Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3048 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3048 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BRESCIA
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 04/12/1990
inoltre:
CIOCCA NOME
avverso la sentenza del 17/07/2024 del GIP TRIBUNALE presso il TRIBUNALE di BERGAMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento in parte senza rinvio della sentenza impugnata nella Parte in cui ha omesso di applicare la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per anni cinque.
RITENUTO IN FATTO
Il G.u.p. presso il Tribunale di Bergamo, ad esito di rito abbreviato, ha condannato NOME alla pena di anni tre di reclusione ed euro 600,00 di multa per il delitto allo stesso ascritto ai sensi degli artt. 110, 61 n. 5, 640, comma secondo, cod. pen.
Avverso la predetta decisione ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Brescia, deducendo con un unico motivo di ricorso la ricorrenza di violazione di legge in relazione alla omessa applicazione degli art. 28 e 29 cod. pen., attesa l’intervenuta condanna del COGNOME COGNOME alla pena di anni tre di reclusione ed euro 600,00 di multa, avrebbe dovuto essere applicata la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. Il Tribunale ha omesso di pronunciarsi sul punto.
Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ai sensi dell’art. 611, commi 1-bis e 1-ter, cod. proc. pen., il Procuratore generale ha depositato conclusioni in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, per le ragioni che si andranno ad evidenziare. Ne consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, che deve essere disposta per la durata di anni cinque.
Dalla motivazione della sentenza impugnata, oltre dal dispositivo, emerge la fondatezza del rilievo della parte pubblica ricorrente, avendo il Tribunale omesso di disporre la sanzione accessoria, prevista in misura fissa quanto al caso in esame.
Si deve in tal senso ribadire il principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo il quale: “La Corte di cassazione, ove rilevi GLYPH l’illegittima GLYPH omessa GLYPH applicazione GLYPH di GLYPH pena GLYPH accessoria predeterminata nella durata, pronuncia l’annullamento senza rinvio ai sensi dell’art. 620, lett. I), cod. proc. pen., mentre non può ricorrere alla rettificazione di cui all’art. 619 comma 2, cod. proc. pen. (In motivazione la Corte ha specificato che il presupposto della
rettificazione consiste nell’esigenza di emendare solamente la specie o qualità della pena, mentre l’omissione di quest’ultima, integrante un vizio della sentenza, rende la decisione carente di una disposizione necessaria) (Sez. U, n. 47502 del 29/09/2022, PG/ COGNOME, Rv. 283754-02). Nel caso in esame può dunque essere disposta in questa sede, ai sensi dell’art. 620, lett. I), cod. proc. pen., la pena accessoria attesa la misura fissa della stessa.
Le Sez. U hanno sul tema affermato, con argomentazioni che si intendono ribadire, che: “in termini più generali, la coesistenza dei due mezzi nell’ordinamento è stata affermata con riguardo all’intera categoria delle pene accessorie, differenziandosene l’operatività in base alla diversa fase processuale nella quale è possibile ricorrere all’uno o all’altro degli interventi. Si è osservato in particolare che il procedimento di esecuzione previsto dall’art. 183 disp. att. cod. proc. pen. presuppone, in quanto tale, il passaggio in giudicato della sentenza nella quale sia stata omessa l’applicazione di una pena accessoria, con il conseguente passaggio alla fase esecutiva. La conseguente limitazione a questa fase della praticabilità di detta procedura non consente, pertanto, di attribuire alla relativa previsione il carattere di esclusività ravvisato dall’opposto orientamento, dovendosi intendere invece la stessa come disposizione che consente di intervenire sull’omissione in fase esecutiva, rimanendo non preclusa la possibilità di provvedervi prima del passaggio in giudicato della sentenza con gli ordinari mezzi di impugnazione e, quindi, anche con il ricorso per cassazione (Sez. 6, n. 1578 del 26/11/2020, COGNOME, Rv. 280582). Per altro profilo, nelle pronunce che aderiscono all’indirizzo in esame, l’esperibilità del ricorso per cassazione è stata ritenuta in base all’esistenza, nella disciplina del giudizio di legittimità, di norme che consentono alla Corte di cassazione di applicare direttamente la pena accessoria omessa. In tal senso, il riferimento è in primo luogo all’art. 620, lett. I, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 1, comma 67, legge 23 giugno 2017, n. 103, che prevede quale caso di annullamento senza rinvio quello in cui la Corte ritiene, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, di adottare nello stesso giudizio di cassazione i provvedimenti necessari a sanare il vizio rilevato (Sez. 5, n. 16162 del 17/01/2022, Aragon, Rv. 283013; Sez. 2, n. 42003 del 24/09/2021, Mahmood COGNOME, Rv. 282206; Sez. 6, COGNOME, in precedenza citata).
