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Peculato gestore ricevitoria: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di peculato di un gestore di ricevitoria del lotto che non ha versato allo Stato le somme incassate. La sentenza conferma che il gestore, anche di fatto, è un incaricato di pubblico servizio e che la mancata rimessa integra il reato di peculato. Sebbene la condanna sia confermata, la Corte accoglie il ricorso riguardo la richiesta di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità, precedentemente negata, aprendo a una nuova valutazione in appello alla luce delle recenti riforme legislative.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato Gestore Ricevitoria: Chi non versa i soldi del Lotto commette reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 28653 del 2025, affronta un caso di peculato del gestore di una ricevitoria, chiarendo importanti principi sulla qualifica giuridica di chi maneggia denaro pubblico e sulle conseguenze penali della sua appropriazione. La Corte ha confermato la condanna per peculato, ma ha aperto uno spiraglio per l’imputato riguardo la possibilità di sostituire la pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità, grazie a recenti modifiche legislative.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un uomo, gestore di fatto di una ricevitoria del lotto formalmente intestata alla madre, condannato per essersi appropriato delle somme incassate dalle scommesse in una settimana di giugno 2016. L’importo, superiore a 80.000 euro, non era stato versato all’erario come previsto. A seguito del mancato versamento, l’amministrazione aveva prima sospeso e poi revocato la concessione. L’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione, contestando la sua qualifica di incaricato di pubblico servizio, la sussistenza stessa del reato di peculato e il diniego di diverse richieste, tra cui l’applicazione di pene alternative.

Peculato gestore ricevitoria: la qualifica di incaricato di pubblico servizio

Uno dei punti centrali della difesa era la presunta assenza della qualifica di incaricato di pubblico servizio. La Corte di Cassazione ha rigettato fermamente questa tesi. La gestione di una ricevitoria del lotto è un’attività oggetto di una concessione pubblica, minuziosamente regolamentata da norme di diritto pubblico. Chiunque gestisca tale attività, anche se solo di fatto come nel caso di specie, svolge un’attività amministrativa che lo qualifica come incaricato di pubblico servizio ai sensi dell’art. 358 del codice penale.

La Corte ha sottolineato che non rileva il fatto che il gestore non sia il concessionario formale; ciò che conta è l’esercizio effettivo di funzioni che comportano la gestione di denaro pubblico. Di conseguenza, l’appropriazione di tali somme integra il delitto di peculato (art. 314 c.p.) e non una semplice appropriazione indebita.

L’analisi della Corte sugli altri motivi di ricorso

La Cassazione ha esaminato e respinto anche gli altri motivi di ricorso relativi al merito della condanna:

* Elemento soggettivo del reato: L’intenzione di appropriarsi del denaro è stata considerata provata dal mancato versamento, protrattosi anche dopo i solleciti formali da parte dell’amministrazione.
* Attenuante della particolare tenuità: La richiesta di applicare l’attenuante di cui all’art. 323-bis c.p. è stata respinta a causa dell’ingente valore della somma sottratta, ritenuto di per sé sufficiente a escludere la particolare tenuità del danno.
* Confisca: La confisca del profitto del reato è stata confermata come obbligatoria per legge (art. 322-ter c.p.).
* Messa alla prova: Correttamente negata in appello, poiché il delitto di peculato è punito con una pena massima superiore al limite di quattro anni previsto per l’accesso a tale istituto.

Le Motivazioni della Decisione

La vera svolta della sentenza risiede nell’accoglimento del motivo relativo al diniego di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità. La Corte d’Appello aveva respinto l’istanza ritenendo che non potesse essere presentata per la prima volta in quella sede. La Cassazione, invece, ha dato piena attuazione alle recenti riforme del sistema sanzionatorio penale (introdotte dal d.lgs. n. 150/2022 e modificate dal d.lgs. n. 31/2024).

Secondo la nuova disciplina, applicabile ai processi in corso, l’imputato può richiedere la sostituzione della pena detentiva breve fino a quindici giorni prima dell’udienza di appello. Poiché l’istanza dell’imputato era stata presentata tempestivamente, il diniego della Corte d’Appello è stato ritenuto illegittimo. La Corte di Cassazione ha quindi annullato la sentenza su questo specifico punto, rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione sulla richiesta di lavoro di pubblica utilità.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce con forza che la gestione di una ricevitoria del lotto è un pubblico servizio e chiunque si appropri degli incassi commette il grave reato di peculato. Tuttavia, la decisione evidenzia anche l’importanza delle recenti riforme legislative, che hanno ampliato le possibilità per gli imputati di accedere a pene sostitutive anche nel corso del giudizio di appello. La sentenza impugnata è stata quindi annullata limitatamente al rigetto della richiesta di sostituzione della pena, con rinvio per un nuovo esame su tale aspetto.

Il gestore di una ricevitoria del lotto è un incaricato di pubblico servizio?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, colui che gestisce una ricevitoria del lotto, anche se solo di fatto e non come concessionario formale, svolge un’attività disciplinata da norme di diritto pubblico e, pertanto, riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio agli effetti della legge penale.

Cosa succede se il gestore di una ricevitoria non versa allo Stato le somme incassate?
Commette il reato di peculato, previsto dall’art. 314 del codice penale. L’omesso versamento delle somme incassate dagli scommettitori, di cui ha il possesso per ragioni di servizio, costituisce appropriazione di denaro pubblico e non una semplice appropriazione indebita.

È possibile chiedere la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità per la prima volta in appello?
Sì. In base alla nuova normativa introdotta dal d.lgs. 150/2022 e successive modifiche, l’istanza di sostituzione della pena detentiva breve può essere avanzata nel grado di appello fino a quindici giorni prima dell’udienza. La Corte d’Appello è tenuta a valutarla nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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