Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8614 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8614 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Gavardo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Brescia il 19/09/2022;
visti gli atti ed esaminati i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO generale, AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza con cui NOME NOME è stato condannato per il delitto di peculato.
All’imputato è contestato, nella qualità di dipendente di una RAGIONE_SOCIALE avente l’affidamento del servizio di gestione del punto prelievo RAGIONE_SOCIALE per la RAGIONE_SOCIALE, di essersi appropriato di 952,22 euro di cui aveva disponibilità per ragioni d’ufficio (nella originaria imputazione era contesta l’appropriazione della somma di 5000 euro).
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando tre motivi.
2.1. Con il primo si deduce omessa motivazione quanto alla richiesta di riqualificazione del fatto nel reato di peculato d’uso e alla ritenuta sussistenza del dol che non sarebbe configurabile in ragione della permissiva prassi aziendale sulla tempistica dei versamenti dalla RAGIONE_SOCIALE all’RAGIONE_SOCIALE.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di penale responsabilità.
La Corte avrebbe innanzitutto errato nel ritenere sussistente la qualifica soggettiva pubblicistica, considerato che la RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata un soggetto non solo riscossore delle prestazioni medico ambulatoriali, ma anche fornitore di detti servizi con una propria organizzazione.
L’imputato, si aggiunge, sarebbe stato solo un dipendente di una fondazione privata. Sotto altro profilo, la sentenza sarebbe viziata quanto al ragionamento probatorio.
L’imputato era stato assolto dalle altre contestazioni, in considerazione delle numerose discrasie esistenti tra le dichiarazioni rese dai dipendenti – “favorevoli” all direttrice dell’ente e querelante COGNOME NOME – e le risultanze documentali – quali la lettera di licenziamento della stessa COGNOME – e in ragione della stessa dubbia attendibilità delle dichiarazioni della COGNOME.
Il giudizio di responsabilità, si argomenta, sarebbe stato fatto derivar sostanzialmente dalle stesse dichiarazioni della COGNOME COGNOME della di lei “braccio destro” (così il ricorso) NOME COGNOME senza tuttavia tenere conto degli altri elementi probator da cui emergerebbe che la prima aveva autorizzato COGNOME COGNOME effettuare il versamento della somma di 952 euro entro il 21 ottobre 2019, ma l’azienda, contravvenendo alla prassi, aveva già effettuato autonomamente detto versamento il 17 ottobre.
Sarebbe erroneo l’assunto della Corte secondo cui l’imputato, in ragione dell’effettuato versamento da parte della RAGIONE_SOCIALE, aveva deciso di trattenere la somma non versata attraverso la sua detrazione dalla busta paga per i mesi di ottobre e novembre 2019, con ciò ammettendo di non aver versato le somme in questione, laddove invece le somme non erano state versate per l’autorizzazione a versarle entro il 21 ottobre.
Sotto altro profilo la sentenza sarebbe viziata per avere utilizzato in COGNOME chiave accusatoria le dichiarazioni della COGNOME COGNOME in realtà sarebbero inattendibili perché portatrici di un sentimento ostile nei riguardi di COGNOMECOGNOME detto sentimento emergerebbe da una serie di elementi di prova- indicati in ricorso- dei quali non si sarebbe tenut conto.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui agli artt. 62, n. 4 e n. 6, cod. pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel complesso, infondato, al limite della inammissibilità.
E’ inammissibile il primo motivo di ricorso quanto alla mancata riqualificazione dei fatti nella fattispecie di peculato d’uso, avendo in più occasione la Corte di cassazione chiarito che il peculato d’uso è configurabile solo in relazione a cose di specie e non al denaro, menzionato in modo alternativo solo nel primo comnna dell’art. 314 cod. pen., in quanto la sua natura fungibile non consente – dopo l’uso – la restituzione della stessa cosa, ma solo del “tantundem”, irrilevante ai fini dell’integrazione dell’ipotesi attenua (cfr., tra le altre, Sez. 6, n. 49474 del 04/12/2015, Stanca, Rv. 266242).
