Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21646 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21646 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso la Corte di appello di Milano avverso la sentenza emessa dalla Corte dì appello di Milano il 12/12/2022 nei procedimento nei confronti di:
COGNOME NOME, nato a Piacenza il DATA_NASCITA;
NOME, nato a Taviano il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Pian Camuno il DATA_NASCITA;
visti gli atti ed esaminato il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito l’AVV_NOTAIO, difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che h concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO, difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
uditi gli l’AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, difensori di NOME COGNOME, hanno concluso per l’inammissibilità del ricorso;
uditi gli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori di NOME COGNOME, che hanno concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; uditi gli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori di NOME COGNOME, che hanno concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udita l’AVV_NOTAIO.ta AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano, all’esito del giudizio di primo grado, aveva condannato 1) NOME COGNOME per i reati contestati ai capi A) – B) (peculato), E) (353 bis cod. pe assolvendolo dai capi C-D) (truffa) e F) (frode in pubbliche forniture);
NOME COGNOME, oltre che per i reati di cui ai capi A) -B) ed E), anche, in conc con COGNOME NOME, per quello di cui al capo F) (frode in pubbliche forniture assolvendolo dai capi C) e D).
Il Tribunale aveva invece assolto NOME da tutti i reati a lui contestati (c A-B- C- D) – E)- F).
La Corte di Appello, con la sentenza impugnata, ha rigettato l’appello del Pubblico Ministero proposto avverso il giudizio di assoluzione nei confronti di NOME COGNOME relativo ai capi A)- B) ed E) e, in accoglimento degli appelli proposti dagli imputati, assolto questi dai reati loro rispettivamente ascritti perché il fatto non sussiste.
L’impugnazione del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha ad oggetto solo i capi di imputazione A)- B) ed F).
Per ragioni di ordine espositivo è utile fare riferimento ai fatti oggetto imputazioni in questione.
Quanto al capo A), si contesta a COGNOME NOME, direttore generale della RAGIONE_SOCIALE a capitale pubblico RAGIONE_SOCIALE, a COGNOME NOME, direttore e responsabile dell’ufficio legale della RAGIONE_SOCIALE in questione e a COGNOME NOME, amministratore delegato dell RAGIONE_SOCIALE partecipazione pubblica RAGIONE_SOCIALE, di essersi appropriati, in concor con COGNOME NOME – giudicato separatamente – delle somma di euro 256.666,67 – di cui alla fattura n. 57/15 -, sottratta dalle casse di RAGIONE_SOCIALE – di cui avevano disponibilità.
Detta somma avrebbe costituito la prima tranche del corrispettivo relativo al RAGIONE_SOCIALEo gestione calori immobili comunali anno termico 2014-2015 affidato dal RAGIONE_SOCIALE in regime di proroga alla controllata RAGIONE_SOCIALE e materialmente svolto da quest’ultima con proprio personale, mezzi e materiali.
L’appropriazione sarebbe stata commessa sulla base di un accordo occulto, mai approvato dal consiglio RAGIONE_SOCIALE amministrazione di RAGIONE_SOCIALE e non comunicato al comune di RAGIONE_SOCIALE, in forza del quale il RAGIONE_SOCIALEo sarebbe stato simulatamente sub affittato in pa
alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ai soli fini della distrazione delle somme; in ragione di accordo veniva concordato un corrispettivo complessivo di euro 616.000, iva esclusa (Capo A).
