Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47661 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47661 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Magisano il 01/11/1968;
avverso l’ordinanza del 25/06/2024 emessa dal Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; udito il difensore, avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto ex art. 310 cod. proc. pen. da NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, che in data 9 febbraio 2024 ha applicato nei confronti del medesimo la misura interdittiva
della sospensione dall’esercizio della funzione ricoperta all’interno del Corpo di Polizia penitenziaria per la durata di dodici mesi.
Nell’ordinanza impugnata NOME COGNOME Assistente capo coordinatore del Corpo di Polizia penitenziaria presso la Casa Circondariale di Catanzaro, è stato ritenuto gravemente indiziato della commissione di plurime condotte di cui agli artt. 81, 110, 314 cod. pen., conteste alle imputazioni provvisorie di cui ai capi 66), 67), 69), 69) e 70), in quanto, in concorso con altri colleghi addetti alle cucine e alla mensa, avendo in forza delle funzioni svolte, la disponibilità di generi alimentari acquistati per la mensa ufficiali dell’Istituto penitenziario, se ne sarebbe appropriato.
L’avvocato NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME, ha proposto ricorso avverso tale ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso il difensore ha eccepito la violazione dell’art. 314 cod. pen e il vizio di motivazione in ordine alla materiale appropriazione delle cose mobili appartenenti alla pubblica amministrazione.
Ad avviso del difensore, il Tribunale si sarebbe limitato a riportare, in modo disorganico, una serie di frammenti di intercettazioni, che non chiarirebbero di quanti e quali generi alimentari si sarebbe appropriato il ricorrente e in quali precise occasioni questa condotta sia stata posta in essere.
COGNOME era, peraltro, stato autorizzato dal direttore della Casa circondariale a smaltire l’umido residuo, onde evitare accumuli di rifiuti.
Le contestazioni provvisorie mosse al ricorrente sarebbero, dunque, vaghe e, inoltre, descriverebbero il reato di peculato come reato permanente e non già istantaneo, rendendo incerta la data di commissione delle condotte.
L’accertamento del delitto di peculato, del resto, non potrebbe prescindere dalla verifica dell’effettiva sottrazione della cosa mobile appartenente alla pubblica amministrazione.
Il Tribunale di Catanzaro, peraltro, avrebbe fondato il proprio apprezzamento esclusivamente sull’esito delle intercettazioni telefoniche disposte, senza aver acquisito alcun elemento di riscontro a sostegno.
Il Tribunale, inoltre, con motivazione illogica, avrebbe svalutato due circostanze favorevoli per il ricorrente: il controllo su strada del ricorrente eseguito in data 14 ottobre 2022, mentre era intento a provvedere allo smaltimento degli scarti del cibo; l’esito negativo della perquisizione domiciliare disposta dal Pubblico ministero in data 13 febbraio 2024.
Illogicamente, dunque, il Tribunale del riesame avrebbe svalutato l’esito di tale perquisizione, ritenendola inidonea a scalfire il quadro indiziario fondato sulle intercettazioni svolte.
2.2. Con il secondo motivo il difensore censura l’inosservanza dell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. e la manifesta illogicità della motivazione in ordine all’attualità e alla concretezza delle esigenze cautelari.
Il ricorrente rileva, infatti che il giudizio di concretezza e di attualità de esigenze cautelari non può essere fondato su elementi congetturali, ma su precisi elementi di fatto che consentano di ritenere “altamente probabile” la sua reiterazione.
Il giudice, dunque, deve motivare sulla sussistenza di occasioni prossime, favorevoli alla commissione di nuovi reati, senza poter inferire il pericolo di recidiva dalla mera gravità del reato o della funzione svolta dall’indiziato.
Il ricorrente, peraltro, nella sua qualità di assistente capo, svolgeva funzioni di natura meramente amministrativa e di ufficio, senza alcun contatto con settori della logistica e dei rifornimenti.
Le condotte contestate risalirebbero a due anni fa e, dunque, le esigenze cautelari si sarebbero affievolite, anche in considerazione dello stato di incensuratezza e dell’encomio solenne per meriti civili ricevuto dal ricorrente.
In data 30 settembre l’avvocato COGNOME ha depositato telematicamente richiesta tempestiva di trattazione orale del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in quanto i motivi proposti sono manifestamente infondati e, comunque, diversi da quelli consentiti dalla legge.
