Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20087 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20087 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA, NOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo in data 7 febbraio 2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comrna 8, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici per entrambi gli imputati, dichiarando inammissibili, nel resto, entrambi i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del Tribunale di Trapani in data 14 dicembre 2021, NOME COGNOME e NOME COGNOME furono condannati, rispettivamente, alla pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione e di 1.000 euro di multa e di 4 anni, 6 mesi e 15 giorni di reclusione e di 1.050 euro di multa in quanto riconosciuti colpevoli, con le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, dei reati, unificati
dalla continuazione, di cui agli artt. 110, 624 -bis, 625, nn. 2 e 5 cod. pen., per essersi impossessati di un ciclomotore, forzando con un c:acciavite il portone dell’edificio in cui era custodito e agendo in tre persone (capo A); di cui agli artt. 110, 624, 625, nn. 2 e 5, cod. pen., perché, subito dopo tali ‘Fatti, in concorso tra loro, si erano impossessati di almeno dieci bottiglie di vino e di due televisori prelevandoli all’interno di un ristorante, dopo avere forzato le porte del locale e una finestra, e agendo in tre persone (capo B), entrambi commessi in Trapani nella notte tra 1’8 e il 9 novembre 2020, nonché, il solo NOME COGNOME, anche del reato previsto dall’art. 4, legge n. 110 del 1975, perché, senza giustificato motivo, portava fuori dall’abitazione un taglierino di circa 12 cm (capo C); fatto accertato in Trapani il 9 novembre 2020.
Con sentenza in data 7 febbraio 2023, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto i due imputati dal reato di cui al capo A) per non aver commesso il fatto, rideterrninando la pena in relazione ai residui reati in 1 anno di reclusione e 300,00 euro di multa per NOME COGNOME e in 1 anno e 15 giorni di reclusione e in 350,00 euro di multa per NOME COGNOME, confermando, nel resto, le precedenti statuizioni.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 81 cod. pen., per avere la Corte di appello, nel determinare la pena dopo l’assoluzione dell’imputato dal capo A), operato un illegittimo aumento di pena per il residuo capo di imputazione B), non mantenendo la pena di 6 mesi applicata, in primo grado, in aumento ex art. 81 cod. pen., ma elevandola per il furto di cui al capo B) da 6 mesi a 1 anno, con violazione del divieto di reformatio in peius previsto dall’art. 597 cod. proc. pen. Sotto altro profilo, le circostanze attenuanti generiche che il primo Giudice avrebbe bilanciato illegittimamente con le circostanze aggravanti contestate al capo A), potrebbero essere oggi considerate prevalenti, per effetto dell’assoluzione, rispetto alle residue aggravanti contestate al capo B), con una proporzionale riduzione della pena finale. Secondo la Suprema Corte violerebbe il divieto di reformatio in peius il giudice di appello che a seguito di impugnazione dell’imputato gli riconosca un’attenuante senza procedere alla diminuzione della pena, valutando tale circostanza equivalente a un’aggravante contestata ma non computata, in primo grado, nella determinazione della pena.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza della motivazione in relazione alla pena base e agli aumenti su di essa operati a seguito della rideterminazione della pena operata sul capo B). Pertanto, dalla motivazione non si comprenderebbe se la pena base fosse di 1 anno di reclusione o se essa fosse inferiore e se, inoltre, fossero stati apportati degli aumenti, dovendo il giudice di cognizione indicare “dettagliatamente”, secondo i principi enunciati dalle Sezioni Unite, la pena base e i relativi aumenti per la continuazione o – come nel caso specifico – per le aggravanti.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione anche NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
4.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 4, legge n. 110 del 1975, nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto l’imputato responsabile per il porto in luogo pubblico del taglierino pur in assenza di un particolare contesto aggressivo individuato in ragione dell’atteggiamento tenuto dal detentore e delle finalità perseguite. E in ogni caso, il fatto avrebbe dovuto essere considerato come di lieve entità.
4.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 29 cod. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla conferma della pena accessoria dell’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici, applicabile soltanto in caso di condanna alla pena dell’ergastolo o alla reclusione per un tempo non inferiore ai cinque anni.
4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente sollecita che le circostanze attenuanti generiche siano riconosciute prevalenti sulle aggravanti contestate, riducendo la pena ai minimi edittali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è parzialmente fondato e, pertanto, deve essere accolto per quanto di ragione.
1.2. Muovendo dall’analisi del primo motivo, con cui viene dedotta la violazione dell’art. 4, legge n. 110 del 1975, le censure difensive sono manifestamente infondate.
