LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Peculato d’uso: quando il passeggero non è complice

Un Sindaco e il suo autista sono stati condannati per peculato d’uso per aver utilizzato l’auto di servizio per scopi personali. La compagna del Sindaco, che aveva beneficiato di un unico passaggio, era stata assolta per la particolare tenuità del fatto. La Corte di Cassazione ha confermato le condanne del Sindaco e dell’autista, dichiarando i loro ricorsi inammissibili. Ha però annullato la sentenza nei confronti della donna, assolvendola con formula piena perché il fatto non è stato commesso. La Corte ha chiarito che il semplice beneficiare di un passaggio, senza aver istigato o determinato la condotta illecita del pubblico ufficiale, non integra il concorso nel reato di peculato d’uso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato d’uso: La Cassazione chiarisce la responsabilità del passeggero sull’auto di servizio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione interviene sul tema del peculato d’uso, offrendo chiarimenti cruciali sulla configurabilità del concorso di persone nel reato, con particolare riferimento alla posizione del soggetto ‘estraneo’ alla pubblica amministrazione che beneficia passivamente dell’uso illecito del bene. Il caso analizzato riguarda l’utilizzo di un’auto di servizio da parte di un Sindaco per scopi personali, ma il principio più innovativo emerge dalla posizione della sua compagna, semplice passeggera.

I Fatti del Processo: Uso Privato dell’Auto Blu

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna in primo grado di un Sindaco e del suo autista, dipendente comunale, per aver utilizzato l’auto di servizio per finalità estranee a quelle istituzionali. Il reato, inizialmente qualificato come peculato, è stato derubricato a peculato d’uso. Nello stesso procedimento era coinvolta anche la compagna del Sindaco, accusata di aver usufruito in una singola occasione di un breve passaggio con l’auto di servizio. Mentre il Tribunale aveva condannato il Sindaco e l’autista, aveva assolto la donna per la particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p. La Corte d’Appello aveva successivamente confermato la responsabilità dei due pubblici agenti (pur dichiarando la prescrizione per alcuni episodi). La donna, tuttavia, ha impugnato la sua assoluzione, non ritenendola pienamente liberatoria, portando il caso dinanzi alla Suprema Corte.

L’Analisi della Corte di Cassazione sul Peculato d’uso

La Corte di Cassazione ha esaminato i ricorsi dei tre imputati, giungendo a conclusioni diverse.

Per quanto riguarda il Sindaco e l’autista, i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili. I giudici hanno respinto le doglianze relative all’inutilizzabilità delle intercettazioni, ritenendo che, al momento della loro autorizzazione, l’ipotesi di peculato (che le consente) fosse pienamente sostenibile. La successiva riqualificazione in peculato d’uso (che non le consentirebbe) non inficia la validità degli atti compiuti in una fase precedente, quando il quadro accusatorio era diverso e non ‘patologico’. La responsabilità dei due è stata quindi confermata.

La Posizione dell’Extraneus nel Reato Proprio

Il punto focale della sentenza riguarda la posizione della compagna del Sindaco, considerata extraneus rispetto al reato proprio. I giudici di merito avevano erroneamente fondato la sua responsabilità su un’applicazione dell’art. 117 c.p., che disciplina il concorso di persone nel reato proprio quando il concorrente ignora la qualifica del soggetto principale. Tale norma, chiarisce la Cassazione, non era pertinente, poiché la donna era perfettamente a conoscenza della carica di Sindaco del compagno.

Il Peculato d’uso come Reato di ‘Mano Propria’

La Corte ha quindi ricondotto l’analisi nell’alveo del concorso ordinario di persone (art. 110 c.p.). Tuttavia, ha specificato che il peculato d’uso è un ‘reato proprio di mano propria’, ovvero un illecito la cui condotta tipica può essere materialmente posta in essere solo dal soggetto qualificato (l’intraneus). Di conseguenza, il concorso dell’estraneo (extraneus) non può consistere in un contributo materiale, ma solo in un apporto morale, come l’istigazione o la determinazione a commettere il reato.

Nel caso di specie, non è emerso alcun elemento che provasse un ruolo attivo della donna. Non risultava che avesse istigato o chiesto il passaggio, ma che ne avesse semplicemente approfittato. Essere un mero beneficiario passivo di una condotta illecita altrui non è sufficiente a integrare il concorso di persona nel reato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sulla base di una rigorosa applicazione dei principi sul concorso di persone. Per il Sindaco e l’autista, l’inammissibilità deriva dalla manifesta infondatezza dei motivi di ricorso, che non hanno scalfito la logicità delle sentenze di merito. Per la compagna del Sindaco, invece, l’assoluzione con formula piena (‘perché non ha commesso il fatto’) deriva dalla totale assenza di prove circa un suo contributo causale, sia materiale che morale, alla commissione del reato. Inoltre, mancava anche la prova dell’elemento soggettivo del dolo, ovvero la consapevolezza che il compagno stesse disponendo illecitamente del mezzo pubblico. La sola conoscenza della qualifica pubblica del partner non implica automaticamente la consapevolezza dell’illiceità di ogni sua azione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza traccia un confine netto e importante in materia di responsabilità penale per peculato d’uso. Se da un lato conferma la piena responsabilità del pubblico ufficiale che abusa della sua posizione, dall’altro lato stabilisce un principio di garanzia per i terzi. La pronuncia chiarisce che per essere considerati complici, non basta essere meri passeggeri o beneficiari passivi dell’uso improprio di un bene pubblico. È necessario un contributo attivo e consapevole alla realizzazione del reato, sotto forma di istigazione o determinazione. In assenza di tale apporto, il comportamento del terzo è penalmente irrilevante.

L’autista di un pubblico ufficiale risponde di peculato d’uso se esegue i suoi ordini per un uso privato del mezzo di servizio?
Sì, secondo la sentenza, l’autista risponde in concorso con il pubblico ufficiale. La sua posizione di subalterno e l’esecuzione di un ordine non lo esonerano da responsabilità, in quanto era consapevole dell’uso extra-istituzionale e illecito del veicolo e ha fornito un contributo materiale essenziale.

Un passeggero che accetta un passaggio sull’auto di servizio di un parente pubblico ufficiale è sempre complice nel reato di peculato d’uso?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il semplice fatto di beneficiare passivamente di un passaggio non è sufficiente per essere considerati complici. È necessario dimostrare un contributo causale attivo, come l’aver istigato o determinato il pubblico ufficiale a compiere l’atto illecito, e la piena consapevolezza dell’illiceità di tale uso.

Le intercettazioni disposte per peculato sono utilizzabili se poi il reato viene riqualificato in peculato d’uso, che di per sé non le consentirebbe?
Sì, la Corte ha ritenuto le intercettazioni pienamente utilizzabili. La valutazione sulla legittimità delle captazioni va fatta al momento in cui vengono autorizzate. Se in quella fase l’ipotesi di reato (peculato) giustificava l’uso di tale strumento investigativo, la successiva riqualificazione giuridica del fatto in un reato meno grave (peculato d’uso) non rende retroattivamente inutilizzabili le prove raccolte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati