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Peculato: inammissibile il ricorso contro la sospensione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un carabiniere sospeso dal servizio per dodici mesi con l’accusa di peculato e falso ideologico. La Corte ha stabilito che le censure del ricorrente si limitavano a proporre una diversa interpretazione dei fatti, senza evidenziare vizi logici o giuridici nella decisione del Tribunale, confermando la valutazione sia dei gravi indizi di colpevolezza sia del pericolo di reiterazione del reato.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato: la Cassazione sui limiti del ricorso contro le misure cautelari

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini del giudizio di legittimità in materia di misure cautelari, in un caso che vedeva coinvolto un appartenente alle forze dell’ordine accusato di peculato e falso ideologico. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’ordinanza di sospensione dal servizio, chiarendo che non è possibile rimettere in discussione la valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, se questa risulta logicamente motivata.

I Fatti del Caso: Un Carabiniere Sospeso per Peculato

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale che, in accoglimento di un appello del Pubblico Ministero, disponeva la sospensione per dodici mesi di un carabiniere dal proprio ufficio. Le accuse a suo carico erano gravi: peculato e falso ideologico in atto pubblico.

Secondo l’ipotesi accusatoria, l’agente, in concorso con un collega, si sarebbe appropriato indebitamente di una somma di denaro (circa settecento euro) rinvenuta durante un controllo stradale nella disponibilità di un automobilista. Inoltre, per coprire l’illecito, avrebbe omesso di redigere il verbale di perquisizione e di annotare l’attività nell’ordine di servizio, rendendo quest’ultimo ideologicamente falso.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa del militare ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Vizio di motivazione sulla gravità indiziaria: Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe errato nel ritenere credibili le accuse della presunta vittima, la quale avrebbe inventato la sottrazione del denaro per giustificare un ammanco nei confronti di un socio in affari. La difesa sosteneva che questa versione alternativa dei fatti non fosse stata adeguatamente considerata.
2. Errata valutazione del pericolo di reiterazione criminosa: Il ricorso lamentava che il Tribunale avesse dedotto il pericolo di futuri reati unicamente dalla gravità del fatto ipotizzato, trascurando l’irreprensibile condotta di vita passata dell’indagato, il quale era incensurato.

Le Motivazioni della Sentenza: i limiti del riesame su indizi e peculato

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile.

Sul primo punto, i giudici hanno sottolineato che il ricorso si limitava a proporre una diversa lettura delle prove, un’operazione che esula dalle competenze della Corte di Cassazione. Il ruolo del giudice di legittimità non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la correttezza logica e giuridica del ragionamento del giudice precedente. In questo caso, il Tribunale aveva fornito una motivazione coerente e non manifestamente illogica nel ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevolezza, e il ricorso non aveva evidenziato alcun travisamento palese delle prove.

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Corte ha affermato che il Tribunale ha legittimamente valorizzato le modalità e le circostanze specifiche della condotta contestata per desumere un concreto pericolo di reiterazione criminosa, come previsto dall’art. 274, lett. c), del codice di procedura penale. La condizione di incensuratezza dell’indagato, sebbene rilevante, non è di per sé un elemento inconciliabile con la sussistenza delle esigenze cautelari e non è in grado di minare la tenuta logica complessiva della motivazione del provvedimento impugnato.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio della Corte di Cassazione è un controllo di legittimità, non un terzo grado di merito. Un ricorso che si limiti a contrapporre la propria interpretazione dei fatti a quella, logicamente argomentata, del giudice precedente è destinato all’inammissibilità. Per quanto riguarda le misure cautelari, la decisione conferma che la valutazione del pericolo di recidiva può essere fondata sulla natura e sulle specifiche modalità del reato contestato (in questo caso il peculato commesso da un pubblico ufficiale), poiché esse possono rivelare tratti della personalità dell’indagato rilevanti per la prognosi criminale.

Per quali reati il pubblico ufficiale è stato sospeso dal servizio?
L’agente è stato sospeso con l’accusa di peculato, per essersi appropriato di una somma di denaro durante un controllo, e di falso ideologico in atto pubblico, per aver omesso di verbalizzare l’operazione e di annotarla correttamente nell’ordine di servizio.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni della difesa si limitavano a proporre una diversa interpretazione delle prove e dei fatti, senza individuare vizi logici o violazioni di legge nel ragionamento del Tribunale. Il ruolo della Cassazione non è riesaminare il merito della vicenda, ma controllare la correttezza giuridica della decisione impugnata.

Un passato da incensurato è sufficiente a escludere il pericolo di reiterazione del reato per una misura cautelare?
No. Secondo la sentenza, sebbene la condizione di incensurato sia un elemento da considerare, non è di per sé sufficiente a escludere il pericolo di reiterazione del reato. Il giudice può legittimamente desumere tale pericolo dalle modalità e circostanze specifiche del fatto contestato, in quanto indicative della personalità dell’indagato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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