Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7370 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 7370  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata a Termini Imerese in data DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del Giudice di pace di Termini Imerese in data 17/05/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobr 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi. 
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del Giudice di pace di Termini Imerese in data 17 maggio 2023, NOME COGNOME e NOME COGNOME furono condannati alla pena di 700 euro di multa in quanto riconosciuti colpevoli, con le attenuanti generiche, dei reati previsti dagli artt. 110 e 689 cod. pen., perché, in concorso morale e materiale tra loro, nella qualità di gestori ed esercenti attività di pubblico spacci di bevande, avevano somministrato, all’interno dell’esercizio denominato RAGIONE_SOCIALE, di NOME COGNOME COGNOME, sito in Termini Imerese, luogo aperto al
pubblico, bevande alcoliche ad alcune minori degli anni sedici; fatti avvenuti in Termini Imerese il 12 febbraio 2022.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto identici ricorsi per cassazione i due imputati a mezzo del comune difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, i ricorsi lamentano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., l’esercizio, da parte del primo Giudice, di una potestà riservata dalla legge ad organi amministrativi. Il Giudice di pace di Termini Imerese avrebbe ecceduto dai poteri conferitigli dalla legge nell’applicare una sanzione accessoria di competenza di altra autorità, senza che dalla motivazione sia dato comprendere nei confronti di quale imputato essa sia stata disposta.
2.2. Con il secondo motivo, i ricorsi censurano, ex art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la inosservanza di norme processuali con riferimento all’art. 545 cod. proc. pen., avendo il Giudice di pace pronunciato sentenza con motivazione contestuale senza che in aula ne sia stata data lettura, con violazione delle norme processuali circa la formulazione della sentenza e la conoscenza fornita alle parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 I ricorsi sono inammissibili.
Quanto al primo motivo, il Giudice 01 pace ha disposto la sospensione dall’esercizio della professione per la durata di 3 mesi.
La sentenza ha, dunque, fatto applicazione della pena accessoria prevista dall’ultimo comma dell’art. 689 cod. pen., la cui competenza, al pari di tutte le ipotesi di «sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte», appartiene al giudice penale secondo la previsione generale dell’art. 35 cod. pen. e al giudice di pace alla luce del disposto dell’art. 4, comma 2, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
La natura della sanzione de qua, consistente nella sospensione dall’esercizio della professione, comporta che la stessa sia stata disposta nei confronti di entrambi gli imputati, che hanno concorso nella commissione dell’illecito contra vvenziona le.
Venendo al secondo motivo di doglianza, dalla lettura del testo della sentenza si evince l’avvenuto deposito in udienza del dispositivo e della motivazione del provvedimento.
Ne consegue che la mancata lettura della motivazione è stata solo affermata dai ricorrenti, ma non documentata in alcun modo.
In ogni caso, se è vero che, a mente dell’art. 545, comma 2, cod. proc. pen., in caso di motivazione contestuale deve far:si luogo alla lettura, subito dopo il dispositivo, anche della motivazione, deve, nondimeno, riconoscersi che la violazione del relativo obbligo non è presidiata da alcuna sanzione di nullità, che, come noto, soggiace al principio di tassatività stabilito dall’art. 177 cod. proc. pen. Pertanto, deve ritenersi che la mancata lettura della motivazione inciderebbe soltanto sul termine per la proposizione dell’impugnazione.
Ne consegue, conclusivamente, la manifesta infondatezza della relativa censura.
Sulla base delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativannente fissata in 3.000,00 euro.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in data 16 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente