Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9265 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9265 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata il 14/06/1959 a San Fratello
avverso la ordinanza del 27/06/2024 del Tribunale del riesame di Messina visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata; udite le conclusioni dell’Avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Messina ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Messina il 23 aprile 2024 nei confronti di NOME COGNOME con la quale era disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente sul denaro, sui beni mobili e immobili a lei intestati, sino alla concorrenza di oltre due
milioni di euro e di oltre sei milioni di euro, ritenuti profitto del delitto di pec di cui ai capi 1) e 3) dell’incolpazione provvisoria.
In particolare, alla indagata, nella qualità di Direttore Sanitario dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Messina – in concorso con il Direttore Amministrativo e il Commissario Straordinario della predetta azienda, nonché con il Presidente della Fondazione RAGIONE_SOCIALE sono contestate due ipotesi di peculato, perché, avendo per ragioni del suo ufficio la disponibilità del denaro destinato alla erogazione delle prestazioni sanitarie pubbliche, se ne appropriava disponendone la distrazione in favore della Fondazione “RAGIONE_SOCIALE“.
Il Tribunale del riesame si è riportato, con riferimento al fumus commissi delícti, a quanto esposto nel corpo dell’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari nella parte concernente l’applicazione delle misure personali disposte nei confronti dei vertici della predetta Azienda Ospedaliera e dei Presidenti della Fondazione RAGIONE_SOCIALE, ordinanza confermata dal Collegio della cautela.
L’ordinanza impugnata ha, poi, ritenuto sussistente il periculum in mora in considerazione della entità delle somme distratte e delle verifiche effettuate sulle complessive disponibilità patrimoniali immobiliari dell’indagata e ha, ritenuto darsi applicazione al principio solidaristico imputando l’intera azione delittuosa e l’effetto conseguente a ciascun concorrente.
In estrema sintesi, il Tribunale del riesame ha evidenziato che:
la Fondazione “RAGIONE_SOCIALE“, costituita nel luglio 2011 si poneva come obiettivo statutario il perseguimento in via esclusiva di finalità di solidarietà e perseguiva, come scopo primario, la creazione di un centro clinico polispecialistico denominato “RAGIONE_SOCIALE” che avrebbe operato in sinergia con l’unità Ospedaliera all’interno dei locali del Policlinico Universitario.
costituita la Fondazione, il Presidente della stessa aveva, quindi, sottoposto al Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Messina il progetto gestionale “RAGIONE_SOCIALE” al fine di procedere all’attivazione del centro e l’Azienda Ospedaliera aveva formalmente chiesto l’autorizzazione all’assessorato alla Sanità;
l’Azienda Ospedaliera aveva, in altre parole, chiesto di poter appaltare ad una Fondazione privata una attività assistenziale ad alta intensità nella cura, terapia e riabilitazione nel settore delle malattie neuromuscolari che, non solo non poteva essere affidata ad una struttura esterna ai sensi dell’art. 21 della Legge Regionale, ma che, in ogni caso, non avrebbe potuto delegare perché si trattava di attività che non rientravano tra quelle assegnate in origine al Policlinico nella pianificazione regionale in materia;
Il Policlinico, con apposite delibere, realizzava, però, nei fatti ciò che l’Assessorato regionale alla salute gli aveva negato, disponendo, con atto negoziale
la creazione di un centro clinico specialistico denominato “RAGIONE_SOCIALE“, al quale delegava le prestazioni che l’Azienda non poteva erogare, sostenendo tutti gli oneri finanziari connessi al progetto.
Il Collegio della cautela dà altresì atto del contegno connivente della Regione che, dopo l’iniziale diniego, aveva condiviso e finanziato il progetto RAGIONE_SOCIALE, nonostante non sussistessero le condizioni di legge per la costituzione dello stesso. Ciò nonostante, ha ritenuto non giustificabile l’operato dei vertici dell’Azienda Ospedaliera universitaria e dei rappresentanti della Fondazione Aurora, difettando sia l’autorizzazione a esercitare la professione sanitaria, sia l’accreditamento in capo alla Fondazione.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto che la circostanza che i beni distratti fossero stati utilizzati per il raggiungimento di un fine pubblico non potesse giustificare la scelta del mezzo utilizzato e che non potesse sostenersi che, trattandosi di denaro pubblico utilizzato per il raggiungimento di un interesse pubblico, la condotta distrattiva dei pubblici ufficiali integrasse il reato di abus d’ufficio.
