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Pedaggio non pagato: quando scatta la truffa

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per truffa per aver evaso il pedaggio non pagato accodandosi ad altri veicoli. La Corte ha confermato che tale condotta, nota come ‘trenino’, costituisce un raggiro idoneo a integrare il reato di truffa e non quello di insolvenza fraudolenta, respingendo le argomentazioni difensive su vizi procedurali e sulla mancanza di dolo.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pedaggio non pagato al casello: la Cassazione conferma, è truffa

Il fenomeno del pedaggio non pagato è una problematica diffusa sulle nostre autostrade. Una delle tecniche più comuni è quella del cosiddetto ‘trenino’, che consiste nell’accodarsi al veicolo che precede per superare la sbarra prima che si abbassi. Ma quale reato si configura in questi casi? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza, confermando che tale condotta integra il delitto di truffa.

I fatti del caso: il ‘trenino’ al casello autostradale

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un automobilista condannato sia in primo grado dal Tribunale di Pesaro sia in appello dalla Corte d’Appello di Ancona per il reato di truffa. L’imputato aveva sistematicamente evaso il pagamento del pedaggio autostradale utilizzando la tecnica del ‘trenino’: si avvicinava pericolosamente al veicolo davanti a sé al casello, sfruttando l’apertura della sbarra per transitare senza pagare. L’uomo ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la qualificazione giuridica del fatto e sollevando questioni procedurali.

I motivi del ricorso: tra vizi procedurali e qualificazione del reato

La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso su tre principali motivi:
1. Motivazione apparente: Si lamentava che la Corte d’Appello si fosse limitata a confermare la sentenza di primo grado senza rispondere in modo specifico alle critiche sollevate, in particolare riguardo all’assenza degli elementi costitutivi della truffa.
2. Inutilizzabilità della querela: Si sosteneva che la querela della società di gestione autostradale fosse stata acquisita agli atti solo per verificare la procedibilità dell’azione penale e non come prova, rendendo quindi il suo contenuto inutilizzabile per dimostrare la colpevolezza.
3. Errata qualificazione giuridica: Secondo la difesa, il fatto doveva essere qualificato come insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.) e non come truffa (art. 640 c.p.), poiché l’azione fraudolenta (il mancato pagamento) avveniva dopo aver usufruito del servizio (il transito in autostrada). Si adduceva inoltre la mancanza di dolo, giustificata da uno stato di difficoltà economica, e l’avvenuto pagamento del debito prima della condanna, che avrebbe dovuto estinguere il reato.

La decisione della Cassazione sul pedaggio non pagato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo tutti i motivi manifestamente infondati. I giudici hanno smontato punto per punto le argomentazioni difensive, fornendo importanti chiarimenti sulla corretta interpretazione della legge.

Sul piano procedurale, la Corte ha osservato che l’accordo tra le parti per l’acquisizione della querela non può che riferirsi al suo contenuto probatorio, e che in ogni caso la difesa non aveva dimostrato come l’esclusione di tale atto avrebbe potuto cambiare l’esito del processo, dato che vi erano altri elementi di prova sufficienti.

Le motivazioni: Perché accodarsi è un raggiro che integra la truffa

Il cuore della decisione risiede nella qualificazione del fatto come truffa. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: l’atto di accodarsi a un altro veicolo è un modus operandi astuto e ingannevole, un vero e proprio ‘raggiro’ finalizzato a eludere il sistema di pagamento automatizzato. Questo comportamento induce in errore il sistema stesso, procurandosi un ingiusto profitto (il risparmio del pedaggio) con altrui danno (la perdita economica per la società concessionaria).

La Corte ha precisato che non si tratta di semplice insolvenza fraudolenta, che si configura quando un soggetto contrae un’obbligazione con l’intento di non adempierla, ma senza porre in essere specifici artifizi. Nel caso del ‘trenino’, l’automobilista non si limita a non pagare, ma attua una strategia ingannevole per superare la barriera, integrando pienamente gli elementi costitutivi del reato di truffa.

Le conclusioni: Implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza consolida un principio giuridico chiaro: chi evade il pedaggio non pagato utilizzando stratagemmi come il ‘trenino’ commette il reato di truffa, punito più severamente dell’insolvenza fraudolenta. La giustificazione di essere in difficoltà economica non è sufficiente a escludere il dolo, e il pagamento successivo del debito non estingue il reato di truffa una volta che questo si è consumato. La decisione serve da monito, sottolineando che l’utilizzo di ‘furbizie’ per eludere i pagamenti dovuti ha conseguenze penali serie, che vanno oltre la semplice sanzione amministrativa.

Accodarsi a un’altra auto al casello per non pagare il pedaggio è un reato?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che questa condotta costituisce il reato di truffa ai sensi dell’art. 640 del codice penale, in quanto l’azione di accodarsi è considerata un raggiro finalizzato a ottenere l’ingiusto profitto del mancato pagamento.

Qual è la differenza tra truffa e insolvenza fraudolenta in questo caso?
La truffa richiede l’uso di ‘artifizi o raggiri’ (come accodarsi a un’altra auto) per indurre in errore e ottenere un vantaggio. L’insolvenza fraudolenta, invece, consiste nel contrarre un’obbligazione con l’intento di non adempierla, ma senza necessariamente porre in essere una specifica azione ingannevole al momento del mancato pagamento. La Corte ha ritenuto che il ‘trenino’ sia un raggiro attivo, e quindi truffa.

Pagare il pedaggio in un secondo momento cancella il reato?
No. Secondo la sentenza, per il reato di truffa, l’adempimento tardivo dell’obbligazione non ha l’effetto di estinguere il reato, che si considera già perfezionato nel momento in cui, tramite il raggiro, si è conseguito il profitto ingiusto. Questa causa di estinzione è prevista per l’insolvenza fraudolenta, ma non per la truffa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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