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Peculato: quando si consuma il reato?

La Corte di Cassazione interviene sul caso del titolare di un’agenzia di pratiche auto accusato di peculato per non aver versato le somme riscosse per conto dell’ACI. La sentenza chiarisce che la stipula di una polizza fideiussoria non esclude il dolo e che il reato non si consuma con la mera scadenza del termine, ma quando l’agente agisce ‘uti dominus’, manifestando la volontà di appropriarsi del denaro. La Corte ha annullato con rinvio la decisione di appello limitatamente al diniego delle sanzioni sostitutive, ritenendo la motivazione insufficiente.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato: Quando il Semplice Ritardo Diventa Reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3712/2025, offre importanti chiarimenti sulla configurazione del reato di peculato, in particolare quando l’accusa riguarda l’omesso versamento di somme riscosse per conto della Pubblica Amministrazione. La pronuncia analizza la differenza tra un mero ritardo nell’adempimento e una vera e propria appropriazione indebita, sottolineando il momento in cui si consuma il delitto. Il caso riguarda il titolare di un’agenzia di pratiche automobilistiche che non aveva riversato all’erario le somme percepite dai clienti.

I Fatti di Causa

L’imputato, in qualità di titolare di uno sportello telematico dell’automobilista e mandatario per conto dell’A.C.I., era accusato di essersi appropriato di oltre 4.000 euro riscossi per le iscrizioni al P.R.A. e di un assegno di circa 566 euro destinato al pagamento di una tassa automobilistica. Era inoltre accusato di truffa per aver fornito un falso certificato assicurativo e di falso per aver contraffatto un tagliando relativo a un passaggio di proprietà.

La Corte di Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva riqualificato una delle accuse in appropriazione indebita (dichiarando il non doversi procedere per difetto di querela) e aveva condannato l’imputato per i residui reati di peculato e falso a una pena di un anno, undici mesi e dieci giorni di reclusione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:

1. Insussistenza del dolo di peculato: Si sosteneva che la presenza di una polizza fideiussoria a garanzia dei versamenti escludesse la volontà di sottrarre somme all’erario.
2. Mancanza di prove sul reato di falso: La difesa contestava l’attribuzione della falsificazione del tagliando all’imputato, indicando un’altra persona come responsabile.
3. Mancata concessione dell’attenuante del risarcimento del danno: Si riteneva che il danno allo Stato fosse stato ripianato dall’intervento dell’assicurazione.
4. Diniego della sanzione sostitutiva: Si contestava il rifiuto di applicare la pena del lavoro di pubblica utilità, motivato dalla Corte d’Appello con la presunta inaffidabilità dell’imputato.

Peculato e Pene Sostitutive: la Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato i primi tre motivi, ritenendoli infondati, ma ha accolto il quarto, annullando la sentenza con rinvio su questo specifico punto.

L’Elemento Soggettivo del Peculato e la Polizza Fideiussoria

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la stipula di una polizza fideiussoria non esclude il reato di peculato. Tale polizza ha una funzione di garanzia sul piano civilistico e amministrativo, ma non incide sulla rilevanza penale della condotta. Il reato si perfeziona con l’appropriazione delle somme da parte del pubblico ufficiale. La consapevolezza che un fideiussore interverrà può al massimo escludere la volontà di cagionare un danno patrimoniale alla P.A., ma non la volontà di sottrarre il bene alla sua disponibilità, che è l’elemento sufficiente a integrare il dolo di peculato.

La Consumazione del Reato: non basta la Scadenza del Termine

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda il momento consumativo del reato. Gli Ermellini hanno precisato che il peculato non si realizza con la semplice scadenza del termine previsto per il versamento. Il mancato rispetto della scadenza costituisce un inadempimento civile. Il reato penale si configura solo quando emerge, senza dubbio, una ‘interversione del possesso’, ovvero quando l’agente compie un atto di dominio sulla cosa, manifestando la volontà, espressa o implicita, di tenerla come propria. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto correttamente provata l’appropriazione, poiché l’imputato stesso aveva ammesso di aver utilizzato le somme ‘per ragioni personali’.

Diniego delle Pene Sostitutive: Motivazione Carente

La Corte ha invece accolto il motivo relativo al diniego del lavoro di pubblica utilità. La sentenza di appello aveva rigettato la richiesta basandosi sulla ‘inaffidabilità’ dell’imputato e sui suoi precedenti specifici. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che, secondo la normativa riformata (d.lgs. 150/2022), la prognosi negativa per la concessione delle pene sostitutive non può basarsi unicamente sulla presenza di precedenti condanne. Il giudice di merito deve effettuare una valutazione più complessa e individualizzata, considerando la funzionalità della misura al reinserimento sociale e motivando adeguatamente perché i precedenti penali inciderebbero negativamente sul rispetto delle prescrizioni future. La motivazione fornita dalla Corte di Appello è stata giudicata insufficiente, portando all’annullamento con rinvio su questo punto.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Cassazione si fondano su una netta distinzione tra il piano dell’inadempimento contrattuale e quello della responsabilità penale. Per il peculato, non è sufficiente un ritardo, ma è necessario un comportamento che dimostri in modo inequivocabile la volontà dell’agente di trattare il denaro pubblico come proprio. La presenza di garanzie assicurative è irrilevante per la configurabilità del reato, in quanto il bene giuridico tutelato non è solo il patrimonio, ma anche la legalità, l’imparzialità e il buon andamento della Pubblica Amministrazione. Riguardo alle pene sostitutive, la Corte ha sottolineato la necessità di una motivazione rafforzata che vada oltre il semplice richiamo ai precedenti penali, in linea con la finalità rieducativa della pena.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza conferma che l’appropriazione nel reato di peculato è un atto di dominio sulla cosa che va oltre il semplice mancato versamento entro i termini. Annulla però la decisione sul diniego della pena sostitutiva, imponendo ai giudici di merito una valutazione più approfondita e specifica, che non può limitarsi a un generico giudizio di inaffidabilità basato sui precedenti dell’imputato. La decisione apre quindi alla possibilità per l’imputato di ottenere una sanzione alternativa al carcere in sede di rinvio.

La presenza di una polizza fideiussoria a garanzia dei versamenti esclude il dolo nel reato di peculato?
No. Secondo la Corte, la polizza fideiussoria opera solo sul piano civile e amministrativo per tenere indenne l’ente creditore, ma non ha alcun rilievo penale. Il dolo del peculato consiste nella volontà di sottrarre il bene alla disponibilità della pubblica amministrazione, e questa volontà non è esclusa dalla consapevolezza che un terzo risarcirà il danno.

Il reato di peculato si consuma automaticamente alla scadenza del termine per il versamento delle somme?
No. La giurisprudenza più recente, confermata in questa sentenza, stabilisce che il reato non si perfeziona con la mera scadenza del termine, che rappresenta un semplice inadempimento. Si consuma quando si determina una ‘certa interversione del titolo del possesso’, ovvero quando l’agente compie un atto di dominio sulla cosa (ad esempio, utilizzandola per fini personali) con la volontà di tenerla come propria.

Un giudice può negare l’applicazione di una pena sostitutiva, come il lavoro di pubblica utilità, basandosi solo sui precedenti penali dell’imputato?
No. La Corte ha stabilito che il giudice di merito non può respingere la richiesta basandosi sulla sola esistenza di precedenti condanne. È necessaria una motivazione più complessa e individualizzata che correli specificamente i precedenti alla prognosi di un futuro inadempimento delle prescrizioni legate alla pena sostitutiva, tenendo conto della finalità rieducativa della misura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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