Sono inammissibili anche i motivi di ricorso relativi al giudizio di responsabilità
Quanto alla qualifica soggettiva, con la riformulazione degli artt. 357 e 358 cod. pen. ad opera della legge 26 aprile 1990, n. 86, è stato definitivamente positivizzato il superamento della concezione soggettiva delle nozioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio, che privilegiava il rapporto di dipendenza dallo Stato o da altro ent pubblico, con l’adozione di una prospettiva funzionale-oggettiva, secondo il criterio della disciplina pubblicistica dell’attività svolta e del suo contenuto.
4.1. Ciò che è necessario accertare, ai fini dell’assunzione della qualifica di pubblico ufficiale è l’esercizio di una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa t
Tale ultima funzione è stata specificamente definita al secondo comma dell’art. 357 cod. pen., introdotto dalla legge 7 febbraio 1992, n. 181, attraverso specifici indici carattere oggettivo che consentono di delimitare la funzione pubblica, verso l’esterno, da quella privata e, verso l’interno, dalla nozione di pubblico servizio.
Si definisce, infatti, pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico (Sez. U, n. 10086 del 13/07/1998, Citaristi, definisce tali quelle attin all’organizzazione generale dello Stato) e da atti autoritativi e caratterizzat nell’oggetto, dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o, nelle modalità di esercizio, dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi (Sez. U, n. 7958 del 27/03/1992, Delogu).
Come emerge dall’impiego nel testo della norma della disgiuntiva “o”, in luogo della congiunzione “e”, i suddetti criteri normativi di identificazione della pubblica funzio non sono tra loro cumulativi, ma alternativi.
E’ stato, inoltre, precisato che nel concetto di poteri “autoritativi” rientrano soltanto i poteri coercitivi, ma tutte quelle attività che sono esplicazione di un pot pubblico discrezionale nei confronti di un soggetto che viene a trovarsi così su un piano non paritetico – di diritto privato – rispetto all’autorità che tale potere esercita; rien
invece, nel concetto di “poteri certificativi” tutte quelle attività di documentazione l’ordinamento assegna efficacia probatoria, quale che ne sia il grado (Sez. U, Delogu).
L’attività dell’incaricato di pubblico servizio, secondo la definizione contenuta successivo art. 358 cod. pen., è ugualmente disciplinata da norme di diritto pubblico, ma presenta due requisiti negativi in quanto manca dei poteri autoritativi e certificativ propri della pubblica funzione, con la quale è in rapporto di accessorietà e complementarietà, e non ricomprende le attività che si risolvono nello svolgimento di mansioni di ordine o in prestazioni d’opera nneramente materiale.
Si tratta, dunque, di un un’attività di carattere intellettivo, caratterizzata, quant contenuto, dallo svolgimento di compiti di rango intermedio tra le pubbliche funzioni e le mansioni di ordine o materiale.
Quale diretta conseguenza del criterio oggettivo-funzionale adottato dal legislatore, la qualifica pubblicistica dell’attività prescinde dalla natura dell’ente in cui è inse soggetto e dalla natura pubblica dell’impiego.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, da tempo affermato che anche i soggetti inseriti nella struttura organizzativa di una società per azioni possono essere qualificat come pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l’attività della societ disciplinata da norme di diritto pubblico e persegua delle finalità pubbliche sia pure con strumenti privatistici (da ultimo, Sez. 6, n. 19484 del 23/01/2018, Bellinazzo, Rv. 273781).
Rileva l’attività dell’ente e, posto che questa abbia caratteri pubblicistici, quale sia concreto l’attività compiuta dal soggetto.
4.2. In tale contesto i Giudici di merito hanno spiegato come la RAGIONE_SOCIALE, pur avendo natura privata, fosse concessionaria del servizio pubblico di gestione del punto prelievo sul territorio per l’RAGIONE_SOCIALE in ragione quale gli utenti corrispondevano un “ticket” il cui importo veniva poi riversato al RAGIONE_SOCIALE; l’imputato, è stato altresì chiarito, era il soggetto addetto alla riscossione d ticket sanitario la cui somma sarebbe stata oggetto di appropriazione.
Dunque, non una mansione di mero ordine, ma un servizio pubblico gestito dalla RAGIONE_SOCIALE e che presupponeva segmenti pubblicistici legati alla riscossione e alla rendicontazione del denaro che spettava alla Azienza RAGIONE_SOCIALE.
