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Peculato tabaccaio: quando l’omesso versamento è reato

Un esercente di rivendita di generi di monopolio è stato condannato per peculato per non aver versato le somme incassate per la vendita di marche da bollo. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando che il caso in esame non costituisce un semplice ritardo, ma una vera e propria appropriazione. La sentenza sul peculato tabaccaio ha inoltre escluso l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a causa dei limiti edittali della pena prevista per questo reato.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato Tabaccaio: Quando il Mancato Versamento Diventa Reato

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 39225 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza pratica: il peculato tabaccaio. La pronuncia offre un’importante chiave di lettura per distinguere un semplice ritardo nel versamento delle somme dovute all’erario da una vera e propria appropriazione indebita penalmente rilevante. Il caso riguarda la condanna di un’esercente per non aver riversato i proventi derivanti dalla vendita telematica di marche da bollo, una situazione che la Corte ha qualificato come peculato a tutti gli effetti.

I Fatti del Caso: L’omesso Versamento delle Somme Riscosse

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condotta di un’esercente di una rivendita di generi di monopolio, la quale, in qualità di intermediario abilitato, aveva omesso di versare all’erario le somme incassate dalla vendita di marche da bollo per un importo complessivo di circa 4.250 euro. La Corte d’appello di Bologna aveva confermato la condanna per il reato di peculato, previsto dall’art. 314 del codice penale.

I Motivi del Ricorso: Tra Mera Dimenticanza e Tenuità del Fatto

L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Errata applicazione della legge penale: La difesa sosteneva che non si trattasse di peculato, ma di un semplice omesso versamento, in quanto la somma era stata pagata quattro mesi dopo la diffida dell’Agenzia delle Entrate. Questo comportamento, a dire della difesa, non dimostrava un’intenzione di appropriarsi del denaro.
2. Mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.): Si contestava la decisione dei giudici di merito di non riconoscere la particolare tenuità del fatto, nonostante fosse stata concessa un’altra attenuante per fatti di lieve entità.
3. Vizio di motivazione sulla pena: La difesa lamentava una carenza di motivazione riguardo alla determinazione della pena inflitta.

La Decisione della Cassazione sul Peculato Tabaccaio

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto, confermando integralmente la condanna. La sentenza è cruciale perché traccia una linea netta tra ritardo e appropriazione, chiarendo i presupposti del reato di peculato tabaccaio.

La Differenza tra Ritardo e Appropriazione Definitiva

Il primo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Cassazione ha evidenziato un fatto decisivo: l’imputata non aveva mai versato volontariamente la somma, nemmeno in ritardo. Il denaro era stato recuperato dall’amministrazione finanziaria solo attraverso l’escussione del fideiussore. Il protrarsi dell’inadempimento, anche dopo la ricezione di una formale diffida, ha smentito la tesi difensiva della “mera dimenticanza”, dimostrando invece una volontà di ritenzione definitiva delle somme. Si tratta quindi di una vera e propria interversione del possesso, elemento costitutivo del peculato.

L’Inapplicabilità della Causa di Non Punibilità (Art. 131-bis c.p.)

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ricordato che l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. è preclusa dai limiti di pena previsti per il reato di peculato. La norma, sia nella sua formulazione originaria che in quella successiva alla riforma Cartabia, non consente di applicare la causa di non punibilità a reati che, come il peculato, prevedono una pena detentiva minima di quattro anni. Tale soglia è superiore a quella massima (due anni nel minimo) prevista dalla legge per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara distinzione fattuale e giuridica. A differenza dei casi in cui si verifica un mero ritardo nel versamento, qui la condotta dell’imputata ha manifestato una volontà definitiva di non adempiere al proprio obbligo. Il fatto che l’amministrazione abbia dovuto attivare una garanzia esterna (il fideiussore) per recuperare le somme è stata la prova decisiva dell’appropriazione. La Corte ha così ribadito che l’obbligo di versamento per l’incaricato di pubblico servizio non ammette deroghe e la sua violazione, quando non si risolve in un semplice ritardo ma in una ritenzione prolungata e ostinata, integra pienamente il delitto di peculato. Infine, il terzo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile anche per una ragione procedurale: non era stato sollevato nel precedente grado di giudizio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Esercenti

La sentenza in commento rappresenta un monito per tutti gli esercenti incaricati della riscossione di somme per conto dello Stato. Il mancato versamento non può essere considerato una semplice irregolarità amministrativa o una “dimenticanza”. Quando l’omissione diventa definitiva e dimostra la volontà di trattenere per sé il denaro pubblico, le conseguenze penali sono gravi e inevitabili. La pronuncia conferma la rigidità della giurisprudenza in materia di peculato tabaccaio, sottolineando che i limiti edittali del reato impediscono di ricorrere a istituti favorevoli come la particolare tenuità del fatto.

Quando il mancato versamento delle somme da parte di un tabaccaio diventa peculato e non un semplice illecito amministrativo?
Diventa peculato quando la condotta non si configura come un mero ritardo, ma come una ritenzione definitiva e volontaria delle somme. Nel caso di specie, il fatto che l’imputata non abbia pagato nemmeno dopo una formale diffida e che il recupero sia avvenuto solo tramite l’escussione di un fideiussore ha dimostrato la volontà di appropriarsi del denaro.

È possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) al reato di peculato?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che i limiti di pena previsti per il reato di peculato (pena minima di quattro anni di reclusione) sono superiori alle soglie massime consentite dalla legge per l’applicazione di tale causa di non punibilità.

Il fatto che il denaro sia stato comunque recuperato dallo Stato esclude il reato?
No, il recupero del denaro non esclude il reato, specialmente se avviene tramite l’azione coattiva su un garante (fideiussore) e non per un adempimento spontaneo, seppur tardivo, da parte dell’imputato. La modalità di recupero, in questo caso, ha rafforzato la prova dell’intenzione appropriativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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