Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32553 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32553 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Cosenza il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Catanzaro il 04/04/2024;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia della cost parte civile, COGNOME NOME, che ha chiesto che il ricorso sia dichi inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza con cui NOME è stato condannato per il reato di peculato.
A COGNOME, dipendente dell’Ufficio RAGIONE_SOCIALE Cosenza, si contesta di e appropriato della somma complessiva di 265.000 euro di proprietà di COGNOME NOME, c l’aveva depositata presso l’ufficio in forma di libretti di deposito e titoli cambi 15 aprile 2014).
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
La sentenza NOME affetta da nullità assoluta; l’assunto è che, a fronte della celebrazione del processo in appello con udienza partecipata, la Corte avrebbe, da una parte, dato atto nella sentenza che l’udienza si NOME invece svolta ai sensi dell’art. 23 bis della legge n. 176 del 2020 e, dall’altra, precisato che nessuna delle parti aveva richiesto la discussione orale.
Si tratterebbe di un assunto smentito dagli atti e di una sentenza che avrebbe vanificato il contraddittorio svoltosi in udienza.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la mancata assunzione di una prova decisiva di cui la parte aveva fatto richiesta in sede di discussione orale, ai sensi dell’art. 49 comma 2, cod. proc. pen.
La decisività della prova consisterebbe, secondo l’imputato, nel fatto che “nel parallelo procedimento penale era emersa la inattendibilità delle fonti di prova addotte dall’Ufficio di Procura, conseguente ad un atteggiamento estorsivo del personale delle RAGIONE_SOCIALE che, in quel processo, aveva costretto la persona offesa a sporgere denuncia contro COGNOME e che, nel presente procedimento, ha sottoposto al COGNOME una dichiarazione confessoria disconosciuta dall’imputato medesimo nei termini del documento acquisito in udienza” (così testualmente il ricorso).
Il tema attiene al giudizio di responsabilità e si sottolinea la mancanza non solo del “corpo di reato”, cioè di un libretto RAGIONE_SOCIALE al portatore, ma anche della prova della appropriazione da parte dell’imputato delle somme indicate nella imputazione, non essendo stata compiuta nessuna indagine volta ad accertare la disponibilità diretta o indiretta di quelle somme di COGNOME.
L’appropriazione NOME stata desunta dalla anomala emissione di un libretto al portatore “che non presenta nessuna valenza contabile”, così come confermato dal teste COGNOME, ispettore di RAGIONE_SOCIALE, e spiegato dallo stesso imputato.
La parte civile, pur avendo la disponibilità di somme cospicue, viveva in condizioni di indigenza e aveva indicato a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE come proprio domicilio l’abitazione del COGNOME, salvo poi “comprarsi” la casa e “portare la casella RAGIONE_SOCIALE là”.
Si aggiunge che la dichiarazione confessoria, utilizzata in chiave accusatoria, NOME proveniente non dall’imputato e nemmeno dalla parte civile, ma da un soggetto terzo, tale COGNOME NOME, che l’avrebbe redatta “per trovare un accordo” e evitare la denuncia.
In tal senso, la richiesta di prova non esaminata avrebbe avuto ad oggetto l’ascolto della persona offesa e l’acquisizione di una sentenza.
NOME NOME stato titolare di una agenzta ‘ immobiliare attraverso la quale la parte civile aveva acquistato un appartamento “mostrandogli” il libretto al portatore “creato dall’imputato” e mai contabilizzato, per evidenziare l’ammontare del suo patrimonio;
COGNOME avrebbe affermato che quel libretto era solo “una nota” che lui gli aveva fatto per evidenziare gli investimenti e che l’originale, mai trovato, lo avrebbe avuto lui (vi sul punto una lunga ricostruzione in fatto che ruota intorno alle dichiarazioni dello stesso COGNOME).
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge quanto al giudizio di responsabilità; il tema attiene alla inutilizzabilità della dichiarazione confessoria, di si è detto, ai fini della configurabilità del delitto di peculato e si sostiene che, in “l’appropriazione NOME stata posta in essere … con artifici e raggiri mentre il libre privo di valenza economica e giuridica nessuna correlazione avrebbe presentato con la condotta appropriativa in sé considerata”.
Il tema riguarda la qualificazione giuridica dei fatti, la qualifica di incarica pubblico servizio; si NOME trattato al più di una appropriazione indebita.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio.