Quanto al capo b) (tentativo di peculato), si contesta agli imputati, dopo essers impossessati della somma di cui al capo a), di avere tentato di ottenere il pagamento delle successive tranche dei 616.000 euro, di cui si è detto, attraverso la presentazione di quattro proposte di ordine, anche esse bloccate dal nuovo consiglio di amministrazione di RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello ha ricostruito il quadro generale entro il quale i fatti dev collocarsi chiarendo che:
il capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE – fino al 2013 denominata RAGIONE_SOCIALE detenuto per il 65% delle quote di RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), a 30% da RAGIONE_SOCIALE e al 5% da RAGIONE_SOCIALE;
con delibera del 20.3.2013 NOME COGNOME aveva deciso di vendere la sua quota di partecipazione in RAGIONE_SOCIALE dietro corrispettivo di 250.000 euro e di assegnare ad RAGIONE_SOCIALE il contratto di RAGIONE_SOCIALEo quinquennale di conduzione e manutenzione degli impianti di riscaldamento- centrali termiche degli edifici di proprietà e in gestione di RAGIONE_SOCIALE
la gara conduceva il 17/06/2013 alla aggiudicazione provvisoria in favore di RAGIONE_SOCIALE, il cui legale rappresentante era NOME COGNOME, che, in data 30.5.2013, av sottoscritto, con NOME COGNOME (direttore generale e legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE) e NOME COGNOME (legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE), una scrittura denominata “accordo di regolamento interno”, qualificata in termini di patto parasociale, con la quale venivano disciplinati i rapporti interni per l’acquisto congiunto de partecipazione di NOME RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, che sarebbe stata ripartita tra RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nelle percentuali rispettivamente del 30%, del 5% e del 30%;
detti patti disciplinavano il funzionamento di RAGIONE_SOCIALE nella nuova configurazione e si stabiliva che ogni socio avrebbe avuto la competenza sulla conduzione delle centrali termiche e degli impianti localizzati nel proprio comune;
il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, con contratto di durata novennale stipulato nel corso della stagione termica 2003 – 2004, aveva assegnato alla sua partecipata RAGIONE_SOCIALE l’attività manutentiva, di conduzione degli impianti e di fornitura del combustibile, ma nel 2012 aveva prorogato l’affidamento del RAGIONE_SOCIALEo alla sua partecipata anche per gli anni 20122013 e 2013 – 2014;
la gara per il nuovo appalto novennale del RAGIONE_SOCIALEo per gli impianti di proprietà nella disponibilità del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, indetta il 28/04/2014, veniva vinta dalla societ RAGIONE_SOCIALE, ma la seconda classificata, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, aveva propos ricorso avverso l’aggiudicazione, con richiesta di sospensiva, che il Tribunale amministrativo regionale aveva accolto, ritenendo RAGIONE_SOCIALE priva degli idonei certificati di qualità e dei requisiti economico finanziari necessari per l’espletamento del RAGIONE_SOCIALEo;
il RAGIONE_SOCIALE, venuto a conoscenza della impugnazione avverso il provvedimento di aggiudicazione provvisoria proposta poco prima della stagione termica, aveva deliberato, in attesa della decisione del Tribunale amministrativo regionale e dopo raccoglimento della istanza di sospensiva, di mantenere in capo a RAGIONE_SOCIALE la gestione del calore sino al 30.4.2015.
Secondo il Tribunale, la scelta di RAGIONE_SOCIALE e, in particolare, di COGNOME, di accettar le condizioni economiche imposte dal RAGIONE_SOCIALE per la proroga, malgrado la prospettiva di un guadagno quasi inesistente e nonostante l’insistenza di un obbligo a contrarre, sarebbe stata spiegabile in ragione delle condotte poste in essere immediatamente dopo; la proroga, cioè, avrebbe consentito ad RAGIONE_SOCIALE di coinvolgere RAGIONE_SOCIALE con un accordo finalizzato a simulare !o svolgimento della commessa da parte di RAGIONE_SOCIALE laddove, invece, il RAGIONE_SOCIALEo sarebbe stato svolto solo dai dipendenti di RAGIONE_SOCIALE.
Tale simulazione avrebbe quindi consentito la distrazione – appropriazione di 254.967 euro in favore di RAGIONE_SOCIALE attraverso RAGIONE_SOCIALE, che detta somma aveva ricevuto dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per lo svolgimento in proroga dei RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello, diversamente dalla prospettazione accusatoria recepita dal Tribunale, ha assolto ritenendo i rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, non simulati, ma effettivi.
Quanto al capo F), (frode in pubbliche forniture), i fatti attengono al RAGIONE_SOCIALEo gestione del calore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2016.
