Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 4768 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 4768 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
AVV_NOTAIO Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia
NOME COGNOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/07/2023 del G.i.p. del Tribunale di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 luglio 2023, il G.i.p. del Tribunale di Brescia, decidendo ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a NOME COGNOME la pena di anni quattro di reclusione e 18.000 euro di multa per il delitto di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO Generale della Repubblica e l’imputato.
2.1. Il pubblico ministero lamenta l’illegalità della pena conseguente all’omessa applicazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
2.2. L’imputato lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del pubblico ministero è fondato e va accolto, mentre va dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato.
Cominciando dalla disamina di quest’ultimo, va infatti rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è stato proposto al di fuori dei casi consentiti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (cfr. Sez. 5, ord. n. 28604 del 04/06/2018, Innran, Rv. 273169; Sez. 6, ord. n. 8912 del 20/02/2018 S., Rv. 272389; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014), che, in deroga a quanto in via generale stabilito dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen., dispone che contro la sentenza di patteggiannento può essere proposto ricorso per cassazione «solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra l richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegal della pena o della misura di sicurezza». I motivi dedotti non rientrano infatti tra quelli per cui permane l’eccezionale possibilità di ricorrere per cassazione.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il ricorso proposto dal AVV_NOTAIO generale della Repubblica è invece ammissibile ed è anche fondato.
3.1. Prima delle modifiche introdotte dalla c.d. riforma Cartabia era consolidato l’orientamento secondo cui è ammissibile il ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento con cui si censuri l’omessa applicazione di una pena accessoria, ove questa debba essere obbligatoriamente disposta, a nulla rilevando che non se ne faccia menzione nell’accordo, poiché si tratta di una statuizione non negoziabile tra le parti (Sez. 3, n. 30285 del 19/04/2021, COGNOME Bardnn Rv. 281858; Sez. 4, n. 28905 del 11/06/2019, COGNOME, Rv. 276374; Sez. 6, n. 8723 del 06/02/2013, COGNOME, Rv. 254689; Sez. 4, n. 23134 del 14/05/2008, COGNOME, Rv. 240304).
3.2. Ad avviso del Collegio, questa conclusione dev’essere ribadita anche con riguardo al nuovo quadro normativo delineato dalla riforma.
Nella versione risultante dall’art. 25 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 applicabile ratione temporis nel presente procedimento – l’art. 444, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce, per quanto qui interessa e al di fuori della speciale disciplina dettata dal successivo comma 3-bis per i delitti contro la pubblica amministrazione ivi indicati, che, nel caso di richiesta di applicazione pena non superiore a cinque anni, soli o congiunti a pena pecuniaria, «l’imputato e il pubblico ministero possono altresì chiedere al giudice di non applicare le pene accessorie o di applicarle per una durata determinata». In disparte il fatto che, interpretando la nuova disposizione, questa Corte ha già avuto modo di affermare come la clausola del patteggiamento che determina il contenuto e la durata delle sanzioni amministrative accessorie deve ritenersi come non apposta, non essendo la loro applicazione nella disponibilità delle parti (Sez. 4, n. 48556 del 14/11/2023, Coppolaro, Rv. 285426), nel caso di specie le parti nulla hanno concordato con riguardo alle pene accessorie.
3.3. L’applicazione concordata della pena di anni quattro di reclusione, dunque, ai sensi dell’art. 29, primo comma, cod. pen. imponeva senza dubbio l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
Trattandosi di effetto necessariamente conseguente alla pronuncia di una sentenza di applicazione di pena detentiva superiore a due anni – per le pene inferiori a tale limite vale invece la previsione di cui all’art. 445, comma 1, cod proc. pen. – e non essendo consentito alcun potere discrezionale, nemmeno nella individuazione della durata, ai sensi dell’art. 620, lett. I), cod. proc. pen., sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio limitatamente all’omessa all’applicazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici, che in questa sede si dispone per la durata di anni cinque.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici, pena che dispone per la durata di cinque anni.
Dichiara inammissibile il ricorso dell’imputato che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 9 gennaio 2024 .
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