Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46242 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46242 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a San Luca (Rc) il 2 gennaio 1972;
avverso la sentenza n. 183/2024 della Corte di appello di Reggio Calabria del 30 gennaio 2024;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria – giudicando quale giudice del rinvio dopo che, con sentenza n. 23125 del 4 maggio 2022, i cui motivi sono stati depositati il successivo 14 giugno 2022, la Quarta Sezione penale di questa Corte di cassazione aveva annullato con rinvio, limitatamente alla posizione di COGNOME Domenico e con esclusivo riferimento alla previsione della pena accessoria del ritiro della patente di guida automobilistica irrogata ne suoi confronti, la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 19 maggio 2021 con la quale quello era stato dichiarato, in concorso con altri, colpevole del reato di cui all’art. 74 del dPR n. 309 del 1990 ed era stat pertanto, condannato, ritenuta la continuazione della condotta allora a lu ascritta con altra condotta delittuosa per la quale era già intervenuta al condanna divenuta definitiva, alla complessiva pena di anni 11 di reclusione, oltre alle pene accessorie, fra le quali, appunto, quella del ritiro della pat di guida – ha confermato, quanto al punto rimasto controverso la sentenza del Tribunale di Locri del 17 ottobre 2017 con la quale era stata irrogata al RAGIONE_SOCIALE la pena accessoria del ritiro della patente automobilistica.
Avverso la sentenza in questione ha interposto ricorso per cassazione il COGNOME tramite il proprio difensore fiduciario, affidando le proprie lagnanze a un unico motivo di censura, il cui oggetto riguarda, con riferimento al dedotto t ‘ vizio di violazione di legge e di motivazione, piRgr avere la Corte territoria trascurato di considerare che già in occasione dell’avvenuto annullamento con rinvio della originaria sentenza della Corte territoriale calabrese la Corte cassazione aveva riscontrato la carenza di motivazione in punto di applicazione della pena accessoria; in particolare la difesa del ricorrente evidenziato come la motivazione ora addotta dalla Corte in sede di rinvio per giustificare l’irrogazione della sanzione accessoria e la determinazione dell sua durata, cioè il prevenire il pericolo di recidiva ritenuto non più attuale con la sentenza del 10 maggio 2021 in funzione di numerosi indici positivi sintomatici dell’avvenuto reinserimento positivo del Pizzata nella legalità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto è risultato infondato e, pertanto, lo stesso dev essere ora rigettato.
Si rammenta che nella sentenza di questa Corte, con la quale fu annullata, con rinvio, la decisione a suo tempo assunta a carico dell’odierno ricorrente dalla Corte di appello reggina, si era rilevato che – sebbene fos
stata oggetto di specifica impugnazione la pronunzia del Tribunale della Locride che, in prima battuta, aveva applicato la pena accessoria di cui si tratta essendo stato allora lamentato che non erano state indicate né le ragioni che avevano giustificato l’irrogazione della predetta sanzione (la quale, ha ricordato questa Corte, ha natura facoltativa e non obbligatoria) né i motivi che avevano indotto il giudicante a determinare in due anni la durata della sanzione medesima – la Corte territoriale si era limitata a confermare la decisione assunta dal giudice di primo grado, senza esaminare le argomentazioni dedotte sul punto dall’appellante in sede impugnatoria.
Compito del giudice del rinvio, pertanto, era: o di rimotivare in maniera adeguata la statuizione oggetto di annullamento ovvero di riformare la sentenza di primo grado sul punto.
Come detto, la Corte ha ritenuto di confermare la precedente statuizione, rigettando, pertanto, l’impugnazione a suo tempo presentata dalla difesa del COGNOME in ordine alla più volte ricordata pena accessoria; la Cort territoriale, ribadita la natura facoltativa della applicazione della p accessoria di cui all’art. 85 del dPR n. 309 del 1990 (come tale necessitante d un’adeguata motivazione quanto alla sua irrogazione) ha, infatti, osservato che la gravità del fatto ascritta all’imputato e la capacità a delinquere medesimo dimostrata, svolgendo questi mansioni fiduciarie direttamente ricollegabili alle figure apicali della consorteria criminosa della quale egli partecipe, rendevano necessaria la irrogazione della pena accessoria, per la durata indicata di due anni, trattandosi di “misura adeguata a disincentivare i pressante pericolo di recidiva”.