Per quanto concerne la specifica posizione della ricorrente, nel provvedimento impugnato si sottolinea che non poteva escludersi ictu ()cui/ la sussistenza del dolo in capo all’indagata, posto che, in ogni caso, ella avrebbe riposto un inescusabile affidamento sulle competenze del Commissario Straordinario dell’azienda allorché era stata chiamata a sottoscrivere le due delibere incriminate. La ricorrente, in virtù della qualifica rivestita, doveva essere a conoscenza del progetto e doveva necessariamente avere vagliato, prima di rendere il parere obbligatorio non vincolante che nella veste ricoperta le era stato richiesto, la sussistenza delle condizioni per lo stanziamento delle somme di denaro in favore della Fondazione.
Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione alla ritenuta configurabilità della fattispecie del concorso nel reato di peculato, in assenza di un soggetto appropriante e di qualsivoglia disponibilità giuridica e materiale delle somme di denaro indicate nei capi 1) e 3) dell’incolpazione provvisoria.
Sottolinea la difesa che l’appropriante deve essere necessariamente l’autore del reato; anche aderendo alla tesi meno garantista – ovvero quella che postula che l’appropriante possa essere un soggetto distinto dall’autore della condotta nel caso in esame si sarebbe nella impossibilità oggettiva di individuare un terzo appropriante, che non potrebbe, di certo, essere la Fondazione RAGIONE_SOCIALE” in quanto onlus, partecipata da soggetti onlus, dall’università di Messina e dal Policlinico di Messina. Le onlus non distribuiscono utili, che, infatti, sarebbero ritornati al
Policlinico di Messina e all’Università, e le entrate sarebbero corrispondenti ai costi dei servizi erogati.
Non risulterebbero, inoltre, utili distribuiti, accumuli di risorse, appropriazione . ingiustificate, servizi non resi o maggiorazione dei costi dei servizi.
Deduce la difesa che i beneficiari finali non potrebbero essere ritenuti COGNOME e COGNOME (Presidenti, succedutisi nel tempo, della Fondazione “RAGIONE_SOCIALE“): a fronte delle dettagliate questioni della difesa in punto di mancata indicazione di come le somme di denaro siano, in caso, transitate ai soggetti in questione, l’ordinanza impugnata nulla dice.
2.2. Violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di peculato per distrazione, in assenza di qualsivoglia fine privatistico perseguito dalla ricorrente.
La distrazione del denaro è punibile come peculato solo in quanto l’atto di destinazione sia compiuto per finalità esclusivamente private ed estranee a quelle istituzionali. Il Tribunale della cautela non avrebbe dato applicazione a tale principio consolidato della giurisprudenza di legittimità, non essendo stata indicata la finalità privatistica perseguita prima e ottenuta dopo dalla ricorrente.
2.3. Radicale difetto di motivazione rispetto all’apporto e alle competenze della ricorrente in merito alla adozione delle delibere contestate, tenuto conto delle funzioni e dei compiti normativamente previsti per la figura del Direttore sanitario, ai sensi dell’art. 3, comma 7, decreto legislativo 502/1992.
La ricorrente non avrebbe avuto alcun titolo di possesso, né la disponibilità, né il potere di spesa o gestione delle risorse economiche, in quanto oggetto di interesse economico, finanziario e patrimoniale dei diversi settori competenti.
Sarebbe stato di competenza della Reitano solo il successivo parere sanitario e l’apporto alle delibere contestate si sarebbe limitato, quindi, a un parere sugli aspetti sanitari. La sottoscrizione delle delibere avrebbe avuto la sola funzione di attestazione del parere sanitario, non potendosi ravvisare in capo alla ricorrente alcuna ulteriore competenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
GLYPH Il ricorso è fondato, avendo il Tribunale del riesame di Messina errato là dove ha stimato sussistenti i gravi indizi di colpevolezza del contestato delitto di pecu lato.
