Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19103 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19103 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Viareggio il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del :17/05/2023;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
sentito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo che la sentenza venga annullata senza rinvio per intervenuta prescrizione;
sentito il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che ha insistito p l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Roma, con sentenza del 1;7 maggio 2023 (motivazione depositata il successivo 25 luglio), in riforma di quella di primo grado emessa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ridotto la pena inflitta a COGNOME NOME alla misura di anni due di reclusione (sospes condizioni di legge) determinando in anni due anche la durata della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
La condanna inflitta all’imputato ha ad oggetto la contestazione di peculato perché quale incaricato di un pubblico servizio (nella sua qualità di amministratore delegato della soci RAGIONE_SOCIALE a prevalente capitale pubblico), avendo per ragioni del suo servizio il possesso e comunque la disponibilità di denaro, si faceva attribuire nei cedolini stipendiali somme n dovute: in particolare euro 73.893,97 dal dicembre 2008 all’agosto 2010, anche sotto la voce di indennità di trasferta, rimborso spese piè di lista, compenso collaborai:ori e premi di risul somma parzialmente restituita, a richiesta del nuovo Consiglio di amministrazione della società, nel 2012, con residuo debito di euro 37.019,07 che provvedeva poi, su nuova sollecitazione, a coprire ancora in modo parziale (fatti contestati come commessi dal dicembre 2008 all’agosto 2010).
Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso nel quale deduce nove motivi.
3.1. Con i primi tre motivi, tra loro correlati, eccepisce violazione di legge e v motivazione della pronuncia impugnata in relazione alla condanna per la fattispecie di peculato; in particolare il ricorrente evidenzia che: a) difettano gli elementi costitutivi di det (peraltro fondato illogicamente dai giudici di merito sulla “assenza di documenti giustificativ rimborsi”) in quanto, da un lato, COGNOME COGNOME COGNOME è appropriato del denaro ma ha regolarment svolto la funzione – corrispondente al soddisfacimento dell’interesse pubblico – attribuitagl società percependo le somme regolarmente stabilite dall’ente; b) egli non aveva affatto “possesso o comunque la disponibilità del denaro”, come incongruamente sostenuto dalla sentenza impugnata, in quanto gli emolumenti gli venivano erogati dai competenti organi dell’ente sui quali egli non poteva incidere, di tal che difetta il necessario presupposto giuridica configurabilità del peculato sotto il profilo oggettivo; c) in ogni caso non vi dell’elemento psicologico del reato contestato, sussistendo comunque la buona fede – e dunque un incolpevole errore sul fatto, rilevante ex art. 47 cod. pen. – negata dai giudici di me base all’assunto che l’imputato avrebbe “dovuto giustificare le spese sostenute per le predett voci prima di stabilirle autonomamente negli importi autoliquidati”, mentre la regol indicazione delle stesse in busta paga e l’appostazione nel bilancio societario lo hanno indotto ritenere legittime le attribuzioni economiche.
3.2. Con il quarto motivo si deduce che, al più, i fatti contestati avrebbero dovuto ess qualificati come abuso di ufficio e a tale riguardo si indicano pronunce di questa Corte rela all’utilizzo di denaro pubblico per finalità diverse da quelle cui esse erano destinate comunque, non estranee all’interesse pubblico, nelle quali è stato escluso il peculato.
3.3. Con il quanto motivo si eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato prima del pronuncia di appello, contestando al riguardo il calcolo dei periodi di sospensione per “disciplina Covid” e rilevando che in realtà tale periodo è pari a 48 giorni (anziché erroneamente indicati), ragion per cui il reato si è estinto il 16 maggio 2023, giorno precede all’emissione della sentenza impugnata.
3.4. Il sesto motivo deduce l’illegittima applicazione della pena accessoria nella misura due anni, senza alcuna motivazione in ordine a tale periodo mentre il settimo motivo eccepisce la mancata estensione della sospensione condizionale anche a detta pena accessoria, con violazione dell’art. 2 cod. pen., considerato che la disciplina (art. 166 comma 1 cod. pen.) c ha previsto la possibilità di escludere il beneficio alle pene accessorie in caso di condanna, l’altro, per il delitto di peculato è stata introdotta dalla legge n. 3 del 2019, di gr successiva alla data di commissione del reato.