La Corte di appello avrebbe dato atto di avere fatto riferimento alla cornice edittale più favorevole ma avrebbe fissato la pena base in quella di anni quattro e mesi sei di reclusione senza alcuna motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile
È inammissibile il primo motivo di ricorso.
Al di là del riferimento contenuto a pag. 4 della sentenza impugnata in cui la Corte ha affermato che il processo NOME stato trattato secondo le disposizioni di cui all’art. 23 bis della legge n. 176 del 2020, dalla sentenza emerge che il processo è stato celebrato, così come peraltro affermato dal ricorrente, alla presenza delle parti, che hanno concluso in udienza (cfr. pagg. 1- 3 sentenza).
Sulla base di tale presupposto, non è obiettivamente chiaro né quale sia la lesione e la prerogativa difensiva che nella specie NOME stata compiuta, e neppure, al di là della imprecisione formale, perché nella specie vi NOME una nullità dell’atto.
Sono inammissibili anche il secondo e il terzo motivo di ricorso.
La Corte di appello, anche richiamando la sentenza di primo grado, ha valutato le prove e ricostruito i fatti, facendo riferimento:
alle dichiarazioni della persona offesa che ha spiegato quale fosse il suo rapporto con l’imputato e ha disconosciuto le firme di traenza apposte a suo nome sull’assegno n. 7179297109, aggiungendo di non conoscere la beneficiaria, nonché le firme apposte
sulle quietanze di pagamento dei buoni postali fruttiferi, aggiungendo di non avere mai ricevuto alcunchè;
agli accertamenti compiuti e a come le operazioni “anomale” di cui COGNOME NOME stato autore fossero state compiute dall’imputato attraverso scritturazioni manuali apposte sul libretto di risparmio RAGIONE_SOCIALE per un importo complessivo di euro 222.114, 18 euro e mai contabilizzate nel sistema informatico di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
alla circostanza COGNOME che sul libretto n. 37018469 erano state registrate, con scritturazione manoscritta, operazioni compiute dall’imputato – da cui emergeva un saldo attivo – ma che dette operazioni non erano state contabilizzate;
al fatto che l’unico riscontro documentale rispetto alle movimentazioni formalmente riconducibili a COGNOME conduceva all’imputato, individuato in maniera inequivoca in ragione del suo User Id personale
alla dichiarazione ammissiva, a firma autenticata dall’imputato, in cui questi avrebbe affermato di avere redatto, con intestazione COGNOME, un libretto di deposito RAGIONE_SOCIALE nominativo su cui di volta in volta annotava a penna operazioni mai poste in essere, apponendovi i timbri di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e di essersi appropriato delle somme indicate nelle scritturazioni.
In tale contesto i motivi di ricorso rivelano la loro strutturale inammissibilità.
Le censure dedotte si sviluppano sul piano della ricostruzione fattuale e sono sostanzialmente volte a sovrapporre un’interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dai giudici di merito, piuttosto che a far emergere un vizio della motivazione rilevante ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen.
Secondo i principi consolidati dalla Corte di cassazione la sentenza non può essere annullata sulla base di mere prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura orientata degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferire rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perché considerat maggiormente plausibili, o perché assertivamente ritenuti dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata ( Sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, rv. 234148).
L’odierno ricorrente ha riproposto con il ricorso per cassazione la versione dei fatti dedotta in primo e secondo grado e disattesa dai Giudici del merito; compito del giudice di legittimità nel sindacato sui vizi della motivazione non è tuttavia quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello
sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.
E’ possibile che nella valutazione sulla “tenuta” del ragionamento probatorio, la struttura motivazionale della sentenza di appello si saldi con quella precedente per formare un unico corpo argomentativo, atteso che le due decisioni di merito possono concordare nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2 COGNOME, rv. 2574595; Sez. 2, n. 5606 dell’8/2/2007, COGNOME e altro, Rv. 236181; Sez. 1, n. 8868 dell’8/8/2000, COGNOME, rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, COGNOME, rv. 209145).
Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorché i giudici di secondo grado, come nel caso in esame, esaminino le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con riferimenti alle determinazioni ed ai passaggi logico-giuridici della decisione di primo grado e, a maggior ragione, ciò è legittimo quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione del primo giudice (Cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002, Lombardozzi, Rv. 221116).
Nel caso di specie, i giudici di appello, che pure hanno fatto riferimento alle argomentazioni sviluppate nella sentenza di primo grado, hanno fornito una valutazione analitica ed autonoma sui punti specificamente indicati nell’impugnazione di appello, di talché la motivazione risulta esaustiva ed immune dalle censure proposte.
I motivi in esame, per come strutturati, esulano dal percorso di una ragionata censura del complessivo percorso motivazionale del provvedimento impugnato, con il quale obiettivamente non si confrontano, e si risolvono in una indistinta critica difettiva; frammentazione del ragionamento sotteso al ricorso, la moltiplicazione di rivoli argomentativi neutri o, comunque, non decisivi, la scomposizione indistinta di fatti e di piani di indagine non ancorata al ragionamento probatorio complessivo della sentenza impugnata, la valorizzazione di singoli elementi il cui significato viene scisso ed esaminato atomisticamente rispetto all’intero contesto, violano il necessario onere di specificazione delle critiche mosse al provvedimento (sul tema, Sez. 6, n. 10539 del 10/02/2017, COGNOME, Rv. 269379).
5. In particolare, ciò che non è chiaro è: a) perché le dichiarazioni della persona offesa NOMEro inattendibili e perché COGNOME NOME stato portatore di un interesse inquinante nei confronti dell’imputato con il quale aveva un rapporto fiduciario consolidato nel tempo; b) perché l’imputato avrebbe sottoscritto quella dichiarazione ammissiva, quale NOME stata cioè la ragione per cui COGNOME si NOME dovuto
assumere la responsabilità per fatti così gravi; c) perché gli accertamenti e le risultanze investigative, obiettivamente univoche, NOMEro viziate.
Su tali decisivi temi il ricorso è silente.
Due ulteriori considerazioni si impongono.
La prima attiene alla richiesta di assunzione probatoria.
Sotto un primo profilo, non è chiaro perché le prove indicate NOMEro decisive, e, soprattutto, quale NOME il rilevo della sentenza a cui l’imputato ha fatto riferimento rispetto ai fatti per ‘tegi procede.
Sul punto il motivo è generico.
Sotto altro profilo, la Corte di cassazione ha già spiegato che non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza (cfr., Sez. 4, n. 5396 del 05/11/ 2023, Lakrafy, Rv. 284096).
Nel caso di specie, al di là delle genericità del motivo di ricorso, è ragionevole ritenere che la Corte di appello, sulla base della intera ricostruzione fattuale e dell’inter compendio probatorio, abbia rigettato la richiesta.
La seconda ragione attiene alla qualificazione giuridica dei fatti.
Le Sezioni unite sono state di recente interpellate per chiarire se, nell’ambito delle attività di “bancoposta” svolte da RAGIONE_SOCIALE, la “raccolta del risparmi RAGIONE_SOCIALE“, ossia la raccolta di fondi attraverso libretti di risparmio RAGIONE_SOCIALE e buoni posta fruttiferi effettuata per conto della RAGIONE_SOCIALE, abbia natura pubblicisti e, in caso positivo, se l’operatore di RAGIONE_SOCIALE addetto alla vendita e gestion di tali prodotti rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico ser
All’esito della udienza del 29/05/2025 l’informazione provvisoria diffusa riferisce che è stato enunciato il principio di diritto secondo il quale la raccolta di fondi attraver libretti di risparmio RAGIONE_SOCIALE e buoni postali fruttiferi, effettuata da RAGIONE_SOCIALE per conto della RAGIONE_SOCIALE, ha natura pubblicistica e l’operatore di RAGIONE_SOCIALE addetto alla vendita e gestione di tali prodotti riveste la qualific incaricato di pubblico servizio.
Nel caso di specie, l’imputato era addetto alle gestione delle somme che costituivano il risparmio di COGNOME e che questi aveva depositato e, dunque, da una parte, era incaricato di pubblico servizio e, dall’altra, avendo la disponibilità di quelle somme se ne appropriò, commettendo in tal modo peculato.
6. Inammissibile è infine il quarto motivo di ricorso.
A fronte di una motivazione adeguata con cui la Corte ha spiegato come la pena sia stata individuata in misura di poco superiore al minimo edittale in ragione della obiettiva gravità dei fatti, nulla di specifico è stato dedotto.
Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende che si stima equo determinare nella misura di tremila euro.
L’imputato deve inoltre essere condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME, che si liquidano in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME, che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2025.