Le Sezioni Unite ritengono condivisibile il secondo degli orientamenti in contrasto, nei termini e con le precisazioni che saranno di seguito esposti. 5. Nelle pronunce a sostegno della tesi dell’ammissibilità del ricorso per cassazione del pubblico ministero, segnatamente in quelle che sembrano articolare essenzialmente il loro ragionamento sul potere attribuito alla Corte Suprema dall’art. 620, lett. /), cod. proc. pen., è in realtà sotteso un ulteriore e più incisivo argomento. Esso era stato per il vero espresso in una precedente decisione (Sez. 1, n. 7909 del 22/01/2013, Imberbe, Rv. 254916), e richiamato in altra di poco successiva (Sez. 6, n. 3253 del 21/01/2016, Rebai, Rv. 266501), quale elemento determinante per giungere alla conclusione della praticabilità del ricorso in sede di legittimità. Si tratta di una considerazione che valorizza in termini logico-sistematici proprio la previsione, ai sensi dell’art. 183 disp. att. cod. proc. pen., della possibilità di adire il giudice dell’esecuzione per rimediare all’omessa applicazione della pena accessoria. Se tanto è consentito in fase esecutiva dopo che la sentenza è divenuta irrevocabile – si osservava nelle decisioni appena citate non vi è alcuna ragione per ritenere che analoga richiesta non possa essere proposta nel giudizio di cognizione, con i mezzi di impugnazione ivi previsti, prima che sulla decisione si sia formato il giudicato. Orbene, lo stesso percorso argomentativo è esplicitamente riproposto in una delle più recenti pronunce dell’orientamento favorevole all’ammissibilità del ricorso per cassazione, ossia la sentenza COGNOME unitamente ai riferimenti alla facoltà della Corte di cassazione di provvedere all’applicazione della pena accessoria con annullamento senza rinvio ai sensi dell’art. 620, lett. I), cod. proc. pen. Questo conferma che tale disposizione è intesa, nell’indirizzo giurisprudenziale in esame, come lo strumento normativo che consente, prima del passaggio alla fase esecutiva ed alla conseguente esperibilità del rimedio di cui all’art. 183 disp. att. cod. proc. pen., di svolgere una funzione correttiva dell’omissione già esistente ed operante nel giudizio di cognizione. Siffatta funzione, o per meglio dire la sua sussistenza nella fase della cognizione fino al giudizio di legittimità, logicamente presupposta dalla possibilità di esercitarla anche nella fase dell’esecuzione, è pertanto sostanzialmente individuata come il reale fondamento della facoltà del pubblico ministero di proporre il ricorso per cassazione in materia. Questa ricostruzione è logicamente rafforzata dalla considerazione, pure svolta dalla giurisprudenza di legittimità come detto in precedenza, per la
quale la proponibilità della richiesta al giudice dell’esecuzione è limitata dall’art. 183 disp. att. cod. proc. pen. ai casi nei quali la pena accessoria omessa consegue di diritto alla condanna e ne sono predeterminate la specie e la durata. Si tratta di condizioni evidentemente ritenute dal legislatore necessarie per l’intervento in fase esecutiva, in quanto comportano l’insussistenza di alcuna valutazione discrezionale sull’applicabilità e la commisurazione della pena accessoria. Ma la presenza di queste limitazioni dell’accesso al giudice dell’esecuzione rende coerente la conclusione nei termini dell’esistenza di una ampia e completa facoltà di intervento riparatorio nella precedente fase della cognizione, nella quale è compresa la possibilità di far rilevare l’omissione, sfuggita al giudizio di merito, con il ricorso per cassazione.
