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Peculato: la Cassazione chiarisce i confini del reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23915/2025, ha rigettato il ricorso di un pubblico ufficiale condannato per peculato. La Corte ha confermato la condanna, chiarendo la nozione di ‘denaro pubblico’ e respingendo le eccezioni procedurali sollevate dalla difesa. La decisione sottolinea la rigorosa interpretazione del reato di peculato a tutela della pubblica amministrazione.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato: La Cassazione Conferma la Condanna e Chiarisce la Nozione di Denaro Pubblico

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, n. 23915 del 2025, offre un importante chiarimento sul reato di peculato, consolidando principi fondamentali a tutela dell’integrità della Pubblica Amministrazione. Questa decisione si rivela cruciale per definire i contorni della nozione di ‘denaro pubblico’ e per ribadire la responsabilità dei funzionari che gestiscono risorse della collettività.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna inflitta nei primi due gradi di giudizio a un funzionario di un ente pubblico. L’imputato era stato ritenuto colpevole di essersi appropriato indebitamente di somme di denaro di cui aveva la disponibilità in ragione del suo ufficio. La difesa del funzionario sosteneva che tali somme non potessero essere qualificate come ‘pubbliche’, in quanto derivanti da attività secondarie dell’ente e non direttamente dal bilancio statale.

Il Ricorso per Cassazione e il reato di peculato

La difesa ha presentato ricorso per Cassazione basandosi principalmente su due motivi. In primo luogo, si eccepiva un vizio di procedura avvenuto durante il processo d’appello. In secondo luogo, e questo è il punto nevralgico della questione, si contestava l’errata applicazione dell’art. 314 del Codice Penale, sostenendo che il delitto di peculato non fosse configurabile per la presunta natura ‘privata’ dei fondi distratti.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Peculato

La Sesta Sezione Penale ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna del funzionario. La Corte ha smontato le argomentazioni difensive, offrendo una lettura rigorosa e coerente della normativa.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno innanzitutto dichiarato inammissibile il motivo relativo al vizio procedurale, ritenendolo generico e non adeguatamente argomentato.
Nel merito, la Corte ha ribadito un principio consolidato: ai fini della configurabilità del reato di peculato, la nozione di ‘denaro pubblico’ deve essere interpretata in senso ampio. Rientrano in tale categoria non solo le somme provenienti direttamente dalle casse dello Stato, ma tutte le risorse di cui un ente pubblico abbia la disponibilità per il perseguimento dei propri fini istituzionali, indipendentemente dalla loro fonte specifica. Secondo la Corte, ciò che rileva è la destinazione pubblica del bene e il legame funzionale tra il possesso del denaro da parte del funzionario e l’esercizio delle sue mansioni pubbliche. L’appropriazione di tali fondi lede il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione, integrando così pienamente la fattispecie di peculato.

Le Conclusioni

La sentenza n. 23915/2025 rafforza la tutela penale del patrimonio pubblico. Stabilisce chiaramente che qualsiasi funzionario che si appropri di risorse gestite nell’ambito del proprio incarico pubblico commette il reato di peculato, senza che si possano invocare sottili distinzioni sulla provenienza dei fondi. Questa pronuncia serve da monito, sottolineando che la gestione della ‘res publica’ impone un dovere di assoluta fedeltà e correttezza, la cui violazione è sanzionata con severità dall’ordinamento.

Qual è il punto centrale deciso dalla Corte di Cassazione in tema di peculato?
La Corte ha stabilito che la nozione di ‘denaro pubblico’ ai fini del reato di peculato è ampia e include tutte le risorse di cui un ente pubblico dispone per i suoi fini istituzionali, a prescindere dalla loro origine specifica.

Può un’eccezione procedurale portare all’annullamento di una condanna per peculato?
In teoria sì, ma in questo caso la Corte ha ritenuto l’eccezione inammissibile perché generica e non sufficientemente motivata. Un vizio procedurale deve essere specifico e rilevante per inficiare la validità del processo.

Cosa ha chiarito la sentenza riguardo la responsabilità del pubblico ufficiale?
La sentenza ha ribadito che la responsabilità del pubblico ufficiale sussiste ogni volta che si appropria di beni o denaro di cui ha la disponibilità per ragioni d’ufficio, poiché tale condotta lede direttamente il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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