Con il primo motivo di ricorso il difensore ha eccepito la violazione dell’art. 314 cod. pen e il vizio di motivazione in ordine alla materiale appropriazione delle cose mobili appartenenti alla pubblica amministrazione.
Il motivo è inammissibile.
3.1. Il ricorrente, con una prima censura, ha eccepito che i delitti di peculato sono stati contestati dal pubblico ministero come reati permanenti e non già istantanei.
Questa censura è manifestamente infondata.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il peculato è un reato istantaneo che si consuma nel momento in cui l’agente si
appropria del danaro o della cosa mobile della pubblica amministrazione di cui ha il possesso per ragione del suo ufficio, o dà ad essi una diversa destinazione (ex plurimis: Sez. 6, n. 15108 del 20/02/2003, Tramarin, Rv. 224573 – 01).
Il Tribunale del riesame ha fatto corretta applicazione di questo consolidato principio di diritto in quanto, ad onta della indicazione errata del tempus commissi delicti nelle imputazioni cautelari, ha motivato in ordine a plurime condotte di peculato istantanee e reiterate, commesse da COGNOME in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
3.2. Le ulteriori censure proposte dal ricorrente nel primo motivo sono inammissibili, in quanto non si confrontano con la motivazione dell’ordinanza impugnata, e, comunque, si risolvono nella sollecitazione ad una rinnovata valutazione di merito, non consentita nel giudizio di legittimità.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, COGNOME, Rv. 207944).
Sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Il Tribunale ha, peraltro, rilevato, con motivazione congrua che dalle intercettazioni telefoniche e dai servizi di osservazione svolti è risultato che NOME si è ripetutamente appropriato di quantitativi (cassette e pacchi) di generi alimentati destinati alla mensa agenti, destinandoli al consumo della sua famiglia, cedendoli ad altri agenti o a terzi (i fratelli COGNOME).
Il ricorrente era solito “prenotare” i generi alimentari migliori agli addetti a servizio mensa e non si accontentava di quelli che residuavano a fine giornata; da un controllo eseguito sul mezzo dei fratelli COGNOME era, peraltro, risultato che i prodotti dai medesimi prelevati dalla Casa circondariale, senza alcuna autorizzazione, e portati all’esterno, erano in ottimo stato di conservazione e non erano scarti.
Il Tribunale ha, inoltre, ritenuto, non certo illogicamente, priva di efficacia scriminante l’autorizzazione rilasciata nel febbraio 2021 all’Alimondi (e rinnovata nel dicembre dello stesso anno) dalla Direttrice del carcere, che lo abilitava,
esclusivamente per ragioni igienico sanitarie e di risparmio di costi, a prelevare i residui organici delle cucine, evitando che si accumulassero in spazi esterni.
Alimondi, infatti, ha violato il contenuto dell’autorizzazione, appropriandosi di alimenti in perfetto stato di conservazione e non di rifiuti.
Nel corso della perquisizione veicolare eseguita in data 14 ottobre 2022, inoltre, COGNOME non solo aveva solo resti e scarti, da destinare all’alimentazione degli animali, ma anche una busta di formaggio grattugiato del peso di un kilogrammo, ancora sigillata, e panini ancora confezionati.
Le intercettazioni hanno anche documentato che COGNOME ha venduto un centinaio di panini al vicesindaco di Magisano, NOME COGNOME per la somma di 100 euro, panini destinati a essere consumati nella sagra del paese.
Il Tribunale ha, dunque, non illogicamente ritenuto inidoneo a confutare questo solido quadro indiziario l’esito negativo della perquisizione, personale e domiciliare, eseguita nei confronti di COGNOME in data 15 febbraio 2024.
Con il secondo motivo il difensore censura l’inosservanza dell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. e la manifesta illogicità della motivazione in ordine all’attualità e alla concretezza delle esigenze cautelari.
Il motivo è inammissibile per aspecificità, in quanto la critica al provvedimento impugnato si risolve nella mera riproposizione di censure in fatto in ordine alla concretezza e all’attualità delle esigenze cautelari.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cessazione che deduca l’assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (ex plurimis: Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 01).
Il Tribunale ha, peraltro, non illogicamente ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione del reato in ragione della reiterazione seriale delle condotte di peculato commesse, della posizione di rilievo del ricorrente in ambito carcerario, degli accordi e delle complicità con i colleghi destinati al servizio mensa.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorsosiano stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/11/2024.