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Peculato gioco lecito: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione conferma la condanna per peculato gioco lecito a carico dell’amministratore di una società di gestione che si era appropriato delle somme dovute a titolo di Prelievo Unico Erariale (PREU). La sentenza chiarisce che tali somme appartengono alla Pubblica Amministrazione sin dal momento della riscossione. Tuttavia, viene annullata la condanna al risarcimento del danno morale in favore della società concessionaria, poiché quest’ultima, pur essendo danneggiata patrimonialmente, non è la vittima del reato, ruolo che spetta esclusivamente allo Stato. La Corte ha inoltre respinto la richiesta di riqualificare il fatto nel nuovo reato di indebita destinazione di denaro.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato Gioco Lecito: Quando il Concessionario Non Ha Diritto al Danno Morale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di peculato gioco lecito, fornendo chiarimenti cruciali sulla qualifica soggettiva dei gestori di apparecchi e sulla distinzione tra soggetto danneggiato e vittima del reato ai fini del risarcimento del danno morale. La decisione riguarda l’amministratore di una società di gestione, condannato per essersi appropriato delle somme destinate al Prelievo Unico Erariale (PREU), senza versarle alla società concessionaria.

I Fatti: L’Appropriazione del Prelievo Unico Erariale

Il caso ha origine dalla condanna di un amministratore di una società incaricata della gestione di apparecchi da gioco lecito. L’imputato non aveva versato alla società concessionaria, con cui aveva stipulato un contratto, una serie di somme incassate nel corso del 2015 a titolo di PREU. La Corte di Appello aveva confermato la condanna per il reato di peculato, riconoscendo inoltre alla società concessionaria, costituitasi parte civile, il diritto al risarcimento del danno morale.
Contro questa decisione, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando tre motivi principali: l’errata qualificazione giuridica dell’amministratore come incaricato di pubblico servizio, l’inammissibilità della costituzione di parte civile della società concessionaria per il risarcimento del danno morale e vizi procedurali.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Peculato Gioco Lecito

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, fornendo una lettura precisa della normativa e dei principi giurisprudenziali. Ha confermato la responsabilità penale per peculato, ma ha annullato la sentenza per quanto riguarda le statuizioni civili, eliminando il risarcimento del danno morale per la società concessionaria.

La Qualifica di Incaricato di Pubblico Servizio

La Corte ha ritenuto il primo motivo inammissibile, confermando che il gestore di apparecchi da gioco lecito riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio. Richiamando una precedente pronuncia delle Sezioni Unite, i giudici hanno ribadito che il denaro raccolto, destinato al pagamento del PREU, appartiene alla pubblica amministrazione sin dal momento della sua riscossione. Di conseguenza, chi se ne impossessa commette il reato di peculato, previsto dall’art. 314 del codice penale.

L’Esclusione del Danno Morale per la Società Concessionaria

Il punto centrale e più innovativo della sentenza riguarda il secondo motivo di ricorso. La Cassazione ha stabilito che la società concessionaria, pur essendo danneggiata dal mancato versamento, non può essere considerata la “persona offesa” (vittima) del reato. La vittima è lo Stato, in quanto titolare del bene giuridico protetto dalla norma sul peculato, ovvero il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione, e proprietario del denaro sottratto.

Le Motivazioni: Danneggiato non è Vittima

La Corte ha sviluppato un’articolata motivazione per distinguere la figura del danneggiato da quella della vittima del reato. Secondo i giudici, il concessionario non è il titolare del denaro oggetto dell’appropriazione, ma solo il soggetto tenuto, per contratto, a versare tali somme all’Erario. Il suo è un danno puramente patrimoniale, derivante dall’obbligo di dover comunque versare all’amministrazione pubblica le somme che il gestore ha illecitamente trattenuto.

La Natura Plurioffensiva del Peculato

Pur riconoscendo la natura plurioffensiva del peculato, che lede sia il buon andamento della P.A. sia l’interesse patrimoniale del titolare del bene, la Corte ha specificato che nel caso di specie il concessionario non ha alcun rapporto “fisico” o di titolarità con il denaro. Egli subisce solo gli effetti pregiudizievoli della condotta altrui. Non essendo vittima del reato, non ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale (e quindi del danno morale), che spetta solo alla persona offesa.

L’Infondatezza del Motivo sulla Riqualificazione del Reato

Infine, la Corte ha respinto la richiesta di riqualificare il fatto nel nuovo delitto di “indebita destinazione di denaro e di cose mobili”, introdotto dall’art. 314-bis c.p. nel 2024. La Cassazione ha chiarito che la condotta dell’imputato è una vera e propria appropriazione, finalizzata a un profitto personale, e rientra pienamente nella fattispecie più grave di peculato. La nuova norma, invece, disciplina condotte “distrattive” meno gravi e contiene una clausola di riserva (“fuori dai casi previsti dall’art. 314”) che ne esclude l’applicazione quando i fatti integrano il delitto di peculato.

Le Conclusioni: Implicazioni della Sentenza

Questa sentenza consolida l’orientamento secondo cui i gestori del gioco lecito sono incaricati di pubblico servizio e il denaro del PREU è pubblico sin dall’origine. L’aspetto di maggiore rilievo è la netta distinzione tra la posizione dello Stato, vittima del reato di peculato, e quella del concessionario, mero danneggiato patrimoniale. Tale distinzione ha un’implicazione pratica fondamentale: esclude per il concessionario la possibilità di ottenere il risarcimento del danno morale, limitando la sua pretesa risarcitoria al solo danno patrimoniale, da far valere nelle sedi opportune.

L’amministratore di una società che gestisce apparecchi da gioco lecito è un incaricato di pubblico servizio?
Sì, la Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, conferma che il gestore o l’esercente di apparecchi da gioco riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio, poiché il denaro incassato a titolo di Prelievo Unico Erariale (PREU) appartiene alla pubblica amministrazione sin dal momento della riscossione.

La società concessionaria del gioco ha diritto al risarcimento del danno morale se il gestore non versa il PREU?
No. La Corte chiarisce che la vittima del reato di peculato è la Pubblica Amministrazione, proprietaria del denaro. La società concessionaria è un soggetto danneggiato sul piano patrimoniale, in quanto obbligata a versare comunque le somme all’erario, ma non è la persona offesa dal reato. Di conseguenza, non ha diritto al riconoscimento del danno morale.

Il mancato versamento del PREU può essere riqualificato come il nuovo reato di “indebita destinazione di denaro” (art. 314-bis c.p.)?
No. La Corte ha ritenuto infondata tale tesi. La condotta di chi non versa il PREU per profitto personale costituisce un’appropriazione e integra il più grave delitto di peculato (art. 314 c.p.). Il nuovo reato di cui all’art. 314-bis c.p. si applica solo a condotte distrattive meno gravi e non ai casi che già rientrano nella fattispecie del peculato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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