In tale contesto il motivo di ricorso rivela la sua manifesta infondatezza, essendosi limitato il ricorrente a fare riferimento alla natura privata dell’ente ed al fatt l’imputato fosse “solo” un dipendente dell’ente.
È inammissibile anche il motivo relativo alla responsabilità in quanto fondato su una alternativa lettura dei dati probatori e sostanzialmente volto a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti.
5.1. La Corte di appello, con una motivazione immune da illogicità evidenti, ha ricostruito i fatti e spiegato come: a) la somma di 952,22 euro, di cui l’imputato sarebbe appropriato, si riferisca a mancati versamenti relativi a due periodi distinti: primo riguarda la settimana dal 2 al settembre 2019, il secondo quella dal 23 al 27 settembre dello stesso anno; b) per quelle settimane il custode del denaro riscosso, tenuto a versarlo, fosse l’imputato; c) la direttrice, che aveva ricevuto dall’Azien richieste di chiarimenti conseguenti al mancato versamento, avesse chiesto spiegazioni all’imputato che riferiva di avere effettuato i versamenti ma di non avere la disponibili della documentazione contabile, impegnandosi a recuperarla il giorno seguente, in realtà mai consegnata; d) le somme in questione fossero state recuperate perché detratte dalle buste paga dei mesi successivi a seguito del procedimento disciplinare; e) l’imputato avesse negato l’appropriazione facendo riferimento al furto delle chiavi del cassetto della sua scrivania in cui sarebbe stato custodito il denaro.
5.2. Secondo i principi consolidati dalla Corte di cassazione la sentenza non può essere annullata sulla base di mere prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura orientata degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, d preferire rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perché consider maggiormente plausibili, o perché assertivamente ritenuti dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata ( Sez. n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, rv. 234148).
L’odierno ricorrente ha riproposto con il ricorso per cassazione la versione dei fatt dedotta in primo e secondo grado e disattesa dai Giudici del merito; compito del giudice di legittimità nel sindacato sui vizi della motivazione non è tuttavia quello di sovrapporr la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire s questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornit una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.
Nel caso di specie, i giudici di appello, che pure hanno fatto riferimento all argomentazioni sviluppate nella sentenza di primo grado, hanno fornito una valutazione analitica ed autonoma sui punti specificamente indicati nell’impugnazione di appello, di talché la motivazione risulta esaustiva ed immune dalle censure proposte.
La Corte di cassazione ha chiarito che sono censure di merito, inammissibili nel giudizio di legittimità, tutte quelle che attengono a “vizi” diversi dalla mancanza motivazione, dalla sua “manifesta illogicità”, dalla sua contraddittorietà su aspett essenziali perché idonei a condurre ad una diversa conclusione del processo.
Inammissibili, in particolare, sono le doglianze che “sollecitano COGNOME una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento” (così, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., rv. 262965).
6. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso.
Quanto alla circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 4, cod. pen. la Corte, nel ritenere non configurabile la circostanza in ragione della somma oggetto di appropriazione, ha fatto corretta applicazione del principio, in più occasioni affermato dalla Corte, secondo cui l’attenuante in questione è applicabile al delitto di peculato sol in presenza di un danno di rilevanza minima, che stante la natura del soggetto passivo del reato, va riguardata esclusivamente sotto il profilo oggettivo (Cfr., Sez. 6, n. 1283 del 10/02/2005, COGNOME, Rv. 231040 in cui si è ritenuta immune da vizi la sentenza che aveva escluso l’applicabilità della attenuante suddetta in presenza di un’appropriazione di lire 200.000).
È inammissibile COGNOME sin dall’origine il motivo COGNOME di ricorso relativo al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen., attes che, ai fini della configurabilità della circostanza in questione, il risarcimento del da deve essere volontario, integrale, comprensivo sia del danno patrimoniale che morale, ed effettivo, non esaurendosi nella restituzione delle somme oggetto di appropriazione (Sez. 6, n. 6405 del 12/11/2015, dep. 2016, Minzolini, Rv.265831): aspetti che il ricorrente omette di approfondire.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2023.