Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35673 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35673 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME NOME, nata a Rovigo il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza emessa in data 19/06/2023 dalla Corte di appello di Venezia;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per l’udienza indagini preliminare del Tribunale di Rovigo, con decreto emesso in data 12 gennaio 2019, ha disposto il giudizio nei confronti di NOME COGNOME per plurimi delitti di peculato.
Secondo l’ipotesi di accusa, l’imputata, quale direttrice e operatrice unica dell’ufficio postale di Concadirame (RO) e, quindi, nella qualità di incaricato di
pubblico servizio, avendo, per ragioni del proprio ufficio, il possesso e, comunque, la disponibilità del denaro versato sui RAGIONE_SOCIALE a risparmio postale della clientela, si sarebbe appropriata complessivamente:
della somma di euro 52.613,00, sottraendola a NOME COGNOME e NOME COGNOME, operando a loro insaputa mediante il compimento di ventisei operazioni di prelievo, poste in essere tra il 5 marzo 2013 e il 15 ottobre 2013;
della somma di euro 130.700,00, sottraendola ad NOME COGNOME, operando a sua insaputa mediante il compimento di quarantanove operazioni di prelievo, poste in essere tra il 10 febbraio 2011 e il 16 luglio 2012;
della somma di euro 6.600,00, sottraendola a NOME COGNOME, operando a sua insaputa mediante il compimento di sette operazioni di prelievo, poste in essere tra il 19 gennaio 2011 e il 13 febbraio 2013.
Il Tribunale di Rovigo, con sentenza emessa in data 21 dicembre 2017, ha dichiarato l’imputata responsabile dei reati a lei ascritti e, ritenuta l continuazione, l’ha condannata alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali; il Tribunale ha, inoltre, dichiarato l’imputata interdetta in perpetuo dai pubblici uffici e ha disposto la confisca, diretta o per equivalente, della somma di euro 53.813,00 nei confronti dell’imputata.
La Corte di appello, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto l’imputata perché il fatto non sussiste limitatamente alla contestata condotta di mancata restituzione alle persone offese NOME COGNOME e NOME COGNOME della somma di 5.000 euro a seguito di rimborso di buoni fruttiferi, e ha rideterminato la pena inflitta in quattro anni, cinque mesi e venti giorni di reclusione.
AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO COGNOME difensore dell’imputata ha impugnato questa sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo due motivi.
4.1. Il difensore, con il primo motivo, ha censurato la violazione della legge penale, in quanto la Corte di appello ha riconosciuto la qualifica di incaricato di pubblico servizio dell’imputata, obliterando che le mansioni e le qualifiche della stessa erano in tutto corrispondenti a quelle esercitati dai dipendenti bancari; la Corte di appello, dunque, avrebbe dovuto riqualificare le condotte accertate come reati di appropriazione indebita.
L’imputata era l’unica dipendente dell’ufficio postale; illogicamente i giudici di merito hanno ritenuto che l’imputata abbia posto in essere i prelievi in assenza dei titolari del libretto postale. I titolari dei libretti hanno avuto sempre gli stes loro disposizione e questi non presentano righi vuoti tra un’operazione e l’altra.
4.2. Con il secondo motivo, il difensore ha eccepito l’erronea applicazione
della legge penale in ragione del mancato riconoscimento all’imputata delle attenuanti generiche.
La Corte di appello avrebbe dovuto riconoscere all’imputata le attenuanti generiche considerando anche elementi favorevoli alla stessa, quali il corretto comportamento processuale, l’assenza del pericolo di reiterazione del reato, l’aver ammesso la condotta contestata quanto alle persone offese COGNOME limitatamente alla somma di euro 47.613,00, e l’aver commesso le condotte contestate con riferimento alla signora COGNOME per consentire alla stessa di aiutare la figlia, senza farlo sapere al marito.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 11 settembre 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
In data 22 settembre 2025 l’AVV_NOTAIO ha depositato una memoria di replica, insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso devono essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
Il difensore, con il primo motivo, ha censurato la violazione della legge penale, quanto al riconoscimento della qualifica di incaricato di pubblico servizio dell’imputata, e il vizio di motivazione, quanto all’affermazione della sua responsabilità penale.