2.11 primo motivo di ricorso è fondato.
Reputa, in principalità, il Collegio che difetti la relazione sinallagrnatica dirett che deve, invece, essere in concreto sussistente tra l’emanazione di un provvedimento amministrativo e la destinazione delle risorse.
Premesso che, in tema di peculato, il possesso qualificato dalla ragione d’ufficio o di servizio non è solo quello rientrante nella specifica competenza funzionale dell’agente, ma anche quello derivante da prassi e consuetudini invalse nell’ufficio che permettano di maneggiare od avere la disponibilità materiale del bene, e che, dunque, trova nella funzione o nel servizio l’occasione del suo verificarsi (Sez. 6, n. 19424 del 03/05/2022, COGNOME, Rv. 283161), nel caso di specie la Reitano, in ragione della qualifica di Direttore Sanitario dell’Azienda Ospedaliera, non aveva la disponibilità giuridica delle somme di denaro in contestazione, e ciò perché le delibere firmate anche dall’indagata non trasferivano, non spostavano e non disponevano di somme di denaro, le quali, all’atto dell’adozione delle stesse, non erano, peraltro, nemmeno esistenti. Tali delibere potevano, ai massimo, avere comportato il sorgere del diritto, in capo alla Fondazione “RAGIONE_SOCIALE“, a fornire prestazioni sanitarie, che, a prestazione avvenuta e certificata, avevano generato il diritto al conseguimento di somme provenienti dall’Assessorato regionale.
Difettando la disponibilità giuridica del denaro in capo alla ricorrente, non può neppure ipotizzarsi la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 314-bis cod. pen.
3.È fondato anche il secondo motivo di ricorso.
Costituisce principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale integra il delitto di peculato l’atto di disposizione del denaro compiuto – in difetto di qualunque motivazione o documentazione, ovvero in presenza di una motivazione meramente “di copertura” formale – per finalità esclusivamente private ed estranee a quelle istituzionali dell’ente (Sez. 6, n. 41768 del 22/06/2017, COGNOME, Rv. 271283 – 01; Sez. 6, n. 27910 del 23/09/2020, COGNOME, Rv. 279677 – 01). Il reato non è, invece, ravvisabile nei casi in cui l’interesse privato dell’agente e quello istituzionale dell’ente siano sincroni e sovrapponibili, non risultando in alcun modo contrastanti (Sez. 6, n. 36496 del 30/09/2020, Vasta, Rv. 280295 – 02).
Nel caso in verifica, sulla scorta della ricostruzione storico fattuale compiuta nella decisione impugnata, deve escludersi che gli atti di disposizione delle somme della Azienda Ospedaliera della quale l’indagata era Direttrice Sanitaria siano stati destinati al soddisfacimento di una finalità di natura privatistica e non istituzionale, si dà configurare una distrazione penalmente rilevante riportabile alla fattispecie incriminatrice de qua.
È, del resto, pacifico – e anche riconosciuto nell’ordinanza impugnata- che il denaro pubblico utilizzato dal Policlinico di Messina sia stato, comunque, utilizzato per la erogazione di prestazioni sanitarie rese nei confronti dell’utenza.
4.11 terzo motivo di ricorso è assorbito dall’accoglimento dei primi due.
5.L’ordinanza impugnata deve, quindi, essere annullata senza rinvio, unitamente all’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Messina in data 23 aprile 2024, limitatamente alla misura cautelare reale che, per l’effetto, va dichiarata cessata, disponendo la restituzione dei beni in sequestro in favore dell’avente diritto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, nonché l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Messina in data 23 aprile 2024 limitatamente alla misura cautelare reale, che per l’effetto dichiara cessata, disponendo la restituzione dei beni in sequestro in favore dell’avente diritto.
Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore Generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 28 gennaio 2025
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Il Consia r estensore
Il Presidente