Queste considerazioni delineano complessivamente una visione sistematica nella quale il rimedio all’omessa applicazione della pena accessoria è innanzitutto quello fornito dalle ordinarie impugnazioni praticabili nel giudizio di cognizione, fino al ricorso per cassazione. Qualora la sentenza di condanna divenga definitiva senza che la pena accessoria sia stata disposta, il sistema consente tuttavia di intervenire sull’omissione anche nella fase esecutiva, purché ricorrano le condizioni che rendono tale intervento compatibile con detta fase, con riguardo all’automaticità della pena accessoria ed alla predeterminazione della sua specie e della sua durata in conseguenza della condanna. Contrariamente a quanto sostenuto dal primo dei due orientamenti in conflitto, questa possibilità non preclude il ricorso per cassazione sul punto. I due rimedi sono anzi complementari, nelle diverse e successive fasi nelle quali si collocano, nel garantire la più ampia opportunità che la pena accessoria, prevista dalla legge, sia effettivamente applicata ove ne sussistano i presupposti. Tale obiettivo, in primo luogo, risponde indubbiamente alla necessità di assicurare la piena realizzazione del contributo alla funzione di individualizzazione del trattamento sanzionatorio, riconosciuto alla pena accessoria dalla Corte costituzionale (Corte cost., sent. n. 222 del 2018) con riguardo alla commisurazione non rigida della durata delle pene accessorie previste dalla legge fallimentare. Dal punto di vista applicativo, il sistema in tal modo configurato è per altro verso conforme ai principi individuati dalle Sezioni Unite in tema di eseguibilità, in caso di annullamento parziale della sentenza di condanna impugnata con ricorso per cassazione, delle disposizioni sanzionatorie della sentenza relative a capi divenuti irrevocabili e non
essenzialmente connessi con quelli oggetto dell’annullamento (Sez. U, n. 3423 del 29/10/2020, COGNOME, Rv. 280261). Viene in rilievo a questo proposito, in particolare, quanto osservato nella decisione appena menzionata sulle caratteristiche di eseguibilità della pena accessoria, quale effetto penale della sentenza di condanna, in qualsiasi momento successivo alla formazione del giudicato. Ma rilevano, altresì, le osservazioni formulate in quella sede sull’ininfluenza della pena accessoria rispetto all’esecuzione della pena principale, rimarcata dal non essere la prima soggetta alla prescrizione, e sulla mancanza di alcun profilo di interferenza, con l’esecuzione della pena principale, delle modalità esecutive della pena accessoria, che trovano il loro specifico statuto nella disciplina dettata dall’art. 662 cod. proc. pen. In questa cornice sistematica, la risposta al quesito sull’ammissibilità del ricorso per cassazione, al fine di far rilevare in sede di legittimità l’omessa applicazione di una pena accessoria, non può che essere positiva.”.
4. Ciò premesso, occorre ribadire che l’omessa applicazione della pena accessoria costituisce un vero e proprio vizio della sentenza di condanna, che risulta privata di una sua disposizione necessaria per legge. Dunque, esclusa la possibilità di considerare l’omissione in esame come un erro materiale correggibile con lo strumento offerto al giudice di legittimità, a questi fini, dall’art. 619, non rimane che considerare la stessa come un vizio rimediabile con l’ordinario esito dell’annullamento della sentenza impugnata in accoglimento del ricorso. Questo esito può di conseguenza assumere la forma dell’annullamento senza rinvio, ove ricorrano i requisiti previsti per tale provvedimento dall’art. 620, lett. l), cod. proc. pen., nell’attuale formulazione introdotta dall’art. 1, comma 67, legge 23 giugno 2017, n. 103. Tali requisiti sono stati definiti dalle Sezioni Unite come sussistenti in tutti i casi nei quali il rinvio sia superfluo, potendo la Corte di cassazione decidere anche con valutazioni discrezionali, purché condotte sulla base degli elementi di fatto accertati e delle statuizioni adottate dal giudice di merito, e a condizione che non siano necessari ulteriori accertamenti (Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271831).
Orbene, non vi è dubbio che siffatte condizioni siano ravvisabili ove, come nel caso di specie, la pena accessoria omessa segua di diritto alla condanna e sia predeterminata nella specie e nella durata. In
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questa fattispecie concreta, infatti, la statuizione di condanna, già pronunciata dal giudice di merito, implica l’irrogazione di una determinata pena accessoria per una durata altrettanto determinata, e nessun ulteriore accertamento è necessario.
In base a quella statuizione, non può giungersi pertanto ad altro risultato che all’applicazione della pena accessoria, annullando senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui tale applicazione non sia stata disposta (diversamente deve concludersi, naturalmente, nelle situazioni in cui l’applicazione della pena accessoria non sia automatica per effetto della sola condanna, o la pena abbia una durata non fissa, ma determinabile in concreto dal giudice; in questi casi, se gli accertamenti e le statuizioni del giudice di merito non consentono di assumere in sede di legittimità determinazioni sull’applicazione della pena accessoria, o sulla quantificazione della sua durata, in base ad una valutazione discrezionale che sia vincolata in senso univoco dal contenuto di tali accertamenti e statuizioni, l’annullamento della sentenza impugnata non potrà che essere pronunciato con rinvio, affidando al giudice a quo tali determinazioni).
In conclusione, atteso che la pena detentiva irrogata all’imputato è superiore a tre anni, ma inferiore a cinque anni di reclusione, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia avrebbe dovuto disporre nei riguardi del prevenuto l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea per la durata di cinque anni, giusta la previsione dell’art. 29 cod. pen.
Alla luce delle considerazioni innanzi esposte va pronunciato l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., limitatamente alla omessa applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque, pena accessoria che dispone.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici che dispone per la durata di anni cinque.
Così deciso il 11/12/2024.