Dalla imputazione si evince che:
l’appalto era stato aggiudicato in un primo momento alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ma, a seguito di ricorso al Tribunale amministrativo regionale, l’appalto veniva aggiudicato definitivamente alla RAGIONE_SOCIALE seconda classificata, la RAGIONE_SOCIALE;
la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, in persona di COGNOME COGNOME COGNOME, sottoscrivevano il 24.8.201 una scrittura privata di carattere transattivo in forza della quale, a fronte della rinu da parte di RAGIONE_SOCIALE al ricorso al Consiglio di Stato avverso la decisione del Tribunal amministrativo regionale, veniva prevista la cessione da parte di RAGIONE_SOCIALE del contratto a RAGIONE_SOCIALE per un corrispettivo pari a circa i’88% del valore;
veniva pattuita una clausola di riservatezza, sancendo così un accordo segreto che era celato al RAGIONE_SOCIALE, che in realtà, solo nel dicembre del 2015 ne era venuto successivamente a conoscenza;
il RAGIONE_SOCIALE, verificata la violazione delle norme sia in tema di cessione del contratto che in ordine ai limiti del subappalto, presentava una denuncia.
La Corte di appello ha assolto ritenendo provato solo un accordo finalizzato a compiere un reato- attraverso la sostituzione di un contraente ad un altro- e a “ribaltar la commessa in favore di A2E, ma rimasto tale, cioè non eseguito, e dunque, non punibile ai sensi dell’art. 115 cod. pen.
I fatti, ha aggiunto la Corte, al più potrebbero essere ricondotti al tentativo, l configurabilità, tuttavia, è stata esclusa per non essere stato seguito l’accordo di cu è detto da nessun atto esecutivo.
Ha proposto ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso la Corte di appello di Milano articolando due motivi.
2.1. Quanto ai capi A-B (peculato e tentativo di peculato) si deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
Diversamente dagli assunti della Corte di appello, sostiene il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che la RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata una RAGIONE_SOCIALE a partecipazione pubblica ma con un’anima prevalentemente privata e ciò in base alla partecipazione di un socio privato (ETI, il c amministratore era COGNOME che, al tempo stesso, era anche legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE) e alla stessa finalità sociale.
Si aggiunge che l’avere permesso il pagamento di somme di denaro a RAGIONE_SOCIALE, a fronte di prestazioni in larga parte non eseguite e seguendo una procedura del tutto anomala in violazione delle regolari procedure contabili (assenza di contratto a monte e d richieste di ordine), rivelerebbe la volontà di addivenire alla distrazione delle ris pubbliche.
Sarebbe errata anche l’affermazione secondo cui il reato non sarebbe configurabile per la presenza di un contratto – poi dichiarato nullo dal Giudice civile- tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, formalmente giustificativo della dazione in favore di quest’ultima societ da parte di RAGIONE_SOCIALE del denaro ricevuto dal RAGIONE_SOCIALE.
Evidenzia in particolare il AVV_NOTAIO che COGNOME il giudice civile, nell’ambito di una controversia tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (si assume che, al momento della pronuncia della sentenza impugnata, la Corte avrebbe avuto la disponibilità della sola consulenza svolta in quel procedimento ma non anche della sentenza), oltre a dichiarare – come dettonullo il contratto, avrebbe valutato le prestazioni in concreto eseguite da RAGIONE_SOCIALE a fi pubblici, rideterminando tuttavia i compensi spettanti in misura minore rispetto a quanto corrisposto da RAGIONE_SOCIALE, condannando, a titolo di indebito, RAGIONE_SOCIALE alla restituzione della somma di 51.129,63 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.
Dunque, si sostiene, pur volendo ritenere che NOME abbia effettivamente svolto una parte delle prestazioni, nondimeno la somma pagata e fatturata non sarebbe stata interamente lecitamente dovuta (analogo ragionamento viene compiuto quanto al capo B).
Sotto altro profilo, sarebbe errata l’affermazione della Corte secondo cui il su affidamento tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato legittimo, in ragione dei patti parasociali di cui si è detto.
La motivazione sarebbe viziata perché:
i patti parasociali avrebbero regolato i rapporti interni ad RAGIONE_SOCIALE e avrebbero riguardato i lavori assunti dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, ma non avrebbero potuto essere utilizzati per disciplinare i lavori assunti da RAGIONE_SOCIALE, come nel caso di specie;
la descrizione dei rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ritenuti un soggetto sostanzialmente unitario, non troverebbe riscontro in atti e in particolare nell testimonianza del teste COGNOME, non adeguatamente considerata;
l’istruttoria avrebbe chiarito che la RAGIONE_SOCIALE era una RAGIONE_SOCIALE all’epoca priva di struttura di personale e di mezzi adeguati per far fronte ad una commessa come quella per cui si discute.