1.2.1. I Giudici di merito, infatti, hanno evidenziato come le circostanze del ritrovamento del taglierino, rinvenuto insieme alla refurtiva di reati contro il patrimonio, non consentissero di ritenere in alcun modo giustificato il porto del
medesimo, potenzialmente utilizzabile per l’offesa alla persona. Tale motivazione, logica e congrua, è stata aggredita dalla difesa con argomentazioni meramente fattuali, che rimandano a una indimostrata destinazione dello strumento a non meglio precisate incombenze lavorative dell’imputato, di tal che i rilievi in parola si palesano del tutto inammissibili in questa sede.
1.2.2. Quanto all’ipotesi del fatto di lieve entità, il suo riconoscimento non risulta essere stato espressamente richiesto nel corso del giudizio di appello, sicché la relativa deduzione difensiva, peraltro solo genericamente articolata, risulta inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. (così Sez. 2, n. 26721 del 26/04/2023, COGNOME, Rv. 284768 – 02).
1.3. Venendo, indi, al secondo motivo, con cui la difesa lamenta la violazione dell’art. 29 cod. pen., la censura deve, invece, ritenersi fondata.
Infatti, la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici non può, nel caso in esame, conseguire di diritto alla sentenza di condanna, avendo il giudice determinato la pena al di sotto del limite previsto dall’art. 29 cod. pen.
Gli effetti dell’annullamento della sentenza di appello sul punto devono essere estesi al coimputato in virtù della regola posta dall’art. 587 cod. proc. pen., a mente del quale, nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato, l’impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati.
1.4. La domanda, formulata in via subordinata, di riconoscimento delle attenuanti generiche è, invece, inammissibile.
Essa, infatti, non contiene alcuna specifica censura rivolta alla sentenza di appello, risolvendosi in una mera richiesta di applicazione del beneficio, che pacificamente non può essere avanzata in sede di legittimità.
Venendo al ricorso per NOME COGNOME e ribadito, nei suoi confronti, l’effetto estensivo dell’annullamento senza rinvio disposto in accoglimento del secondo motivo del ricorso proposto dal coimputato, le doglianze articolate con il relativo atto di impugnazione sono inammissibili.
2.1. Il primo motivo, con cui la difesa deduce violazione del divieto di reformatio in peius, è manifestamente infondato.
Invero, nel giudizio di appello l’imputato è stato riconosciuto colpevole in relazione al solo capo B), per il quale la Corte territoriale ha ricieterminato la pena del tutto correttamente, non essendo essa vincolata alla misura che il Giudice di primo grado aveva stabilito, ai sensi dell’art. 81 cod. pen., a titolo di aumento rispetto alla pena inflitta per il reato di cui al capo A). Va, infatti, ribadito che n viola il divieto di reformatio in peius previsto dall’art. 597 cod. proc. pen. il giudice dell’impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato (come avviene se la regiudicanda satellite diventa quella più grave o cambia la
qualificazione giuridica di quest’ultima), apporta per unc dei fatti unificati dall’identità del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore (Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, C., Rv. 258653 – 01).
Manifestamene infondata è anche la censura riguardante il bilanciamento delle circostanze. Nel caso di specie, infatti, il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti discende da una espressa valutazione discrezionale compiuta dalla Corte territoriale che, in ragione della gravità della condotta e dei precedenti penali dell’imputato, ha escluso, in concreto, la meritevolezza di una mitigazione del trattamento sanzionatorio. Le considerazioni difensive sul punto, motivate con l’insussistenza di divieti normativi, pertanto, non sono affatto pertinenti e nascondono, in definitiva, un approccio meramente rivalutativo rispetto alle non illogiche valutazioni operate in sede di merito.
2.2. Quanto, infine, al secondo motivo, con cui la difesa prospetta un vizio di motivazione in relazione alla omessa determinazione della pena base del reato, le censure devono ritenersi manifestamente infondate.
La determinazione della pena è, infatti, avvenuta con giudizio di equivalenza delle circostanze attenuanti con le circostanze aggravanti, sicché la pena che è stata applicata è unicamente quella prevista per il reato base.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto limitatamente alla pena accessoria, applicata ai due imputati, dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, con eliminazione della stessa ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. /), cod. proc. pen. Nel resto, i ricorsi devono essere, invece, dichiarati inammissibili.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, che elimina. Dichiara inammissibili i ricorsi nel resto.
Così deciso in data 12 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Preside