3.5. Con l’ottavo motivo si deduce l’illegittima mancata applicazione dell’attenuante d ravvedimento attivo (art. 62 n. 6 cod. pen.) in ordine alla quasi totale restituzione delle s in contestazione. Il nono motivo, infine, deduce violazione di legge e vizio di motivazion ordine alla mancata concessione del beneficio della non menzione, negato in modo illogico sulla base della supposta “assenza di ravvedimento” e dell’esistenza di un precedente penale, relativo però a contravvenzione per la quale era stata inflitta la sola pena dell’ammenda e in ordine al quale si era verificato l’effetto di cancellazione dal casellario giudiziario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Incontestata risulta la materialità dei fatti, ossia la percezione di somme da pa dell’imputato e dal predetto riconosciute come eccedenti il compenso pattuito, tant’è che ess sono state in gran parte restituite. Si tratta di compensi erogati al Berl:uccelli, amministr delegato di società (RAGIONE_SOCIALE) mista con prevalente capitale del RAGIONE_SOCIALE (51%) e il restante in mano a socio privato.
2.1. Pacifica è la qualificazione soggettiva pubblica del COGNOME, atteso che questa Sezio (sent. n. 1826 del 27/11/2019 – dep. 2020, Innocenti, Rv. 278125 – 01) ha avuto modo di precisare che «in tema di reati contro la pubblica amministrazione, riveste la qualifica incaricato di pubblico servizio l’amministratore di una società per azioni a prevalente capit pubblico, incaricata della gestione dei servizi pubblici municipali o provinciali in materia d e di reflui fognari, in considerazione della connotazione prettamente pubblicistica dell’att svolta»,
Ciò, peraltro, non è sufficiente per ritenere configurato il delitto di peculato essendo fine necessario accertare l’avvenuta appropriazione del denaro pubblico sul quale il soggetto agente deve avere il possesso o la disponibilità in ragione del proprio ufficio.
3.1. Sul punto, la sentenza impugnata (pag. 3) ha ritenuto esistente in capo all’imputato presupposto rappresentato dalla “disponibilità del denaro”, in quanto egli ‘in qualità di incari di servizio pubblico (giacchè la società gestiva pubblici servizi comunali in materia di i urbana e bonifica ambientale), intenzionalmente si appropriava dell’indicata complessiva somma
di denaro della società stessa (non giustificata da alcuna documentazione); denaro di cui l’imputato aveva la disponibilità in quanto amministratore delegato”. Peraltro, non viene chiar in che modo egli avesse disposto la “autoliquidazione” di dette somme.
A propria volta il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE (pag. 5 s.) ha sostenuto che “è pacifico che il COGNOME avendo per ragioni del suo ufficio la disponibilità del denaro della RAGIONE_SOCIALE, si appropriato della somma di euro 73.893,97″ rilevando come non risulta “che il consiglio d amministrazione abbia attribuito al COGNOME ulteriori somme di denaro oltre alla retribuz contrattualmente stabilita” e concludendo che “sia stato il COGNOME, personalmente, a da disposizione a coloro che all’interno della società si occupavano di buste paga di liquidare a s favore tali emolumenti”.
3.2. Si tratta di motivazione non idonea a giustificare l’affermazione di penale responsabil Da un lato, il profilo relativo alla “mancata documentazione” di trasferte e missioni – al qu rifà la pronuncia di secondo grado – appare estraneo al momento appropriativo, mentre laddove, a sostegno delle spese ulteriori, fosse stata fornita dall’imputato una documentazione falsa condotta doveva inquadrarsi nella diversa fattispecie di cui all’art. 640 cod. pen. (in tal s Sez. 6 n. 13559 dell’11/07/2019 – dep. 2020, Guercio, Rv. 278888 – 01). Dall’altro lato, conclusione del Tribunale secondo il quale COGNOME aveva dato direttamente disposizione di liquidare a proprio favore le somme non dovute, è affermata in modo apodittico e senza che sul punto venga indicato un qualche elemento di prova a sostegno.
Trattandosi di aporie motivazionali che rendono illogica l’affermazione di pena responsabilità, si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto d reato contestato non sussiste, statuizione che, in ragione dell’evidenza, prevale sulla declarat di intervenuta prescrizione del reato nelle more del giudizio di cassazione (Sez. 2, n. 27611 d 01/07/2009, Casorelli, Rv. 244724 – 01).
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso il 28 marzo 2024
Il AVV_NOTAIO e