La sentenza sarebbe viziata anche in relazione alla valutazione del manoscritto redatto all’esito di un incontro fra i principali imputati il 22.10.2014, di cui si è l’espressione in esso contenuta, relativa alla gestione della commessa da parte del RAGIONE_SOCIALE ad RAGIONE_SOCIALE – che avrebbe dovuto – secondo il patto – essere continuata da RAGIONE_SOCIALE “anche se in maniera non ufficiale” – sarebbe stata erroneamente interpretata dalla Corte di appello quanto al sintagma “non ufficiale”; detto riferimento non sarebbe rivelatore della necessità che l’assunzione della commessa da parte di RAGIONE_SOCIALE dovesse essere “non formalizzata”, quanto, piuttosto, del carattere illecito della operazione.
Assume il AVV_NOTAIO ricorrente che la motivazione sarebbe ancora viziata per avere la Corte omesso di valutare le molteplici prove contrarie- costituite da testimonianze, documenti, intercettazioni – che consentirebbero di ritenere come quel documento sia rivelatore delle finalità illecite degli imputati (si fa in particolare riferimen deposizione del teste COGNOME COGNOME avrebbe spiegato il senso di quella operazione).
2.2. Con il secondo motivo si deduce, come detto, violazione di legge e vizio di motivazione quanto al capo F (frode in pubbliche forniture).
Diversamente dalla Corte di appello, sostiene il AVV_NOTAIO ricorrente che la Corte non avrebbe valutato gli elementi di prova documentale e testimoniale comprovanti tutta una serie di iniziative di COGNOME, cioè del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE finalizzate a dare concreta attuazione all’accordo-.
Sarebbe in particolare documentata l’interlocuzione con RAGIONE_SOCIALE per addivenire alla volturazione dei contatori, che non sarebbe andata a buon fine solo per il rifiuto del gestore per la mancanza dì un valido titolo contrattuale.
Si aggiunge che la mancata esecuzione dell’accordo sarebbe conseguente alla denuncia del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Sono pervenute due memorie, sostanzialmente sovrapponibili, nell’interesse delle parti civili, con cui, nel chiedere l’annullamento della sentenza impugnata, da una parte, quanti ai capi A)- B) si valorizza la dichiarazione di nullità da parte del Giudice civile contratto intercorso tra A2E e ASivi, apparentemente giustificativo delle dazioni di denaro tra i due soggetti, e, dall’altra, si riprendono e si sviluppano ulteriormente gli argomen
posti a fondamento del ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, con riguardo alle dichiarazioni dei teste COGNOME, COGNOME, e, quanto al capo F), COGNOME.
E’ pervenuta una memoria nell’interesse di NOME COGNOME con cui, oltre a ripercorrere la motivazione della sentenza impugnata, si segnala che: a) l’impugnazione non ha riguardato il capo E); b) il giudice civile avrebbe confermato l’effettività de prestazioni di E2A; 3) il coimputato COGNOME sarebbe stato assolto;
E’ stata prodotta anche una memoria nell’interesse di NOME COGNOME con cui si riproducono le COGNOME specifiche COGNOME questioni, già portate alla cognizione della Corte, le argomentazioni della Corte e la sostanziale infondatezza della tesi secondo cui la Corte non avrebbe preso in considerazioni le dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME.
Si ripercorre la sentenza del giudice civile e si sostiene come la stessa avrebbe annullato il contratto solo con riguardo alla irregolarità del sub appalto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Quanto ai capi A) e B) della imputazione, l’intera prospettazione accusatoria, recepita nel ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, è fondata su un assunto costitutivo e cioè che il passaggio di denaro tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE fosse senza causa giustificativa, fosse ciò un passaggio di denaro che non aveva una propria causa in un rapporto sinallagmatico effettiva perché, in realtà, RAGIONE_SOCIALE si sarebbe arricchita senza eseguire il proprio programma contrattuale che invece sarebbe stato eseguito dalla stessa RAGIONE_SOCIALE.
