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Peculato per ritardato versamento: la guida completa

Il concessionario di una ricevitoria non versa allo Stato circa 41.000 euro di incassi del gioco del lotto. La Cassazione conferma la condanna per peculato per ritardato versamento, ritenendo inammissibile il ricorso. Si chiarisce che il reato non scatta per un mero ritardo, ma quando l’omissione si protrae a lungo (in questo caso, quasi due anni), manifestando una chiara volontà di appropriarsi del denaro. La restituzione della somma, pur essendo un’attenuante, non cancella il reato né giustifica ulteriori sconti di pena data la gravità del fatto.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato per Ritardato Versamento: Quando un Debito Diventa Reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10852 del 2025, affronta un caso emblematico di peculato per ritardato versamento, delineando con precisione il confine tra una semplice omissione e una vera e propria appropriazione indebita ai danni dello Stato. La vicenda riguarda il titolare di una ricevitoria del lotto che ha omesso di versare gli incassi dovuti all’Amministrazione dei Monopoli, ponendo questioni cruciali sulla qualificazione giuridica del fatto e sulla valutazione della condotta successiva, come la restituzione del maltolto.

I Fatti di Causa

L’imputato, concessionario di una ricevitoria, era stato condannato in primo e secondo grado per il reato di peculato continuato. L’accusa era di essersi appropriato di una somma complessiva di circa 41.000 euro, proveniente dagli incassi del gioco del lotto, omettendo di versarla all’erario nelle scadenze previste tra aprile e maggio del 2012.

La difesa aveva proposto ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Errata applicazione della legge penale: Si sosteneva che dovesse applicarsi una norma speciale (art. 8 della L. 85/1990), che punisce il mero ritardo nel versamento, e non il più grave reato di peculato (art. 314 c.p.), in virtù del principio di specialità.
2. Vizio di motivazione: La Corte d’appello non avrebbe spiegato adeguatamente perché il semplice ritardo si fosse trasformato in una vera e propria appropriazione (interversio possessionis).
3. Contraddittorietà della motivazione: La sentenza impugnata avrebbe negato le attenuanti generiche in modo illogico, nonostante l’imputato avesse integralmente restituito la somma dovuta, circostanza già valutata positivamente per il riconoscimento di un’altra attenuante specifica.

La Questione Giuridica del Peculato per Ritardato Versamento

Il nucleo del problema legale risiede nella distinzione tra due fattispecie. Da un lato, l’art. 8 della legge n. 85/1990 sanziona penalmente il raccoglitore del gioco del lotto che versa i proventi oltre il termine stabilito. Dall’altro, l’art. 314 del codice penale punisce il peculato, ovvero l’appropriazione di denaro pubblico da parte di chi ne ha la disponibilità per ragioni di servizio.

La difesa sosteneva che la norma del 1990 fosse speciale e dovesse quindi prevalere. La Cassazione, tuttavia, ha chiarito che le due norme disciplinano condotte diverse. La legge speciale punisce la mera omissione, il semplice mancato rispetto di un termine. Il peculato, invece, richiede un ‘di più’: la chiara manifestazione di volontà di trattare il denaro pubblico come proprio, ovvero la cosiddetta interversio possessionis.

Quando il Ritardo Diventa Appropriazione?

La Corte Suprema ribadisce un principio consolidato: non basta una mera violazione di una regola contabile o un ritardo per configurare il peculato. È necessario che la condotta omissiva si protragga per un lasso di tempo così significativo da dimostrare in modo inequivocabile l’atteggiamento ‘appropriativo’ dell’agente. L’imputato deve comportarsi uti dominus, cioè come se fosse il padrone di quei soldi.

Nel caso di specie, l’imputato ha restituito la somma solo il 27 marzo 2014, quasi due anni dopo la revoca della concessione. Un ritardo così esteso, unito a giustificazioni ritenute inverosimili (l’attesa di una formale richiesta di pagamento), è stato considerato prova sufficiente dell’avvenuta appropriazione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi manifestamente infondati. I giudici hanno sottolineato come, a fronte della prova dell’appropriazione, le questioni sulla specialità della norma o sulla mancata ricezione di solleciti di pagamento diventino irrilevanti.

La Valutazione delle Attenuanti

Particolarmente interessante è il ragionamento sull’ultimo motivo di ricorso. La Corte ha spiegato che non vi è alcuna contraddizione nel concedere l’attenuante per aver riparato il danno (art. 62 n. 6 c.p.) e negare, allo stesso tempo, le attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.).

L’attenuante della riparazione del danno è stata concessa semplicemente perché il debito erariale era stato saldato. Questo comportamento, tuttavia, non è stato qualificato come un segno di ‘resipiscenza’. La Corte d’appello ha legittimamente ritenuto che la gravità del fatto, l’entità della somma sottratta e l’assenza di collaborazione fossero elementi ostativi al riconoscimento di un’ulteriore benevolenza, come le attenuanti generiche. In sostanza, pagare un debito dopo quasi due anni non è sufficiente per dimostrare un pentimento tale da meritare uno sconto di pena ulteriore.

Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione. Il peculato per ritardato versamento non è un automatismo legato al superamento di una scadenza, ma un reato che si perfeziona quando la condotta del soggetto, analizzata nel suo complesso, rivela l’intenzione di fare propria una somma che appartiene alla collettività. La durata del ritardo è un elemento fattuale di primaria importanza per accertare tale intenzione. Inoltre, la decisione chiarisce che la riparazione del danno, pur avendo un suo peso, non cancella la gravità del reato e non obbliga il giudice a concedere ulteriori benefici se mancano segnali concreti di pentimento.

Un semplice ritardo nel versare incassi dovuti allo Stato costituisce sempre peculato?
No. Secondo la sentenza, il reato di peculato non si configura per una mera violazione di un termine di pagamento. È necessario che l’omissione si protragga per un lasso di tempo considerevole, tale da dimostrare in modo inequivocabile l’intenzione dell’agente di appropriarsi del denaro e di comportarsi come se fosse il proprietario (interversio possessionis).

La legge speciale che punisce il ritardato versamento degli incassi del lotto esclude l’applicazione del più grave reato di peculato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la legge speciale (art. 8, L. 85/1990) punisce la mera condotta omissiva del mancato rispetto del termine. Il peculato (art. 314 c.p.) richiede un elemento ulteriore, ovvero l’appropriazione. Pertanto, quando è provata l’appropriazione, si applica la norma sul peculato, che è un reato più grave, e non opera il principio di specialità.

Aver restituito integralmente la somma sottratta garantisce l’applicazione delle attenuanti generiche?
No. La restituzione integrale del denaro consente di ottenere l’attenuante specifica della riparazione del danno (art. 62 n. 6 c.p.). Tuttavia, non obbliga il giudice a concedere anche le attenuanti generiche. Come nel caso di specie, il giudice può negarle se ritiene che la gravità del fatto, l’entità della somma e l’assenza di altri segnali di pentimento non giustifichino un’ulteriore riduzione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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