Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 38259 Anno 2024
RITENUTO IN FATTO
Penale Sent. Sez. 2 Num. 38259 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
1.Con la sentenza in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia ha applicato ai ricorrenti e ad altri imputati, la pena concordata tra le parti, ai sensi degli artt. 444 e segg. cod. proc. pen., in relazione ai delitti, rispettivamente ascritti, di riciclaggio (COGNOME NOME, capo N), bancarotta fraudolenta e ricorso abusivo al credito (COGNOME NOME, capi A e
Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo dei loro rispettivi difensori e con distinti atti.
COGNOME NOME.
3.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione di legge per non avere il GIP sollevato d’ufficio il conflitto di competenza, stante la presenza di due diverse sentenze che avevano ritenuto e poi negato la competenza dell’autorità giudiziaria di Napoli.
3.2. Con il secondo motivo, si eccepisce la prescrizione, maturata prima della sentenza impugnata, dei fatti di riciclaggio commessi nel 2007.
NOME.
4.1. Con unico motivo di ricorso, si deduce violazione di legge per avere il GIP applicato al ricorrente, senza che fosse stata concordata tra le parti, la pena accessoria prevista dall’art. 216, comma 4, Legge Fallimentare, per tali ragioni da ritenersi pena illegale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di COGNOME NOME è inammissibile perché proposto per motivi in parte non consentiti ed in parte generici.
È, invece, fondato, il ricorso di NOME.
1.COGNOME NOME.
1.1. Quanto al primo motivo, la mancata statuizione del GIP, che rnon ha sollevato conflitto negativo di competenza, è questione che rimane travolta Clal rito prescelto e non rientra tra quelle che possono formare oggetto di ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.
1.2. Quanto al secondo motivo, deve ricordarsi che in tema di patteggiamento, la maturata prescrizione di uno dei reati unificati dalla continuazione, non è deducibile né rilevabile d’ufficio in sede di legittimità, in quanto rión determina, sensi del novellato art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’illegalità della pena concordata, che risulta, anche per la frazione relativa a tale reato, conforme alla
volontà delle parti ed a quanto previsto dalla legge in relazione all qualificazion giuridica del fatto (in motivazione la Corte ha precisato che sussiste l’illegalità del pena concordata nel diverso caso in cui essa violi le norme chè disciplinano il trattamento sanzionatorio del reato; Sez. 6, Sentenza n. 5210 del 11/12/2018, dep. 2019, Chiumiento, Rv. 275027).
In ogni caso – ed a fronte di una contestazione di riciclaggio continuato che, quanto al tempo del commesso reato, indica il periodo compreso tra il 9 Ottobre 2007 ed il 24 gennaio 2011 – il ricorso non tiene conto e neanche contesta che siano intervenuti periodi di interruzione del termine di prescrizione, indicati nel capo imputazione e diversi rinvii dell’udienza davanti al GIP.
Tanto assorbe ogni diversa considerazione difensiva, anche in relazione al contenuto della memoria.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa della stessa ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
2.NOME.
2.1. Quanto al primo ed unico motivo di ricorso, si rileva che la pena accessoria applicata dal GIP non era contemplata nell’accordo delle parti.
Ne consegue che al caso in esame deve applicarsi il principio di diritto secondo il quale, in tema di patteggiamento, è ammissibile il ricorso per cassazione proposto per violazione di legge con riferimento alle pene accessorie (nella specie, quelle previste dagli artt. 29 cod. pen. e 216, u. co., I. fall.) che non hanno format oggetto dell’accordo tra le parti, non operando in questo caso la disposizione dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 49477 del 13/11/2019, Letizia, Rv. 277552).
Per il che, la sentenza deve essere annullata senza rinvio, con eliminazione, ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. I, cod. proc. pen., della pena accessoria applicata.
Infatti, in tema di patteggiamento, l’annullamento della statuizione relativa alla applicazione delle pene accessorie illegali, perché in difetto dei presupposti di legge, non concordate dalle parti, determina l’eliminazione di tali sanzioni senza travolgere l’accordo e l’intera sentenza (Sez. 5, Sentenza n. 19400 del 24/03/2021, Tuci, Rv. 281263).
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla pena accessoria prevista dall’art. 216, comma 4, L.F., che elimina.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 11.09.2024.