Ritiene, a questo punto, la ricorrente difesa che la motivazione addotta sia inadeguata, posto che il pericolo di recidivanza già sarebbe stato esclus con la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 10 (recte: 19) maggio 2021.
Si tratta di argomento non idoneo a rendere manifestamente illogica la motivazione sulla base della quale la Corte territoriale di Reggio Calabria ha inteso confermare la decisione a suo tempo presa dal Tribunale di Locri.
E’, in primo luogo, opportuno ribadire la piena libertà che la Corte territoriale, investita in sede di rinvio, aveva in merito alla eventuale confer della sanzione accessoria de qua essendo l’unico vincolo che le derivava a seguito della sentenza n. 23125 di questa Corte quello di adeguatamente motivare (ciò in ossequio alla natura, appunto, facoltativa della relativ
decisione come risultante, fra le altre da: Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 marzo 2020, n. 10081, rv 273587) le ragioni che dovevano indurre a confermare ovvero a riformare la statuizione assunta sul punto rimasto controverso dal giudice di primo grado.
Ritiene a questo punto il Collegio che la motivazione addotta dalla Corte territoriale per confermare la statuizione rimasta sino a quel momento impregiudicata – facendo essa leva sulla gravità della condotta materialmente posta in essere dal ricorrente e sulla sua capacità a delinquere – appare pienamente congrua rispetto allo scopo che la irrogazione della pena accessoria intende perseguire.
Come, infatti, è stato segnalato da questa Corte (con orientamento che, sebbene risalente nel tempo e riferito a normativa che – senza peraltro apprezzabili modifiche sul punto che ora interessa – è stata sostituita da quella attualmente vigente, non solo viene ora condiviso ma cui appare opportuno dare piena continuità) poiché è propria delle pene accessorie la funzione di eliminare quelle situazioni di fatto che possono favorire la nuova commissione dei reati, è correttamente e congruamente motivata la statuizione del giudice di merito che, nell’applicare la pena accessoria della revoca della patente di guida faccia riferimento alla pregressa tipologia di condotta realizzata dal soggetto attinto dalla sanzione (Corte di cassazione, Sezione VI penale 19 aprile 1990, n. 5654, rv 184086).
Nel caso che ora interessa, per come è chiaramente precisato nella sentenza della Corte reggina, il COGNOME, fra i vari compiti dai lui svolti all’interno del sodalizio criminale da lui partecipato, fungeva anche da “corriere” dello stupefacente.
Ora, se è ben vero che la misura del ritiro della patente di guida prevista dall’art. 85 del dPR n. 309 del 1990 non presuppone che l’autore del reato in relazione al quale essa è stata disposta si sia servito di un’automobile o di un motoveicolo per porre in essere l’attività criminosa, essendo quella volta a disincentivare la reiterazione del crimine (Corte di cassazione, Sezione III penale, 30 agosto 2022, n. 31917), deve, a maggior ragione, ritenersi che siffatta opera di disincentivazione sia tanto più potenzialmente efficace laddove l’attività criminosa si sia proprio estrinsecata, anche, attraverso la dislocazione sul territorio della sostanza stupefacente, trattandosi di attività che la impossibilità di muoversi conducendo autonomi e rapidi mezzi di trasporto quali le automobili rende evidentemente più difficoltosa.
Con tale argomento la difesa del ricorrente non si è confrontata, limitandosi ad allegare delle generiche, e peraltro in alcun modo documentate, indicazioni in merito ad una di già giudizialmente esclusa, assenza di pericolo sulla reiterazione criminosa.
Si tratta, di argomento, in ogni caso motivatamente smentito, oltre che dalla gravità della condotta posta in essere dal COGNOME, anche dal fatto che carico del prevenuto vi è non solo la condanna, già definitiva, cui, quale pena accessoria, si giustappone il ritiro della patente di cui ora si tratta, ma an una altra condanna, per reati analoghi.
Da tale circostanza, sebbene sia stata ritenuta la continuazione fra i reati contestati, emerge pertanto una certa proclività del ricorrente delinquere in materia di stupefacenti, cosa questa che rende giustificata, con finalità special-preventiva, la irrogazione della sanzione accessoria ora i discorso.
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato infondato ed il ricorrente, visto l’art. 616 cod. proc. pen., deve essere condannato a pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente