Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33681 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33681 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di
COGNOME NOME, nato a Verona il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 12/12/2024 della Corte di appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richieste del AVV_NOTAIOCOGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Trieste, quale giudice del rinvio, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 21 ottobre 2021 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trieste, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME, in relazione ai delitti di cui all’art. 314 cod. pen. contestati ai capi a) , b)c) , d) , f) , k) , l) , m) e – limitatamente alle condotte poste in essere nell’anno 2011 s) , confermando nel resto, riconosciuta la circostanza di cui all’art. 323bis cod. pen., la condanna per le residue imputazioni sub s) (relative alle anticipazioni di denaro erogate con fondi destinati al funzionamento del RAGIONE_SOCIALE in seno al RAGIONE_SOCIALE, in relazione a spese non riconducibili all’attività istituzionale), con rideterminazione della pena.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, formulando due motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 314 cod. pen. e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione riguardo alla nozione di disponibilità delle somme di denaro oggetto della contestata appropriazione.
In primis , la difesa dubita di una possibile violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, in ragione della sostanziale modifica dei fatti oggetto di contestazione, all’esito dell’espunzione dall’elenco di voci di spesa indicate nella rubrica imputativa della quasi totalità delle uscite, residuando spese asseritamente illegittime per soli euro 540,00 (relativi a otto episodi), a fronte degli iniziali euro 30.000,00 circa.
Ciò premesso, si contesta la ribadita disponibilità del denaro direttamente in capo al ricorrente. La Corte di appello avrebbe, infatti, affermato la responsabilità di COGNOME in via autonoma e non in concorso con il capoRAGIONE_SOCIALE, valorizzando incongruamente la circostanza
che le somme fossero anticipazioni di spese future e non rimborsi. Anche dopo la modifica dei meccanismi di rimborso, con introduzione di carte Genius in sostituzione degli accrediti sui conti dei consiglieri, non risulterebbe mutata la natura di ‘rimborso’, posto che l’ammissibilità di specifiche spese future era, comunque, preliminarmente verificata dagli organi competenti. In ogni caso, la natura di anticipazione – e non di rimborso ex post -risulterebbe priva di effettivi riscontri, di modo che risulterebbe imprescindibile una compiuta prova della natura concorsuale del reato; una tale prova, invero, Ł resa pressochØ diabolica dalla avvenuta assoluzione del capoRAGIONE_SOCIALE COGNOME ad opera della medesima Corte giuliana, pochi mesi prima. In difetto di poteri dispositivi in capo al singolo consigliere (che doveva attendere l’autorizzazione del capoRAGIONE_SOCIALE, titolare del ‘potere di firma’), potrebbe al piø ipotizzarsi soltanto una mera condotta colposa concernente un’eventuale richiesta di ristoro di spese invece non ammissibili.
2.2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla ribadita sussistenza dell’elemento soggettivo.
Richiamando le deduzioni già esposte, la difesa insiste, poi, nelle doglianze inerenti l’elemento soggettivo, a suo dire irritualmente disattese, nonostante le costanti interlocuzioni con la segretaria amministrativa e con il capoRAGIONE_SOCIALE in merito alla legittimità dei rimborsi richiesti. Il ricorrente, avendo appreso dai media delle indagini su alcune spese (sette scontrini per servizi di barberia, inseriti tra centinaia di pezze giustificative) e prima ancora di averne formalmente contezza con la notifica dell’avviso ex art. 415bis cod. proc. pen., si fece immediatamente parte attiva restituendo le somme indebitamente ricevute. Tale circostanza, pur ininfluente per quanto attiene alla consumazione del fatto tipico di peculato, avrebbe dovuto, però, essere valutata dai giudici di merito come sintomo della solo successiva consapevolezza di aver agito per semplice superficialità.
Si Ł proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen., attesa la tardività dell’istanza di discussione orale presentata dal difensore il 22 luglio 2025 e, dunque, oltre il termine di venticinque giorni liberi antecedenti l’odierna udienza di cui all’art. 611, comma 1ter , cod. proc. pen., operando – in difetto di espressa deroga – la sospensione feriale dei termini dal 1° al 31 agosto (cfr., in termini, in tema di disciplina emergenziale pandemica, strutturalmente analoga al nuovo rito cartolare, Sez. 6, n. 39559 del 18/09/2024, COGNOME, Rv. 287118-01; Sez. 5, n. 51191 del 20/10/2023, COGNOME, Rv. 285597-01).
Il provvedimento presidenziale di rigetto dell’istanza suddetta Ł stato comunicato ai difensori alle 12:42 del 23 luglio 2025.
Non risultano depositati dalla difesa motivi nuovi, memorie o memorie di replica, ai sensi del citato art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile, perchØ proposto con motivi non consentiti dalla legge processuale ovvero, comunque, generici e manifestamente infondati.
La Sesta Sezione di questa Corte, con sentenza n. 16083 del 26/03/2024, aveva annullato con rinvio la decisione di condanna emessa dalla Corte di appello di Trieste, per quanto qui rileva (ovvero per il solo capo s) , relativo alle cosiddette «spese minute», da cui il consigliere era tenuto indenne mediante periodici accrediti su carta ‘Genius’ a lui intestata, da parte dell’ufficio del capoRAGIONE_SOCIALE), affinchØ il giudice del rinvio motivasse compiutamente in ordine alla sussistenza di documentazione che comprovasse il carattere extra-istituzionale degli esborsi.
Invero, «in mancanza dei giustificativi (il COGNOME non ne trattenne copia e la pronuncia
impugnata riferisce che il capoRAGIONE_SOCIALE COGNOME, in occasione del primo accesso della Guardia di Finanza, si affrettò a distruggere con il trita-carte le richieste di rimborso), non però chiaro se le spese in questione fossero afferenti alle attività istituzionali del RAGIONE_SOCIALE oppure da queste esuberanti». D’altronde, sulla scia del piø recente orientamento di legittimità (Sez. 6, n. 38245 del 03/07/2019, COGNOME, Rv. 276712-01; Sez. 6, n. 21166 del 09/04/2019, COGNOME, Rv. 276067-01), si Ł escluso che dalla mancata conservazione ed esibizione dei giustificativi di spesa debba necessariamente derivare la responsabilità penale per peculato, giacchØ in difetto di elementi acquisiti aliunde in ordine al carattere personale degli esborsi, residuerebbe solo una responsabilità contabile.
Una volta espletati tali accertamenti, tenuto conto «della tipologia di carta di credito, che era collegata all’IBAN del conto corrente, alimentato dal capoRAGIONE_SOCIALE il quale anche per tale condotta ha riportato condanna» e del conseguente «possesso/disponibilità (personale e non mediato) del denaro caricato, a cura del capoRAGIONE_SOCIALE COGNOME, sulla carta ‘Genius’ che utilizzava per le transazioni», «la responsabilità di COGNOME potrebbe astrattamente configurarsi anche in via autonoma, e non necessariamente ex art. 110 cod. pen. con il capoRAGIONE_SOCIALE (che in relazione a tali spese Ł stato comunque condannato in via definitiva)».
Il Giudice del rinvio, con la sentenza impugnata, con riferimento al suddetto capo s) (avente ad oggetto spese ‘minute’ rimaste prive di giustificativo, per un totale complessivo di euro 7.730 nell’anno 2011 e di euro 32.382 dal dicembre 2011 al dicembre 2012), ha ritenuto provata, sia pure solo in parte, l’ipotesi accusatoria.
3.1. A partire dal 6 novembre 2011 i rimborsi, in precedenza effettuati in contanti, avvenivano «mediante bonifici cumulativi mensili recanti causale ‘ rimborso spese minute ‘, accreditati su carta ‘ Genius ‘ nominativamente intestata all’imputato».
Tali spese risultano prive di formale giustificazione, «a opera del capoRAGIONE_SOCIALE COGNOME aveva impedito di dimostrare l’eventuale natura istituzionale delle spese effettuate» e in conseguenza della mancata conservazione di copia da parte di COGNOME (negligenza che, secondo i primi giudici, sconfessati dalla sentenza di annullamento della Sesta Sezione, sarebbe stata, di per sØ, fondamento della penale responsabilità).
3.2. In ottemperanza alle indicazioni di questa Corte regolatrice, nella sentenza impugnata, si Ł, perciò, proceduto a una scrupolosa disamina della piattaforma istruttoria. Tra gli atti di indagine, utilizzabili in sede di giudizio abbreviato, Ł emersa la particolare rilevanza dell’annotazione del Nucleo di Polizia Tributaria di Trieste, che descriveva sommariamente le movimentazioni effettuate sul conto corrente ‘Genius’ intestato al consigliere regionale COGNOME e a cui era allegata la lista movimenti completa per il periodo 27 dicembre 2011-27 dicembre 2012.
In tale segmento temporale, la provvista era stata costantemente alimentata con bonifici disposti dal conto corrente intestato alla RAGIONE_SOCIALE, per un importo complessivo pari ad euro 32.382,00 (corrispondente alla somma indicata al capo s) , quale oggetto della condotta di peculato avente ad oggetto le spese ‘minute’).
Una parte del denaro fu direttamente prelevato presso sportelli bancomat . In ordine a tali somme, il mancato accertamento della successiva destinazione dei contanti impedisce di ritenere configurabile il fatto tipico.
Viceversa, quanto ai pagamenti effettuati mediante transazioni con moneta elettronica (utilizzando la suddetta carta ‘Genius’), era possibile ricostruire l’importo e il beneficiario di ogni singola operazione. Questo certosino scrutinio Ł stato condotto, «in un’ottica ipotetica e prudenziale di favor rei », escludendo, secondo un’interpretazione latissima della possibile funzione istituzionale delle spese, tutti quegli esborsi anche solo astrattamente riconducibili
all’espletamento del mandato elettivo e alle connesse attività di rappresentanza e promozione sul territorio (con conseguente espunzione, pertanto, di tutti i numerosissimi «pagamenti a favore di ristoranti, supermercati e strutture alberghiere/balneari, o per l’acquisto di carburante», nonchØ gli acquisti «in negozi di abbigliamento e pelletteria valige, zaini, porta documenti o simili»).
All’esito di questo minuzioso controllo, sono residuati otto pagamenti derivanti da «spese manifestamente esorbitanti dal funzionamento del RAGIONE_SOCIALE consiliare RAGIONE_SOCIALE», in quanto acquisti di «abbigliamento intimo, giocattoli, prodotti di profumeria, occhiali o prodotti correlati, servizi di parrucchiera e trattamenti estetici» (pp. 15-18).
3.3. La Corte territoriale ricorda, ancora, richiamando le sommarie informazioni rese dalla segretaria del RAGIONE_SOCIALE consiliare, come, in genere, il denaro venisse accreditato non solo a titolo di rimborso (per le spese ‘documentate’), ma anche quale anticipo delle future spese ‘minute’, secondo le direttive impartite dal capoRAGIONE_SOCIALE e, in ogni caso, a seguito di presentazione dei giustificativi di spesa e previa verifica della corrispondenza con le somme ivi riportate.
Per quanto attiene agli importi anticipati, in ossequio all’esegesi imposta al giudice del rinvio, doveva, quindi, ritenersi pienamente sussistente una condotta rilevante ex art. 314 cod. pen., posta in essere autonomamente dal consigliere COGNOME, che aveva la piena disponibilità «senza alcun controllo – del denaro pubblico convogliato sulla sua carta di credito» e ne aveva fatto uso, nella limitata frazione sopra accennata, per finalità sicuramente non istituzionali.
3.4. Per i distinti casi (non riconducibili a quanto devoluto al giudice del rinvio in relazione al capo s) ) in cui l’imputato non avesse avuto una simile disponibilità del denaro pubblico, ovvero, in altri termini per le spese oggetto di successivo rimborso, i giudici di appello aggiungono poi che sarebbe, comunque, stata configurabile una responsabilità concorsuale: di fronte a plurimi esborsi di natura palesemente personale, COGNOME, presentando le proprie richieste al capoRAGIONE_SOCIALE e consapevole di una prassi di mala gestio , avrebbe di fatto contribuito, in piena coscienza, al reato proprio formalmente realizzato da quest’ultimo.
Il perimetro cognitivo della Corte di appello, quale giudice del rinvio, Ł dettato dalla sentenza di annullamento della Sesta Sezione, la quale, come accennato, per quel che attiene alle condotte contestate alle ‘spese minute’ sub s) , circoscrive la lacuna motivazionale di cui si rende necessario il superamento soltanto alle circostanze indicate nel paragrafo 4.2 («(«affinchØ il giudice del rinvio verifichi: se, anche in assenza delle attestazioni, sussista documentazione, afferente al conto corrente, relativa alle spese; in caso positivo, accerti la rispondenza o meno di tali spese a finalità istituzionali, valutandone, in definitiva, la legittimità o illegittimità»).
4.1. La questione della disponibilità personale non mediata del denaro trasferito a titolo di anticipo sulla carta Genius (oggetto dell’imputazione sub s) ) e poi utilizzato per le transazioni suaccennate era già stata risolta, nel precedente giudizio di legittimità, in senso contrario alle prospettazioni dell’imputato, sia pure sub condicione (con riferimento alla verifica preliminare della riconducibilità dei singoli esborsi all’espletamento del mandato elettorale).
