina la pena base quando si applica la continuazione tra reati giudicati con sentenze diverse?
La pena base deve essere individuata nella pena inflitta per la singola violazione più grave, non nella pena complessiva più alta risultante da una delle sentenze. Il giudice deve accertare quale specifica fattispecie di reato è stata punita con la sanzione più elevata.

Un giudice può considerare come pena base la pena totale di una sentenza che già unifica più reati in continuazione?
No, questo è un errore. Se una sentenza riporta una pena complessiva derivante da una continuazione interna (tra più reati giudicati nello stesso processo), quella pena non può essere usata come base per un’ulteriore continuazione, a meno che la pena per il reato più grave di quel gruppo non sia effettivamente la più alta in assoluto tra tutti i reati da unificare.

Qual è stato l’errore commesso dalla Corte d’appello nel caso specifico?
La Corte d’appello ha erroneamente scelto come pena base la condanna a 8 anni di reclusione, senza considerare che tale pena era il risultato di un aumento per la continuazione tra due reati. Avrebbe invece dovuto identificare come pena base quella di 7 anni e 6 mesi, inflitta per un unico reato con un’altra sentenza, in quanto sanzione per la singola violazione più grave.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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