Detta prospettazione è stata nel corso del processo conformata in modo crescente; sul punto, il ricorso è chiarissimo, nel senso che RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata una RAGIONE_SOCIALE sostanzialmente “vuota”, priva di una propria struttura di personale e di mezzi; una inidoneità, tuttavia, non assoluta, tale cioè da ritenere che RAGIONE_SOCIALE non eseguì nessuna prestazione, quanto, piuttosto, una inidoneità parziale, nel senso che la RAGIONE_SOCIALE, pur essendo costretta a fare riferimento “in larga parte alle risorse di RAGIONE_SOCIALE“, avrebbe ricevuto “un compenso con risorse pubbliche in larga parte indebito” (così testualmente il ricorso).
Dunque, non un inadempimento totale, ma una mancata attuazione parziale del programma obbligatorio che non giustificherebbe il corrispettivo ricevuto da ASM; tale mancanza di corrispettività tra le prestazione proverebbe l’appropriazione penalmente rilevante ai fini della configurazione del delitto di peculato.
Si tratta di un assunto che non può essere condiviso.
La Corte di appello, con una motivazione congrua e priva di illogicità evidenti, ha spiegato il senso del contenuto del patto parasociale, ritenendo che con quel documento si fosse convenuto che la gestione di quella commessa sarebbe rimasta a RAGIONE_SOCIALE, “anche se in maniera non ufficiale”.
Si tratta di un documento a cui fece poi seguito un contratto formale, quello poi dichiarato nullo dal Giudice di civile, e di cui si dirà.
Il tema, tuttavia, non è quello della regolarità astratta dei comportamenti, dell conformità astratta del contratto allo schema legale, quanto, piuttosto, quello di verificare se una appropriazione dolosa vi fu del denaro da parte degli odierni imputati e se quella appropriazione fu “coperta” attraverso il contratto.
In tale contesto la Corte di appello ha assolto perchè: a) i rapporti tra RAGIONE_SOCIALE, diversamente dalla prospettazione accusatoria recepita dal Tribunale, non erano affatto simulati; b) RAGIONE_SOCIALE non era un soggetto fittizio ed una scatola vuota; c) dai rapporti reali tra le due RAGIONE_SOCIALE erano sorti rapporti obbligatori, compresi, in particolare, que di cui alle fatture relative ai capi A) e B); d) non vi sarebbe la prova, quindi, che il den dragato da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE fosse destinato a finalità personali; e) il denaro era giustificato da un contratto, seppur formalizzato in data successiva all’inizio dei rapport tra i due soggetti, che aveva avuto sostanziale attuazione.
Secondo la Corte di appello, cioè, RAGIONE_SOCIALE non era “un guscio” provo di struttura, quanto, piuttosto, un soggetto che aveva eseguito il proprio programma contrattuale e che quindi vantava davvero legittime pretese creditorie nei confronti di RAGIONE_SOCIALE che giustificavano il passaggio di denaro tra le due RAGIONE_SOCIALE.
Dunque, un attribuzione di denaro non senza causa giustificativa, non compiuta in funzione dello svuotamento patrimoniale di RAGIONE_SOCIALE da parte degli imputati, ma una dazione che aveva un proprio nesso di corrispettività con le prestazioni compiute dalla stessa RAGIONE_SOCIALE.
In tal senso si colloca anche l’accertamento compiuto in sede civile nell’ambito della controversia proprio tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e che aveva ad oggetto, da una parte, la richiesta di RAGIONE_SOCIALE di dichiarare la nullità del contratto stipulato il 4.3.2015 e la manca esecuzione delle prestazioni da parte di RAGIONE_SOCIALE, e, dall’altra, la domanda di RAGIONE_SOCIALE di pagamento in danno di RAGIONE_SOCIALE.
Sul tema qualche considerazione si impone.
La Corte di appello ha valorizzato l’esito della consulenza tecnica d’ufficio disposta nel giudizio civile che aveva ad oggetto proprio la ricostruzione dei rapporti giuridici t le due RAGIONE_SOCIALE e la determinazione delle rispettive pretese e ha spiegato come secondo il consulente il contratto fosse effettivo ed sostanzialmente eseguito.
In tale contesto si colloca la sentenza emessa in sede civile dal Tribunale all’esito della controversia in questione, a cui tutte la parti hanno fatto riferimento.
