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Peculato per distrazione: non è reato se il fine è pubblico

La Corte di Cassazione ha annullato un sequestro preventivo per peculato per distrazione a carico di una dirigente sanitaria. La Corte ha stabilito che il reato non sussiste per due motivi principali: la dirigente non aveva la disponibilità giuridica diretta delle somme e, soprattutto, i fondi sono stati destinati a un fine di pubblica utilità (la creazione di un centro clinico) e non a scopi privati. Pertanto, l’assenza di un fine privatistico esclude la configurabilità del delitto di peculato per distrazione.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato per Distrazione: Annullato Sequestro se Manca il Fine Privato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 9265/2025) offre un’importante chiave di lettura sul delitto di peculato per distrazione, chiarendo i confini tra una gestione irregolare della cosa pubblica e una condotta penalmente rilevante. Il caso riguarda una dirigente sanitaria di un’azienda ospedaliera universitaria, accusata di aver distratto fondi pubblici a favore di una fondazione onlus per la creazione di un centro clinico specialistico. La Suprema Corte ha annullato il sequestro preventivo, escludendo la sussistenza del reato.

I Fatti del Caso

Una dirigente sanitaria, insieme ad altri vertici di un’azienda ospedaliera universitaria, era indagata per peculato. L’accusa era di aver distratto ingenti somme di denaro, destinate all’erogazione di prestazioni sanitarie pubbliche, a favore di una fondazione onlus. L’obiettivo era creare un centro clinico polispecialistico per la cura di malattie neuromuscolari all’interno dei locali dello stesso policlinico.

Il Tribunale del riesame aveva confermato il sequestro preventivo sui beni della dirigente, ritenendo che, pur essendo i fondi utilizzati per un fine apparentemente pubblico, la procedura fosse illegittima e rappresentasse un’appropriazione indebita di denaro pubblico. La difesa della dirigente ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo l’insussistenza del reato per due motivi principali: l’assenza di disponibilità giuridica e materiale delle somme da parte sua e, soprattutto, la mancanza di un fine privatistico nella destinazione dei fondi.

La Decisione della Cassazione sul Peculato per Distrazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio l’ordinanza di sequestro. I giudici hanno smontato l’impianto accusatorio, evidenziando la carenza di due elementi fondamentali per configurare il reato di peculato.

Assenza di Possesso e Disponibilità Giuridica

In primo luogo, la Corte ha specificato che la dirigente, in qualità di Direttore Sanitario, non aveva la disponibilità giuridica delle somme in questione. Le delibere da lei co-firmate non trasferivano né disponevano direttamente di denaro, che peraltro non era ancora esistente al momento della firma. Tali atti, al massimo, facevano sorgere un diritto della fondazione a ricevere dei fondi dall’Assessorato regionale solo dopo aver erogato e certificato le prestazioni sanitarie. Mancando un potere concreto di disporre del denaro, viene meno il presupposto del possesso qualificato richiesto dalla norma sul peculato.

La Rilevanza del Fine Pubblico esclude il Peculato per Distrazione

Il punto cruciale della decisione riguarda la finalità della distrazione. La giurisprudenza consolidata stabilisce che il peculato per distrazione si configura solo quando i fondi pubblici vengono deviati per finalità esclusivamente private ed estranee a quelle istituzionali. Nel caso di specie, era pacifico e riconosciuto che il denaro era stato impiegato per erogare prestazioni sanitarie a beneficio della collettività. Sebbene le modalità di creazione del centro clinico potessero essere proceduralmente irregolari, la destinazione finale delle risorse non era a vantaggio privato di alcuno, ma rispondeva a un interesse pubblico. Quando l’interesse privato dell’agente e quello istituzionale dell’ente non sono in conflitto, ma addirittura sovrapponibili, il reato non è ravvisabile.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio di diritto consolidato: per integrare il delitto di peculato, non è sufficiente una qualsiasi gestione illegittima di fondi pubblici. È necessario che l’atto di disposizione sia compiuto per soddisfare un interesse esclusivamente privato, in contrasto con quello pubblico. La sentenza sottolinea che l’utilizzo di denaro pubblico per erogare prestazioni sanitarie all’utenza, anche se attraverso un soggetto terzo come una onlus e con procedure non autorizzate, non costituisce una distrazione penalmente rilevante se non emerge una finalità privatistica. L’assenza di tale finalità fa venir meno l’elemento soggettivo e la stessa offensività della condotta richiesta dall’art. 314 c.p.

Le Conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione è fondamentale per distinguere tra la responsabilità penale e quella amministrativa o contabile. La Corte ribadisce che il diritto penale interviene solo quando la condotta lede specifici beni giuridici, come la probità e l’imparzialità della pubblica amministrazione, cosa che avviene quando un pubblico ufficiale agisce per un tornaconto personale. Una gestione irregolare o illegittima, se priva di una finalità di arricchimento privato, può dare luogo ad altre forme di responsabilità, ma non integra il grave delitto di peculato. La decisione, pertanto, tutela i funzionari pubblici da accuse penali per scelte gestionali che, seppur discutibili, sono orientate al perseguimento di un interesse collettivo.

Quando si configura il reato di peculato per distrazione?
Il reato di peculato per distrazione si configura quando un pubblico ufficiale distrae fondi o beni di cui ha la disponibilità per ragioni d’ufficio, destinandoli a finalità esclusivamente private ed estranee a quelle istituzionali dell’ente pubblico di appartenenza.

Per commettere peculato è necessario avere il controllo materiale del denaro?
No, non necessariamente. Il possesso richiesto dalla norma può essere anche solo giuridico, ovvero la capacità di disporre del bene in virtù della propria funzione. Tuttavia, come chiarito in questa sentenza, se il funzionario firma atti che non comportano un trasferimento immediato o diretto di fondi, ma creano solo le premesse per un futuro pagamento da parte di un altro ente, tale disponibilità giuridica può essere esclusa.

Utilizzare fondi pubblici per un fine di pubblica utilità attraverso una procedura irregolare costituisce peculato?
Secondo questa sentenza, no. Se i fondi pubblici, pur attraverso una procedura illegittima, vengono comunque utilizzati per erogare un servizio a beneficio della collettività (come prestazioni sanitarie), e non per un vantaggio privato, non si configura il reato di peculato. La finalità pubblica della spesa, anche se l’interesse dell’ente e quello privato dell’agente sono sovrapponibili, esclude la rilevanza penale della condotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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