Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5629 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 5629  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME, nato a Cuglieri il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Cagliari il 20/12/2022
visti gli atti ed esaminato il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza limitatamente alla affermazione di responsabilità per il reato di peculato con riguardo ai fatti indicati da 139 a 148 d decreto che dispone il giudizio e il rigetto del ricorso per il resto;
udito l’AVV_NOTAIO, difensore RAGIONE_SOCIALE parti civili, NOME e NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO, difensore dell’imputato, che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha confermato nei riguardi di NOME la condanna per il reato di peculato
quanto ai fatti di cui ai capi A) e B) e, limitatamente ai fatti contestati ai n. 136138, per quelli di al capo C), ricondotti ai reati previsti dagli artt. 480- 491 bis cod
A NOME, in qualità di notaio e quindi di pubblico ufficiale, è contestato:
di essersi appropriato in più occasioni RAGIONE_SOCIALE somme ricevute dai clienti per i versamento RAGIONE_SOCIALE imposte dovute a seguito della stipula di atti notarili, omettendo di effettuare i prescritti versamenti e versando solo successivamente, alle richieste della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, parte RAGIONE_SOCIALE somme in questione (Capi A- B);
di aver dato disposizioni ai dipendenti affinchè fossero compilati i c.d. modelli 6 attraverso i quali venivano effettuati i pagamenti all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, apponendo dati diversi da quelli reali e formando con tale condotta atti falsi (falsità ideologi certificati).
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando sei motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità; l’imputato avrebbe versato una somma inferiore rispetto a quella ricevuta non perché volesse appropriarsi della differenza ma perché, essendo in stato di crisi economica, aspettava che fosse l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a richiedere dette somme, così da potere in quel periodo incassare altri denari e provvedere a sanare la posizione (in tal senso si richiama una parte della motivazione della sentenza di primo grado).
La sentenza sarebbe viziata anche nella parte in cui ha ritenuto sussistente il dolo del reato contestato, avendo invece l’imputato riconosciuto che il denaro non fosse suo e che non volesse trarre profitto.
Ove pure si volesse ritenere che la condotta sia qualificabile in termini di distrazione essendo state quelle somme destinate a finalità solo “irregolari”, ma pur sempre pubbliche e non egoistiche, nondimeno si tratterebbe di una distrazione non appropriativa e quindi penalmente irrilevante.
In subordine si ritiene che al più, quantomeno dal punto di vista soggettivo, sarebbe configurabile la fattispecie di peculato d’uso.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
La Corte avrebbe assolto da una serie di fatti di falso (quelli indicati con i numeri 139 a 148) assumendo che l’RAGIONE_SOCIALE avesse comunicato che la tassazione fosse corretta e quindi che i relativi modelli 69 non fossero stati falsificati ne contenuto ideologico; assume il ricorrente che se i quindi ll’importo della tassazione era stato correttamente apposto e se la somma correttamente indicata era stata versata dall’imputato, il peculato per tali fatti sarebbe insussistente.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità, non avendo la Corte accertato la condotta appropriativa per ogni singolo fatto contestato.
La Corte si sarebbe limitata ad affermare che: a) l’imputato aveva ammesso di essersi appropriato in alcune occasioni fin tutto o in parte deldenaro ricevuto; b) un simile modo di operare era stato ammesso anche dai dipendenti del notaio; c) nei fascicoli relativi ai versamenti irregolari era stata apposta la sigla “F” o “furbo”; d) in tutti i casi ( l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva accertato che NOME aveva versato somme inferiori a quelle dovute; e) alcuni fascicoli erano stati distrutti.
Una sentenza, si argomenta, viziata per essersi la Corte accontentata di una prova unica e collettiva, ad esclusione dei fatti per i quali l’imputato aveva dedot contestazioni specifiche e sostanzialmente fornito la prova della sua innocenza.
Una responsabilità affermata con una sostanziale inversione dell’onere della prova.
2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione; il tema attiene all’acquisizione e alla valutazione di una serie di documenti volti a comprovare, da una parte, come in relazione all’unico caso menzionato dal Tribunale, l’RAGIONE_SOCIALE avesse ritenuto corretta la tassazione, e, dall’altra, che in una serie di ca l’importo destinato al pagamento della imposta non fosse stato corrisposto dai clienti.
Sul punto la Corte sarebbe silente.
2.5. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge quanto ai reati di falso.
