Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44794 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44794 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nata 1’11/12/1973 a Policoro
avverso la sentenza in data 01/12/2023 della Corte di appello di Potenza visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 01/12/2023 la Corte di appello di Potenza ha parzialmente riformato quella del Tribunale di Matera in data 25/11/2020, prosciogliendo NOME COGNOME dal delitto di cui all’art. 55, comma 9 d.lgs. 231 del 2007, contestato al capo b), per intervenuta prescrizione, e rideterminando la pena irrogata alla predetta per il delitto di peculato di cui al capo a), consisti nell’appropriazione, in veste di fattorina di agenzia incaricata del servizio di consegna della corrispondenza, di una carta bancomat, inviata a NOME COGNOME.
Ha proposto ricorso NOME COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità.
La Corte di appello si era basata su elementi inidonei, omettendo di valutare i rilievi difensivi.
Mancava la prova dell’effettivo compimento della condotta di peculato, anche sotto il profilo soggettivo, non essendo a tal fine sufficiente il riferimento al violazione di una norma di legge o regolamento. La prova dell’atto materiale, a carico dell’accusa, non era stata fornita.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al giudizio di penale responsabilità per il delitto di peculato.
Gli elementi valorizzati dalla sentenza di condanna erano insufficienti e comunque non era stata valutata la criticità delle dichiarazioni della persona offesa e di quelle di altri testi escussi in ordine al riconoscimento dell’imputata quale soggetto che aveva effettuato un prelevamento con la carta di credito presso Banca Carime, in ordine alla ricostruzione della vicenda a partire dalla denuncia di smarrimento della carta di credito da parte di COGNOME, che successivamente l’aveva ritrovata, in ordine al rapporto di collaborazione dell’imputata con l’agenzia RAGIONE_SOCIALE, di cui era responsabile NOME NOME, in ordine al soggetto che aveva provveduto al recapito di raccomandate a Lapolla, avvenuto in data 27/05/2014, con sottoscrizione delle ricevute.
Il motivo di ricorso si diffonde su alcuni profili probatori, riferiti a dichiaraz rese dai testi e contesta la complessiva analisi alla cui stregua è stato ravvisato il delitto di peculato a carico della ricorrente, non essendo stata valutata l’attendibilità della persona offesa, da valutare con estremo rigore, e non risultando la piena convergenza delle altre acquisizioni probatorie, anche al fine di superare il ragionevole dubbio.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine agli artt. 62, comma primo, n. 4, 132, 133 cod. pen.
La pena non era coerente con i parametri normativi e non era stata spiegata la ragione della mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4, cod. pen.
2.4. Con il quarto motivo denuncia l’insussistenza dell’elemento oggettivo.
Ribadisce rilievi già formulati in ordine alla condotta appropriativa integrante il delitto di peculato, a fronte di un titolo di legittimazione che non si risolva in mera disponibilità di fatto o occasionale o conseguente a violazione di norme disciplinanti il maneggio del denaro, e in ordine al relativo coefficiente psicologico,
osservando che la volontà dell’agente deve essere mirata alla realizzazione del danno ingiusto con la consapevolezza che il bene appartiene ad altri.
Nel caso di specie la gestione dell’agenzia non era riferibile unicamente alla ricorrente, cosicché gli artifici e raggiri funzionali all’integrazione del peculato no avrebbero potuto essere da lei compiuti, fermo restando che si trattava di dipendente dal comportamento esemplare.
2.5. Con il quinto motivo denuncia il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e l’eccessività della pena.
Il Procuratore generale ha inviato la requisitoria concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
Il giudizio si è svolto con trattazione scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso inammissibile.
Il primo, il secondo e il quarto motivo, esaminabili congiuntamente, risultano generici e comunque manifestamente infondati, oltre che volti a sollecitare una diversa lettura del compendio probatorio, ciò che inerisce al merito e non al giudizio di legittimità.
Ed invero è stato rilevato dai Giudici di merito che una raccomandata contenente una tessera bancomat, inviata dall’istituto bancario al destinatario NOME COGNOME non risultava giunta al predetto, il quale aveva dunque presentato denuncia, essendo peraltro emerso che con la tessera erano stati effettuati alcuni prelievi.
Attraverso l’esame delle videoriprese effettuate in corrispondenza di uno degli sportelli bancari presso cui era stato eseguito un prelievo, proprio la ricorrente era stata riconosciuta dalla moglie di COGNOME e dal maresciallo COGNOME come colei che aveva effettuato quel prelievo.
D’altro canto, è risultato che NOME COGNOME era addetta all’agenzia, di cui era titolare NOME COGNOME che avrebbe dovuto curare la consegna della raccomandata, in realtà non effettuata, ma in apparenza attestata da una falsa firma riferibile a COGNOME, apposta sulla relativa ricevuta.
Tale ricostruzione non è stata vulnerata dai rilievi difensivi, inidonei a confutare la valenza del riconoscimento della ricorrente come colei che aveva effettuato con la tessera bancomat uno dei prelievi: né in senso contrario avrebbe
potuto contestarsi l’attendibilità del denunciante COGNOME a fronte delle modalità del riconoscimento, consentito dal filmato e confermato dal maresciallo COGNOME
Proprio la circostanza dell’utilizzo indebito della tessera bancomat vale inoltre ad attestare il previo impossessamento della stessa da parte della ricorrente, incaricata di pubblico servizio inerente alla trasmissione della corrispondenza a mezzo di raccomandata, la quale per ragione di tale servizio ne aveva la disponibilità con mansioni non di mero ordine, dovendo provvedere alla consegna di detta raccomandata e garantire lo svolgimento regolare del servizio attraverso la redazione della ricevuta e il rilascio della sottoscrizione da parte del destinatario.
Vane, su tali basi, risultano le deduzioni difensive volte a contestare il coefficiente psicologico del dolo, avente ad oggetto la coscienza e volontà della condotta appropriativa e della connessa indebita utilizzazione della tessera.
Risulta impreciso e del tutto inconferente nell’ambito del presente procedimento il riferimento fatto nei motivi di ricorso all’art. 629 cod. pen., al d 463 del 1983, agli artifici e raggiri.
3. Il terzo motivo risulta manifestamente infondato.
Costituisce ius receptum che «sussiste l’attenuante del danno di speciale tenuità nel caso di furto di tessera bancomat, atteso che la carta plastificata, se il ladro non ne conosce il codice e non può usarla, non ha alcun valore in sé e la sua sottrazione cagiona l’unico danno consistente nelle spese per il duplicato» (Sez. 5, n. 25870 del 08/06/2006, COGNOME, Rv. 234527).
Ma nel caso di specie la ricorrente disponeva del codice p.i.n., tanto da aver potuto effettuare prelievi: ne discende che non può farsi riferimento alla sola carta plastificata, risultando per contro prelievi di importo non qualificabile come di speciale tenuità.
Anche il quinto motivo è manifestamente infondato, giacché alla ricorrente sono state riconosciute le attenuanti generiche ed è stata irrogata una pena pari al minimo edittale.
Deve da ultimo precisarsi che non è decorso il termine massimo di prescrizione del reato, fermo restando che l’inammissibilità del ricorso priva di rilievo il tempo trascorso dopo la sentenza di appello (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266).
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla
causa dell’inammissibilità, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
SEZIONE VI PENALE
06 D IC 2024