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Peculato per ritardo: quando non è reato? Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30590/2024, ha annullato una condanna per peculato per ritardo. Un concessionario che versa con pochi giorni di ritardo le somme riscosse per un ente pubblico non commette reato se manca la prova della volontà di appropriarsene. Il breve ritardo non basta a configurare l’interversione del possesso e, quindi, il delitto di peculato.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato per Ritardo: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Reato

Un semplice ritardo nel versamento di somme dovute alla Pubblica Amministrazione è sufficiente per integrare il reato di peculato? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 30590/2024, ha fornito una risposta chiara, sottolineando che il peculato per ritardo non scatta automaticamente. È necessario un elemento in più: la prova della volontà di appropriarsi del denaro. Questa pronuncia è fondamentale per distinguere un mero inadempimento civilistico da una condotta penalmente rilevante.

I Fatti del Caso

Il caso riguardava la titolare di un punto di servizi abilitato alla riscossione del bollo auto per conto di un ente pubblico. La ricorrente era stata condannata in appello per peculato (art. 314 c.p.) per essersi appropriata di una somma di circa 1.900 euro, non versandola entro le scadenze previste. In particolare, dopo aver ricevuto una lettera di messa in mora il 22 marzo 2019, aveva saldato integralmente il debito l’11 aprile 2019, quindi con un ritardo di meno di venti giorni. La difesa sosteneva che un ritardo così breve non poteva dimostrare l’intenzione di appropriarsi del denaro, configurando al più un illecito civile.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di condanna ‘perché il fatto non sussiste’. I giudici hanno stabilito che, per configurare il reato di peculato, non basta il semplice mancato rispetto del termine di pagamento. È indispensabile che il ritardo sia accompagnato da circostanze di fatto che dimostrino in modo inequivocabile la volontà dell’agente di comportarsi come proprietario del denaro (uti dominus).

Le Motivazioni sul peculato per ritardo

La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: il ritardo assume rilevanza penale solo quando si trasforma in un atto di ‘interversione del possesso’. Questo passaggio da una mera detenzione a una vera e propria appropriazione deve essere provato concretamente.

La Distinzione tra Ritardo e Appropriazione

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra un ritardo, pur rilevante sul piano civilistico, e l’appropriazione penalmente sanzionabile. La Cassazione elenca alcuni indicatori che possono trasformare un ritardo in un’appropriazione:

1. La durata del ritardo: una protrazione della mancata consegna per un lasso di tempo irragionevole.
2. Comportamenti specifici: il diniego di avere il denaro con sé o la falsa affermazione di averlo già versato.
3. L’uso privato dei fondi: l’impiego del denaro riscosso per finalità personali.

Se mancano questi elementi ‘sintomatici’, il semplice ritardo non è sufficiente per affermare la responsabilità penale.

L’Analisi del Caso Concreto

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno osservato che la ricorrente aveva pagato l’intera somma dovuta a meno di quindici giorni dalla ricezione della formale intimazione. Inoltre, le corti di merito non avevano individuato alcun comportamento ulteriore che potesse indicare una volontà appropriativa. Di fronte a un lasso temporale così breve e all’assenza di altre condotte significative, la Cassazione ha concluso che il fatto non integrava gli estremi del delitto di peculato.

Le Conclusioni

La sentenza n. 30590/2024 rafforza un importante baluardo di garanzia, evitando che ogni inadempimento contrattuale verso la Pubblica Amministrazione si trasformi automaticamente in un’accusa penale. Viene tracciata una linea netta: il peculato per ritardo si configura solo quando il ritardo è talmente prolungato o accompagnato da altre circostanze da manifestare senza dubbio l’intenzione di fare proprio il denaro pubblico. Un breve ritardo, seguito da un pagamento integrale e in assenza di altri indici di colpevolezza, resta confinato nell’ambito dell’illecito civile, senza sconfinare nel diritto penale.

Quando un ritardo nel versamento di somme pubbliche diventa reato di peculato?
Un ritardo diventa reato di peculato solo quando non si tratta di una semplice omissione, ma è accompagnato da circostanze che dimostrano in modo inequivocabile la volontà dell’agente di appropriarsi del denaro, comportandosi come se ne fosse il proprietario (c.d. interversione del possesso).

Quali elementi deve valutare il giudice per decidere se c’è stato peculato per ritardo?
Il giudice deve valutare caso per caso la presenza di elementi sintomatici, quali la durata irragionevole del ritardo, l’uso del denaro per scopi privati, il diniego di possedere le somme o false dichiarazioni sulla loro avvenuta consegna. Un breve ritardo, di per sé, non è sufficiente.

Il pagamento tardivo, ma integrale, delle somme dovute può escludere il reato di peculato?
Sì, il pagamento integrale effettuato a breve distanza dalla scadenza o dall’intimazione di pagamento, come nel caso esaminato (meno di quindici giorni), è un elemento fondamentale che, in assenza di altre prove sulla volontà appropriativa, porta a escludere la configurabilità del reato di peculato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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