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Peculato: la qualifica di incaricato di pubblico servizio

La Corte di Cassazione conferma la condanna per peculato a carico di un dipendente di una fondazione privata che gestiva un servizio pubblico di prelievo per conto dell’azienda sanitaria. La sentenza chiarisce che la qualifica di incaricato di pubblico servizio dipende dalla natura funzionale dell’attività svolta, non dalla natura giuridica del datore di lavoro. Viene inoltre esclusa la configurabilità del peculato d’uso per il denaro, data la sua natura fungibile.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato: anche il dipendente di un ente privato può essere Incaricato di Pubblico Servizio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8614 del 2024, torna ad affrontare il tema del peculato, offrendo chiarimenti cruciali sulla qualifica di ‘incaricato di pubblico servizio’ e sui limiti di applicazione della forma attenuata del ‘peculato d’uso’. Il caso riguarda un dipendente di una fondazione privata, concessionaria di un servizio per conto di un’azienda sanitaria pubblica, condannato per essersi appropriato di somme riscosse dagli utenti. La decisione sottolinea come la natura della funzione svolta prevalga sulla natura giuridica del datore di lavoro.

I Fatti di Causa

L’imputato era un dipendente di una Fondazione privata che aveva in gestione il servizio del punto prelievi per conto dell’Azienda socio-sanitaria territoriale. Il suo compito includeva la riscossione dei ticket sanitari pagati dagli utenti, somme che dovevano poi essere versate all’azienda pubblica. A seguito di controlli, emergeva un ammanco di circa 952 euro, corrispondente agli incassi di due diverse settimane.

Nonostante l’imputato si fosse difeso sostenendo di aver ricevuto un’autorizzazione a versare le somme in ritardo e che l’ammanco era stato comunque recuperato tramite trattenute sulla sua busta paga, la Corte d’Appello di Brescia confermava la sua condanna per il delitto di peculato. Di qui, il ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su tre motivi principali:
1. Errata qualificazione del reato: Si chiedeva di derubricare il fatto a ‘peculato d’uso’, sostenendo un’appropriazione solo temporanea e la mancanza di dolo, data una presunta prassi aziendale permissiva.
2. Insussistenza della qualifica soggettiva: Si contestava la qualifica di incaricato di pubblico servizio, poiché l’imputato era dipendente di una fondazione privata e non di un ente pubblico.
3. Mancato riconoscimento di attenuanti: Si lamentava la mancata concessione delle attenuanti per il danno di speciale tenuità e per l’avvenuta riparazione del danno.

L’Analisi della Corte sul Peculato e la Funzione Pubblica

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato. La sentenza offre spunti di riflessione di grande importanza per chi opera in settori privati convenzionati con la pubblica amministrazione.

La Nozione Funzionale di Incaricato di Pubblico Servizio

Il punto centrale della decisione riguarda la qualifica soggettiva dell’imputato. La Corte ribadisce un principio consolidato: per stabilire se una persona sia un incaricato di pubblico servizio, non si deve guardare alla natura (pubblica o privata) dell’ente di appartenenza, ma alla funzione concretamente svolta. Poiché la Fondazione era concessionaria di un servizio pubblico (gestione del punto prelievi per l’azienda sanitaria) e l’imputato era addetto alla riscossione dei ticket, la sua attività rientrava a pieno titolo nella nozione di pubblico servizio. La riscossione e la rendicontazione di denaro spettante a un ente pubblico sono attività disciplinate da norme pubblicistiche, che conferiscono tale qualifica.

L’Inapplicabilità del Peculato d’Uso al Denaro

Altro punto fermo della sentenza è l’impossibilità di configurare il peculato d’uso quando l’oggetto dell’appropriazione è il denaro. Il peculato d’uso presuppone un uso momentaneo della cosa e la sua immediata restituzione. Il denaro, per sua natura, è un bene fungibile: una volta utilizzato, non può essere restituito ‘nella sua identità’, ma solo come ‘tantundem’, ovvero un’equivalente somma. Questa differenza è decisiva e rende l’ipotesi attenuata inapplicabile a casi di appropriazione di somme di denaro.

le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato il rigetto di ogni punto del ricorso. In primo luogo, ha dichiarato inammissibile la richiesta di riqualificazione in peculato d’uso, citando la giurisprudenza costante che limita tale fattispecie a beni di specie e non al denaro. Per quanto riguarda la qualifica soggettiva, i giudici hanno spiegato che, con le riforme legislative, si è passati da una concezione soggettiva (basata sul rapporto di dipendenza con lo Stato) a una prospettiva funzionale-oggettiva. L’attività di riscossione di un ‘ticket’ sanitario per conto di un’azienda pubblica è un servizio pubblico, e chi lo svolge assume la qualifica di incaricato di pubblico servizio, indipendentemente dal fatto di essere dipendente di un ente privato.

Sul fronte probatorio, la Corte ha ritenuto il ricorso un tentativo di ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti, ribadendo che la ricostruzione operata dai giudici di merito era logica e coerente. Infine, sono state respinte le richieste sulle attenuanti. Quella del danno di speciale tenuità (art. 62, n. 4 c.p.) è stata esclusa perché il danno nei reati contro la P.A. va valutato in termini oggettivi e la somma non è stata ritenuta minima. L’attenuante della riparazione del danno (art. 62, n. 6 c.p.) è stata giudicata inammissibile perché il risarcimento, avvenuto tramite trattenute in busta paga a seguito di un procedimento disciplinare, non era stato ‘volontario’, come richiesto dalla norma.

le conclusioni

La sentenza consolida due principi fondamentali. Primo, chiunque gestisca denaro o beni per conto della pubblica amministrazione, anche se dipendente di un’azienda privata in regime di concessione, assume le responsabilità penali di un incaricato di pubblico servizio. Secondo, l’appropriazione di denaro, anche se per un breve periodo, integra il reato di peculato nella sua forma base, senza possibilità di beneficiare dell’ipotesi più lieve del peculato d’uso. Questa decisione rappresenta un monito importante sulla serietà degli obblighi che gravano su tutti i soggetti che, a vario titolo, entrano in contatto con risorse pubbliche.

Perché l’appropriazione di denaro non può essere considerata peculato d’uso?
Perché il peculato d’uso si applica solo a cose di specie (beni infungibili) che possono essere restituite nella loro identica forma dopo un uso momentaneo. Il denaro è un bene fungibile, e la sua restituzione avviene tramite un’equivalente somma (tantundem), il che non integra i requisiti dell’ipotesi attenuata.

Quando un dipendente di un’azienda privata assume la qualifica di incaricato di pubblico servizio?
Un dipendente privato diventa incaricato di pubblico servizio quando svolge un’attività disciplinata da norme di diritto pubblico e persegue finalità pubbliche. La qualifica dipende dalla natura ‘funzionale’ dell’attività (es. riscuotere un ticket per l’azienda sanitaria) e non dalla natura giuridica del datore di lavoro.

Perché la restituzione della somma tramite trattenute in busta paga non è stata considerata un’attenuante?
L’attenuante della riparazione del danno (art. 62, n. 6, c.p.) richiede che il risarcimento sia volontario, integrale ed effettivo. Nel caso di specie, la restituzione è avvenuta come conseguenza di un procedimento disciplinare e non per una spontanea iniziativa dell’imputato, mancando quindi il requisito della volontarietà.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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