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Peculato del notaio: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per peculato del notaio che si era appropriato delle somme ricevute dai clienti per il pagamento delle imposte. La sentenza chiarisce che il ritardo sistematico e prolungato integra il reato, manifestando la volontà di agire come proprietario del denaro. Tuttavia, la Corte ha annullato parzialmente la condanna, rinviando a nuovo giudizio la parte in cui, per gli stessi fatti, l’imputato era stato assolto dall’accusa di falso, ravvisando una contraddizione nella motivazione.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato del notaio: Quando il ritardo nei versamenti fiscali diventa reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5629/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema delicato e di grande rilevanza: il peculato del notaio. Il caso analizzato riguarda un professionista condannato per essersi appropriato sistematicamente delle somme versate dai clienti per il pagamento delle imposte legate agli atti notarili. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sulla linea di confine tra un semplice ritardo e una vera e propria condotta appropriativa penalmente rilevante.

I Fatti di Causa: Un Sistema di Omissioni

Al centro della vicenda vi è un notaio accusato di aver ricevuto dai propri clienti il denaro destinato al versamento delle imposte, omettendo però di trasferirlo integralmente e tempestivamente all’erario. Secondo le corti di merito, non si trattava di episodi isolati, ma di una prassi consolidata. Il professionista versava solo in un secondo momento, spesso a seguito di solleciti da parte dell’Agenzia delle Entrate, e talvolta erano gli stessi clienti a dover pagare nuovamente le somme.

Oltre all’appropriazione del denaro, al notaio veniva contestato anche il reato di falso per aver dato disposizioni ai propri dipendenti di compilare i modelli di pagamento (modelli 69) con dati non veritieri, al fine di mascherare gli ammanchi.

La Decisione della Cassazione sul Peculato del Notaio

La Suprema Corte ha esaminato i diversi motivi di ricorso presentati dalla difesa, giungendo a una decisione che conferma in larga parte l’impianto accusatorio, ma con un’importante precisazione.

La Conferma della Responsabilità Penale

La Cassazione ha dichiarato inammissibili la maggior parte dei motivi di ricorso. In particolare, ha respinto la tesi difensiva secondo cui il notaio non avrebbe agito con l’intento di appropriarsi del denaro, ma avrebbe solo ritardato i pagamenti a causa di una non meglio specificata “crisi economica”.

Secondo gli Ermellini, il comportamento del pubblico ufficiale, caratterizzato da omissioni sistematiche e da ritardi prolungati anche per anni, non può essere considerato una mera inerzia. Al contrario, tale condotta denota inequivocabilmente l’atteggiamento “appropriativo” e la cosiddetta interversione del titolo del possesso: il notaio ha smesso di agire come un mero custode delle somme e ha iniziato a disporne come se fossero proprie.

L’Annullamento Parziale per Vizio di Motivazione

L’unico motivo di ricorso accolto riguarda una specifica parte della condanna. Per un gruppo di operazioni (indicate nei capi da 139 a 148), la Corte d’Appello aveva assolto il notaio dal reato di falso, poiché l’Agenzia delle Entrate aveva confermato la correttezza della tassazione e dei versamenti effettuati. Ciononostante, per gli stessi fatti, aveva confermato la condanna per peculato.

La Cassazione ha ravvisato in questo punto una palese contraddizione e un difetto di motivazione. Se l’importo della tassazione era stato indicato correttamente e la somma corrispondente era stata interamente versata, non è chiaro come possa configurarsi il reato di peculato. Per questo motivo, la sentenza è stata annullata limitatamente a questi specifici episodi, con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

Le Motivazioni: Distinguere il Ritardo dall’Appropriazione

La Corte ribadisce un principio fondamentale: il reato di peculato non scatta automaticamente alla scadenza del termine per il versamento. È necessario provare che il pubblico ufficiale abbia compiuto un atto di dominio sulla cosa, con la volontà di tenerla come propria. Tuttavia, quando i ritardi sono sistematici, ingiustificati e si protraggono per un tempo irragionevole (mesi o addirittura anni), la prova dell’appropriazione emerge dalle circostanze stesse. La generica giustificazione di una “crisi economica”, senza elementi concreti a supporto, non è sufficiente a escludere il dolo. Il comportamento dell’agente, nel suo complesso, rivela la volontà di utilizzare per fini propri il denaro che avrebbe dovuto semplicemente trasferire all’erario.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida l’orientamento secondo cui la condotta del peculato del notaio si configura non solo con l’appropriazione definitiva, ma anche con una gestione del denaro pubblico caratterizzata da ritardi sistematici e ingiustificati. Per i pubblici ufficiali, e in particolare per i notai, emerge il chiaro monito che la gestione dei fondi dei clienti destinati all’erario deve essere improntata alla massima trasparenza e tempestività. Le difficoltà economiche personali non possono diventare un pretesto per disporre liberamente di somme che si detengono solo in virtù del proprio ufficio. Infine, la pronuncia sottolinea l’importanza della coerenza logica delle decisioni giudiziarie: non è possibile condannare per peculato quando, per gli stessi fatti, si accerta la correttezza dei versamenti e l’assenza di falsità documentale.

Quando un ritardo nel versamento delle imposte da parte di un notaio diventa peculato?
Secondo la sentenza, il reato si configura quando il ritardo non è un episodio isolato ma diventa sistematico e si protrae per un tempo irragionevole (mesi o anni). Tale comportamento dimostra l’intenzione del pubblico ufficiale di appropriarsi del denaro, agendo come se fosse il proprietario (cosiddetta interversione del titolo del possesso).

La ‘crisi economica’ può essere una giustificazione valida per il mancato versamento delle somme da parte di un pubblico ufficiale?
No. La Corte di Cassazione ha ritenuto che una generica e indefinita ‘crisi economica’, non supportata da prove concrete, non sia sufficiente a escludere il dolo del reato di peculato. La difficoltà economica non autorizza il pubblico ufficiale a disporre delle somme che detiene per conto dello Stato.

Cosa succede se un notaio viene assolto dal reato di falso ma condannato per peculato per gli stessi fatti?
La Corte di Cassazione ha ritenuto questa situazione illogica e contraddittoria. Se i documenti fiscali sono corretti e le imposte risultano interamente versate, viene a mancare il presupposto per l’accusa di peculato. Per questo motivo, ha annullato la sentenza su questo punto specifico, richiedendo un nuovo giudizio per chiarire la questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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