A diversa conclusione in tema di capacità di prelievo diretto dei fondi e di necessaria concorsualità della condotta, la Sesta Sezione era giunta soltanto per i diversi capi a) , b)c) , d) , f) , k) , l) , m) (di modo che non rileva, in questa sede, la mancata condanna in via definitiva
del capoRAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME per le medesime condotte di peculato, pur erroneamente affermata nella parte motiva della sentenza di appello, poichØ Sez. 6, n. 14580 del 02/02/2017, COGNOME, non mass., ivi citata, si limitava ad annullare senza rinvio la pronuncia di condanna in relazione ai rimborsi erogati a NOME COGNOME ai punti a) , b) , c) , d) , e) , f) , k) , l) , m) ed s) , con trasmissione degli atti al Tribunale di Trieste per l’ulteriore corso) .
La catena devolutiva si era, dunque, interrotta, con riferimento al capo s) , per quel che concerne le doglianze riferite ai poteri dispositivi del singolo consigliere e alla sussistenza dello specifico prerequisito della disponibilità del denaro, ai sensi dell’art. 314 cod. pen.
Risulta, dunque, una mera riflessione obiter , espressamente svolta come tale (cfr. p. 20: «anche a voler ritenere che COGNOME non avesse la disponibilità diretta del denaro pubblico, rimane indubbia la sua partecipazione al reato perpetrato dal capoRAGIONE_SOCIALE»), la successiva argomentazione relativa alla ulteriore e distinta possibilità di configurare, in via logicamente subordinata, anche una eventuale responsabilità ex art. 110 cod. pen., unitamente a COGNOME, per le uscite poi in ipotesi successivamente rimborsate.
Il primo motivo, laddove reitera le precedenti deduzioni in merito ai meccanismi di rimborso/anticipazione delle spese ‘minute’ (questione già decisa in sede di annullamento parziale e, in quanto tale, coperta dal giudicato, nei termini sopra riassunti), non Ł, dunque, consentito, a mente dell’art. 627 cod. proc. pen.
4.2. Risulta, d’altronde, meramente reiterativa e manifestamente priva di pregio, oltre che espressa in termini del tutto generici, l’eccezione di violazione dell’art. 521 cod. pen., già correttamente disattesa nella sentenza impugnata, avendo i giudici di appello, pro reo , accertato compiutamente la sussistenza dei fatti così come contestati, operandone una riduzione in termini esclusivamente quantitativi, senza esondare da quanto già ascritto a COGNOME nella rubrica imputativa (cfr. pp. 18-19, ove si sottolinea come gli esborsi qualificati come penalmente rilevanti rientrino pacificamente nelle condotte indicate al capo s) , formulato in termini omnicomprensivi, che richiamavano tutti i prelevamenti di contante e tutti i pagamenti Pos nell’arco di tempo, dovendosi così escludere qualsiasi lesione ai diritti di difesa).
La Corte territoriale ha, poi, congruamente motivato sulla ricorrenza del dolo di peculato – fondendo, nel discorso giustificativo, anche le proprie ulteriori riflessioni relative all’ipotesi teoricamente subordinata di reato concorsuale (con una qualche oscurità comunicativa e, come accennato, oltrepassando il perimetro cognitivo riservato al giudice del rinvio, ma senza pregiudicare la correttezza delle conclusioni) – stigmatizzando la natura evidentemente personale delle spese in questione e la loro reiterazione nel tempo, così da escludere l’inconsapevolezza di procedere alla distrazione di fondi pubblici, destinati a finanziare le attività istituzionali del RAGIONE_SOCIALE consiliare RAGIONE_SOCIALE (pp. 20-21).
La conclusione Ł coerente con i costanti insegnamenti di legittimità, a mente dei quali la natura generica del dolo delineato dalla fattispecie incriminatrice comporta che, ai fini della configurabilità dell’elemento soggettivo, sia sufficiente che la coscienza e la volontà dell’agente ricadano sulla condotta di appropriazione del denaro di cui il pubblico ufficiale abbia la disponibilità per ragioni del suo ufficio (Sez. 2, n. 23769 del 14/04/2021, Ruggeri, Rv. 281605-02). Peraltro, in tema di peculato, l’errore del pubblico ufficiale circa la propria facoltà di disposizione di un bene pubblico per fini diversi da quelli istituzionali non configura un errore di fatto su legge diversa da quella penale, atto ad escludere il dolo, ma costituirebbe errore o ignoranza della legge penale, il cui contenuto Ł integrato dalla norma amministrativa che disciplina la destinazione del bene pubblico (Sez. 6, n. 13038 del 10/03/2016, Bertin, Rv. 266192-01).
Il secondo motivo di impugnazione non risulta, dunque, consentito, laddove sollecita un’irrituale rinnovata ponderazione delle emergenze processuali diretta alla ricostruzione delle dinamiche del foro interno, in un’ottica alternativa a quella correttamente effettuata dai giudici di merito, introducendo problematiche che esulano dai limiti cognitivi del giudizio di legittimità.
6. Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (cfr. Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 16/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME