Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19106 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19106 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
1.COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Palagiano
2.COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Mottola
avverso la sentenza del 12/05/2023 della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente ai delitti di cui ai capi A) e B), con declaratoria di irrevocabilità della sentenza di condanna in relazione al capo C) nei confronti di NOME COGNOME;
sentita l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, nell’interesse della parte civile RAGIONE_SOCIALE, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi ha depositato conclusioni scritte e nota spese;
sentito l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME, e l’ AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME che hanno insisto per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 maggio 2022, emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME (titolare dell’agenzia RAGIONE_SOCIALE, delegata RAGIONE_SOCIALE per la riscossione delle tasse automobilistiche) e NOME COGNOME (funzionario della RAGIONE_SOCIALE delegato al pagamento delle tasse automobilistiche del parco auto della RAGIONE_SOCIALE) erano stati condannati: entrambi per il delitto di peculato aggravato per la somma di C 229.772,62 dal 2009 al 2018 (capo A); NOME COGNOME per il delitto di peculato previa riqualificazione del fatto originariamente contestato come truffa aggravata e continuata ai danni della RAGIONE_SOCIALE dal 2013 al 2018 (capo B); NOME COGNOME per il delitto di false attestazioni di pagamento delle tasse automobilistiche, circoscrivendo il periodo dal 2014 al 2017 anziché dal 2009 (capo C).
La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha parzialmente riformato quella del Tribunale nei termini che seguono: a) dichiarando la prescrizione nei confronti di entrambi gli imputati in ordine al delitto di cui al capo A), limitatamente agli episod commessi sino al 12 settembre 2010 e nei confronti del solo COGNOME in ordine al delitto di cui al capo C, riqualificato ai sensi dell’articolo 482 cod. pen., per i f commessi sino al 12 settembre 2015; b) rideterminando la pena inflitta a COGNOME in anni tre, mesi otto e giorni venti di reclusione e quella inflitta a COGNOME in anni tre, mesi dieci e giorni venti di reclusione, con pene accessorie, confisca e risarcimento in favore della costituita parte civile da liquidarsi in separato giudizio.
NOME COGNOME, tramite il difensore, ha propostci due motivi.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 314 cod. pen. e 521 cod. proc. pen. per avere la Corte di appello riqualificato il concorso di persone ai sensi dell’art. 110 cod. pen., anziché ai sensi dell’art. 117 cod. pen. come deciso dal Tribunale, tanto da mutare radicalmente l’ipotesi accusatoria, nonostante il ricorrente, estraneo alla pubblica amministrazione, non avesse l’autorizzazione alla riscossione delle tasse automobilistiche dal 31 ottobre 2008, così da integrarsi al più i delitti di truffa o di appropriazione indebita.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio sia per l’entità della pena inflitta, sia per l’aumento dell continuazione, sia per il diniego della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante alla luce della personalità di COGNOME.
NOME COGNOME, tramite il difensore, ha proposto due motivi di ricorso.
3.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 48 e 314 cod. pen. in quanto la Corte di appello ha sostanzialmente omesso di affrontare le questioni poste con i motivi aggiunti in ordine alla contraddittorietà del possesso o della disponibilità del denaro con il peculato per induzione in errore; in ordine alla inconfigurabilità del delitto visto che pagamento era dovuto e la illiceità, al più, si era verificata successivamente, con l’artificio dell’occultamento della revoca delle funzioni di delegato alla riscossione e al pagamento del tributo, tanto da configurare il reato di truffa.
3.2. Con il secondo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 43 e 110 cod. pen. in quanto la sentenza impugnata non ha tenuto conto che il ricorrente avesse rivolto specifiche contestazioni alla società RAGIONE_SOCIALE ricevendone la produzione di false attestazioni di avvenuto pagamento tanto da escludere il dolo di COGNOME. Inoltre, la Corte di merito non aveva risposto al punto tre dei motivi aggiunti, integralmente riportati, concernenti il procedimento amministrativo in forza del quale risultava che COGNOME non avesse potere dispositivo; più soggetti e la stessa RAGIONE_SOCIALE fossero a conoscenza degli omessi versamenti; le delibere fossero state firmate senza condotte manipolatorie del ricorrente. Infine, la stessa sentenza impugnata riconosce che non vi è prova dei rapporti tra i concorrenti del reato e di un vantaggio percepito dal ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
Dal doppio conforme accertamento di merito, esente da vizi logici e giuridici, è risultato documentalmente accertato che NOME COGNOME era il funzionario della RAGIONE_SOCIALE delegato al pagamento delle tasse automobilistiche del parco auto della RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME era il titolare dell’agenzia RAGIONE_SOCIALE, delegata RAGIONE_SOCIALE per la riscossione delle tasse automobilistiche sino al 31 ottobre 2008 data in cui la convenzione era stata revocata per il mancato versamento delle tasse riscosse.
Il primo, mediante la predisposizione di determinazioni e delibere, aveva provveduto a pagare le tasse di possesso dell’intero parco auto, composto da 126 veicoli, per oltre € 200.000, in nome e per conto della RAGIONE_SOCIALE, alla società RAGIONE_SOCIALE, da lui prescelta, dal 2013 al 2018, senza accertare se fosse delegata dell’RAGIONE_SOCIALE e, una volta ricevuto l’avviso di mancato pagamento nel 2013 e 2014, pur versato, aveva istruito tre determinazioni dirigenziali corrispondendo di nuovo alla società RAGIONE_SOCIALE . altre somme per provvedervi.
NOME COGNOME, a sua volta, predisponendo false attestazioni di pagamento e tacendo di non essere abilitato alla riscossione dal 2008, non aveva mai versato, per anni, tutte le somme ricevute per le tasse automobilistiche dei mezzi della RAGIONE_SOCIALE.
Per ragioni di ordine logico-giuridico, relative al tema posto da entrambi i ricorrenti, pur con prospettive diverse, circa la qualificazione del reato come truffa anziché peculato, viene prima trattato il ricorso di NOME COGNOME, quale pubblico ufficiale.
Il ricorso di NOME COGNOME, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente, è infondato.
3.1. La Corte di appello ha configurato il concorso di persone, ai sensi dell’art. 110 cod. peri., nel delitto di peculato tra il pubblico ufficiale (COGNOME) e l’extraneus (COGNOME) sulla base dei seguenti elementi di fatto rimasti sostanzialmente non contestati: a) la scelta di COGNOME, funzionario delegato al pagamento delle tasse automobilistiche, della società RAGIONE_SOCIALE quale delegata alla loro riscossione, nonostante dal 31 ottobre 2008 le fosse stata revocata dalla Regione Puglia l’autorizzazione per il mancato riversamento delle tasse; b) la conoscenza da parte del pubblico ufficiale di avvisi di mancato pagamento dei bolli auto dal 2008 al 2018 nonostante la RAGIONE_SOCIALE avesse regolarmente versato alla RAGIONE_SOCIALE . le relative somme di denaro, prima in via diretta dallo stesso imputato mediante cassa economale (anni 2008-2012) e dal 2013 con determine e delibere dirigenziali, sempre predisposte da COGNOME, in cui la scelta della RAGIONE_SOCIALE era motivata per “una certa esperienza maturata nei precedenti anni” e per “la competenza e fiducia” dimostrate (pag. 6 sentenza di primo grado); c) la predisposizione e l’emissione del pubblico ufficiale di nuove determinazioni per provvedere al secondo versamento, per i medesimi anni delle stesse tasse, con delega sempre alla società RAGIONE_SOCIALE senza accertamenti e controlli; d) la ricezione di altri avvisi negli anni successivi e di ulteriori richieste di pagamento per maggiori costi di esazione della società RAGIONE_SOCIALE, anche questi regolarmente corrisposti dalla RAGIONE_SOCIALE; e) la predisposizione di falsi attestati di versamento della società RAGIONE_SOCIALE, consegnate
RAGIONE_SOCIALEle.va., consegnate al COGNOME per legittimare i pagamenti, necessari a coprire la condotta illecita per consentirne la prosecuzione.
La sussistenza di un accordo tra i coimputati, fondante il concorso di persone nel reato di peculato, era stato desunto dalle menzionate modalità del rapporto tra COGNOME e COGNOME sviluppatosi nei termini indicati per ben dieci anni.
3.2. I motivi di ricorso reiterano deduzioni non idonee a vulnerare la qualificazione giuridica dei fatti operata correttamente dalla sentenza impugnata.
Infatti, la Corte distrettuale, con esaustivi e logici argomenti (pagine 4-6), ha ripercorso nel dettaglio la sequenza anche cronologica dei versamenti di denaro pubblico all’extraneus, non autorizzato a pagare le tasse automobilistiche per conto della RAGIONE_SOCIALE, partendo dal ruolo cruciale assunto dal ricorrente, dotato del potere di gestione del denaro ed unico ad istruire e predisporre le determinazioni di pagamento delle tasse automobilistiche, a fronte della posizione meramente formale assunta dagli altri co-redattori, della deliberata assenza di suoi doverosi controlli nonostante le reiterate ed inequivoche prove dell’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE e del sostanziale occultamento degli avvisi di accertamento, tutti elementi univocamente convergenti nel comprovare la sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto.