Il motivo è infondato quanto alla censura di erronea applicazione della legge penale.
Le Sezioni unite all’udienza del 29 maggio 2025, successivamente alla proposizione del ricorso, hanno statuito che l’attività di raccolta del risparmio postale, ossia la raccolta di fondi attraverso libretti di risparmio postale e buoni postali fruttiferi effettuata da RAGIONE_SOCIALE per conto della RAGIONE_SOCIALE, costituisce prestazione di un pubblico servizio.
Nella medesima pronuncia le Sezioni unite hanno affermato che l’operatore di RAGIONE_SOCIALE addetto alla vendita e gestione dei prodotti derivanti dalla raccolta del risparmio postale, e segnatamente da libretti di risparmio postale e da buoni postali fruttiferi, nello svolgimento di tale attività, riveste la qualità incaricato di pubblico servizio (Sez. U, n. 34036 del 29/05/2025, Cena, non ancora massimata).
Inammissibile è, invece, la censura relativa al vizio di motivazione.
I giudici di merito, con motivazione congrua e aderente alle risultanze
processuali, hanno rilevato che l’imputata ha posto in essere prelievi abusivi dai libretti di risparmio della clientela mediante il confezionamento di libretti clone (pag. 5-6 della sentenza di primo grado).
Il ricorso, peraltro, ha contestato in fatto, proponendo tesi alternative, le modalità di appropriazione delle somme contestate.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Con il secondo motivo, il difensore ha eccepito l’erronea applicazione della legge penale in ragione del mancato riconoscimento all’imputata delle attenuanti generiche.
5. Il motivo è infondato.
La decisione sulla concessione o sul diniego delle attenuanti generiche è, infatti, rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, che nell’esercizio del relativo potere agisce con insindacabile apprezzamento, sottratto al controllo di legittimità, a meno che non sia viziato da errori logico-giuridici.
Per principio di diritto assolutamente consolidato ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall’imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di preponderante rilievo (ex plurimis: Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014, NOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, NOME ed altri, Rv. 248244).
Tale obbligo, peraltro, nel caso di specie è stato pienamente assolto, in quanto la Corte di appello ha congruamente motivato il diniego delle attenuanti generiche, ritenendo ostativi all’applicazione dell’art. 62-bis cod. pen. la gravità del danno patrimoniale cagionato alle persone offese, depredate integralmente dei
propri risparmi, l’età avanzata e lo scarso livello di scolarizzazione delle vittime, il rapporto di fiducia instauratosi con l’imputata e l’elevata intensità del dolo dimostrata dalla reiterazione sistematica delle condotte illecite.
La sentenza di primo grado ha, peraltro, rilevato che le attenuanti generiche non possono essere riconosciute all’imputata in ragione della propria mera incensuratezza.
6. Alla stregua dei rilievi che precedono, il ricorso deve essere rigettato.
Secondo le Sezioni unite di questa Corte, l’inammissibilità del ricorso per cassazione, ma non il suo rigetto, preclude la possibilità di rilevare d’ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609 comma secondo, cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione (ex plurimis: Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 266818 – 01; Sez. U, n. 33542 del 2001, COGNOME, Rv. 219531 – 01).
Posto, dunque, che il termine massimo di prescrizione nel caso di specie è di dodici anni e sei mesi (ovvero di dieci anni, la pena massima vigente all’epoca dei fatti, aumentata di un quarto, ai sensi dell’art. 161, secondo comma, cod. pen.), cui vanno aggiunti sessanta giorni di sospensione, il rigetto del ricorso comporta la declaratoria della prescrizione delle condotte di peculato poste in essere sino al 16 febbraio 2013 e l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alle stesse.
Il ricorso deve essere rigettato nel resto, disponendo la trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di appello di Venezia per la rideterminazione della pena.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle condotte poste in essere fino al 16 febbraio 2013 perché i reati sono estinti per intervenuta prescrizione; rigetta nel resto il ricorso, disponendo la trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di appello di Venezia per la rideterminazione della pena.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2025.