Non è in contestazione la circostanza che con detta sentenza sia stato accertato che: a) il contratto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE è stato dichiarato nullo perché stipulato in violazione delle norma sull’evidenza pubblica e non perché simulato soggettivamente o oggettivamente; b) RAGIONE_SOCIALE aveva in concreto adempiuto il proprio programma contrattuale, seppur in modo parziale; c) RAGIONE_SOCIALE aveva effettivamente sopportato costi per la esecuzione del contratto; d) RAGIONE_SOCIALE aveva diritto a ricevere i corrispettivo per le proprie prestazioni; e) a seguito della dichiarazione di nullità contratto è stato accertato che RAGIONE_SOCIALE, in ragione delle prestazioni effettivamente eseguite, avesse ricevuto indebitamente “solo” la somma di 51.129,63 euro.
Si tratta di un accertamento che, diversamente dagli assunti del AVV_NOTAIO ricorrente e delle parti civili, non smentisce affatto le conclusioni cui è pervenuta la Cor di appello, ma, piuttosto, le conferma e, obiettivamente, demolisce la prospettazione accusatoria.
Quel rapporto contrattuale non fu apparente e strumentale a consentire l’appropriazione di denaro da parte degli imputati, ma effettivo e quasi integralmente eseguito da RAGIONE_SOCIALE che, dunque, aveva maturato legittimamente crediti nei riguardi di RAGIONE_SOCIALE.
Non è chiaro dunque perché nella specie sarebbe configurabile una condotta appropriativa compiuta nell’ambito di un contratto sostanzialmente simulato e non, invece, solo un inesatto adempimento di un programma contrattuale reale e quasi integralmente adempiuto.
Non è chiaro perché il fatto che RAGIONE_SOCIALE conseguì una parte di denaro in più rispetto alle prestazioni eseguite sarebbe rivelatore del peculato.
Non è chiaro né in concreto quali sarebbero i fatti e le prova che la Corte non avrebbe valutato e, soprattutto, perché dette prove, soprattutto dichiarative, avrebbero una valenza demolitoria degli accertamenti compiuti in sede civile.
In tale contesto, il motivo di impugnazione rivela la sua strutturale inammissibilità perché, da una parte, non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, e, dall’altra, reitera argomentazioni già valutate correttamente dalla Corte di appello, cui assunti trovano oggettiva conferma nella sentenza emessa dal Tribunale civile.
Il motivo in esame, per come strutturato, esula dal percorso di una ragionata censura del complessivo percorso motivazionale del provvedimento impugnato, con il quale obiettivamente non si confronta, e si risolve in una indistinta e contraddittoria crit difettiva; la frammentazione dei ragionamento sotteso al ricorso, la moltiplicazione di rivoli argomentativi neutri o, comunque, non decisivi, la scomposizione indistinta di fatt e di piani di indagine non ancorata al ragionamento probatorio complessivo della sentenza impugnata, la valorizzazione di singoli elementi il cui significato viene scisso ed esaminato atomisticamente rispetto all’intero contesto, violano il necessario onere di
specificazione delle critiche mosse al provvedimento (sul tema, Sez. 6, n. 10539 del 10/02/2017, Lorusso, Rv. 269379).
Le censure del AVV_NOTAIO ricorrente tendono sostanzialmente a sollecitare una differente e non consentita comparazione dei singoli significati probatori e a una diversa e non consentita ricostruzione dei fatti.
4. A diverse conclusioni non è dato pervenire anche in relazione al secondo motivo di ricorso, che attiene al capo F) (frode in pubbliche forniture).
Si tratta di un motivo inammissibile perché generico.
Rispetto all’assunto della Corte, secondo cui nella specie, da una parte, sarebbe stata raggiunta la prova dell’accordo per commettere un reato, ma non anche quella dell’attuazione di detto accordo, e, dall’altra, che i fatti non potrebbero essere ricondo nemmeno alla fattispecie tentata, nulla di specifico è stato dedotto.
Sul tema il ricorso del AVV_NOTAIO generale è obiettivamente aspecifico essendosi limitato a affermare che la Corte non avrebbe considerato “elementi di prova” che comproverebbero una serie di iniziative di COGNOMECOGNOME legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, finalizzate a dare attuazione all’accordo criminoso, senza nemmeno indicare quali sarebbero detti elementi di prova, quale sarebbe la fonte probatoria attraverso cui sarebbero stati acquisiti, quale sarebbe il loro contenuto specifico e la loro capacit dimostrativa.
Un motivo di ricorso muto.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2024.