3.3. La sentenza impugnata, alla luce dei fatti accertati, si pone, correttamente, nell’alveo dell’orientamento di questa Corte secondo il quale il peculato è integrato non da qualsiasi forma di appropriaziiDne realizzata dal pubblico ufficiale, ma solo da quella che abbia ad oggetto denaro o cose di cui questi abbia la disponibilità diretta e rispetto alle quali egli abbia un «potere d firma» (Sez. 6, n. 4055 del 02/03/2021, Rv. 282742). In sostanza, il peculato sanziona il tradimento della fiducia di colui al quale l’ordinamento ha conferito la possibilità di disporre in autonomia del denaro o della cosa affidatagli e che abbia abusato della sua funzione.
A fronte di procedimenti complessi, come appunto le ordinarie procedure di spesa pubblica, che vedono il frazionamento tra più persone fisiche, risponde comunque del delitto di peculato il pubblico agente che abbia il possesso e la disponibilità del denaro, per determinati fini istituzionali, come antecedente della condotta illecita, mentre nella truffa l’impossessamento della cosa è solo l’effetto degli artifici e raggiri. Ciò che differenzia le due figure criminose è il modo con i quale il funzionario infedele acquista il possesso (materiale o giuridico) del denaro oggetto del reato perché nel peculato il presupposto è costituito dall’averne legittimamente la disponibilità, per ragione dell’ufficio o del servizio, facilitandone la sua successiva appropriazione, anche se con forme di fraudolenza, fatte sempre salve eventuali ulteriori ipotesi di reato eventualmente concorrenti; mentre nella truffa aggravata il momento consumativo coincide con il conseguimento del
possesso quale diretta conseguenza dell’inganno (Sez. 6, n. 34517 del 05/07/2023, Rv. 285176).
3.4. Priva di rilievo è la circostanza che non risulti alcuna prova dei rapporti tra COGNOME e COGNOME, oltre che del vantaggio ottenuto dal ricorrente, costituendo elementi inconferenti ai fini della configurabilità del delitto di peculato, anche in relazione all’ elemento soggettivo, in quanto nella specie questo si è consumato quantomeno nella forma della condotta appropriativa a profitto altrui.
Il ricorso di NOME COGNOME è generico e reiterativo dei motivi già depositati in appello senza alcun confronto con gli argomenti della sentenza.
4.1. La Corte di Appello, nel qualificare le condotte del ricorrente come concorso in peculato ai sensi dell’art. 110 cod. pen., anziché ai sensi dell’art. 117 cod. pen. come ritenuto in primo grado, non ha affatto mutato il dato storico su cui si basava l’accusa originaria, conosciuta e non contesl:ata dall’inizio del processo da COGNOME. Infatti, non solo l’art. 110 cod. penj è contenuto nella stessa imputazione, ma la sentenza impugnata, con propria motivata valutazione, fondata anche sulla prova logica, ha ritenuto che vi fossero tutti gli elementi di fatto da cui evincere l’accordo tra l’extraneus ed il pubblico ufficiale.
4.2. Destituita di qualsiasi fondamento è anche la prospettazione che nella specie ricorra il delitto di truffa o di appropriazione indebil:a-, per gli ste argomenti di cui al par. 3.3. cui si rinvia ed in quanto, come correttamente argomentato dai giudici di merito, COGNOME.; è stato ritenuto concorrente, come extraneus, nel reato proprio materialmente commesso dal pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni, nella piena consapevolezza che COGNOME ricoprisse detta qualifica e senza l’utilizzo nei suoi confronti di alcuna frode avendo redatto, in accordo con il pubblico ufficiale, documenti falsi per coprire e protrarre il peculato e non per trarre in inganno la pubblica amministrazione.
4.2. Il secondo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio, è generico in quanto la sentenza impugnata ha ampiamente motivato in ordine alla pena applicata, peraltro appena superiore al minimo edittale, dando conto che l’aumento per la continuazione avesse tenuto conto del danno complessivamente cagionato all’ente pubblico e della durata della condotta illecita, e considerando che le circostanze attenuanti generiche fossero state riconosciute proprio per l’incensuratezza e la condotta processuale dell’imputato senza valutarle solo prevalenti sull’aggravante contestata.
Dagli argomenti che precedono consegue il rigetto dei ricorsi e l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A), qualificato ai sensi degli artt. 110 e 314 c.p., per intervenuta
prescrizione sino alla data del 30/07/2011 (calcolati 321 giorni dal 12 maggio 2023, data della sentenza impugnata, alla data della presente pronuncia) con rinvio alla Corte di appello di Lecce per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
Il rigetto dei ricorsi determina l’irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità dei ricorrenti e la conferma delle statuizioni civili con condanna anche alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3.686, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A), qualificato ai sensi degli artt. 110 e 314 c.p., sino alla data del 30/07/2011 per intervenuta prescrizione. Rigetta i ricorsi nel resto.
Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara l’irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità degli imputati. Rinvia alla Corte di appello di Lecce per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
Conferma le statuizioni civili e condanna gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3686, oltre accessori di legge.
Così deciso il 28/03/2024