Il modello c.d. 69 non sarebbe stato usato più già all’epoca, trasmettendo il notaio telematicamente i dati, e comunque, si aggiunge, la cifra indicata in detto documento era quella versata all’erario a prescindere dalla erroneità soggettiva della indicazione della cifra.
2.6. Con il sesto motivo si deduce violazione dell’art. 522 cod. proc. pen.
Il tema attiene al motivo di appello con cui si era lamentato il difetto di correlazio in relazione ai delitti di falso; il Pubblico ministero aveva contestato il falso materi non ideologico e, soprattutto, facendo riferimento ai capi A e B, cioè agli atti notaril non al modello 69
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al secondo motivo, mentre è nel complesso inammissibile nel resto.
 Il primo e il terzo motivo, relativi al giudizio di responsabilità per il re peculato, sono inammissibili.
2.1. Dalle sentenze di merito emerge che: a) l’imputato ha sistematicamente omesso, in tutto o parte, di versare le somme ricevute dai propri clienti e destinate al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte; b) l’RAGIONE_SOCIALE aveva rilevato, in relazione ai fatti ogget RAGIONE_SOCIALE contestazioni, il parziale pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte (cfr. pag. 8 sentenza di primo
grado); c) il sistematico omesso versamento della intera somma dovuta è stato confermato con riguardo ai fatti per cui si procede oltre che dagli accertamenti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, anche da molteplici fonti di prova, tutte indicate ed esaminate, da ulteriori molteplici elementi indiziari, dalle dichiarazioni ammissive dello stes imputato (cfr., a titolo esemplificativo, pagg. 30 – 31 sentenza impugnata e, soprattutto, pagg. 7 e ss. sentenza del Tribunale); d) il sistema illecito aveva un evidente, generale, diffusività; e) in alcuni casi, a seguito della comunicazion dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dell’avviso di accertamento relativo alla differenze del somme non pagate, furono gli stessi clienti a rinnovare la corresponsione RAGIONE_SOCIALE somme e, in altri, il notaio a corrispondere in grave ritardo- a distanza di mesi o anni- le somm f) i clienti avevano consegnato al notaio le somme da destinare al pagamento del tributo.
2.2. Rispetto a tale quadro di riferimento i motivi di ricorso rivelano la loro struttu inammissibilità, essendosi l’imputato limitato, da una parte, a riproporre le stess argomentazioni sottoposte ai giudici di merito e da questi adeguatamente valutate, e, dall’altra, a fare riferimento alla esistenza di una indefinita e salvifica “crisi economi di cui non è stato spiegato alcunchè in ordine alla sua entità, a come in concreto si fosse manifestata, al perché “la crisi economica” avrebbe impedito a COGNOME di versare le somme a lui di volta in volta corrisposte dai clienti (cfr., pag. 9-10- 11 sentenza primo grado, relative anche alle condizioni di vita dell’imputato).
Una giustificazione di posizione, obiettivamente instabile, finalizzata ad alleggerire chiaro quadro accusatorio e le stesse dichiarazioni ammissive.
Quanto ai fatti di omesso versamento RAGIONE_SOCIALE somme ricevute, i motivi di ricorso sono inammissibili, non avendo l’imputato nemmeno contestato la condotta omissiva.
La Corte di cassazione ha costantemente affermato che la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si esplica attraverso la presentazione di motivi che a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richies COGNOMEnuto essenziale dell’atto di impugnazione è infatti il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondan dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta.
Ne consegue che se il motivo di ricorso si limita ad affermazioni generiche, esso non è conforme alla funzione per la quale è previsto e ammesso, cioè la critica argomentata al provvedimento, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento formalmente “attaccato”, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.
A non diverse conclusioni deve giungersi anche quanto alle condotte relative al ritardato pagamento.
La Corte di cassazione ha già spiegato come nelle ipotesi, come quella in esame, in cui il reato è legato allo spirare di un termine, la responsabilità consegue solo quando sia comunque raggiunta la prova della intervenuta interversione del titolo del possesso, cioè che il pubblico ufficiale abbia agito “uti dominus”.
L’individuazione del momento in cui si realizza l’interversione del titolo del possesso, e dunque la condotta appropriativa, non coincide automaticamente con lo spirare del termine, ma va accertata caso per caso sulla base dell’attenta considerazione RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto, evitando semplificazioni probatorie che trasformerebbero la fattispecie di peculato, gravemente punita, in un reato “formale”.
Occorre, cioè, che la sottrazione della “res” alla disponibilità dell’ente pubblico si pur sempre protratta per un lasso di tempo ragionevolmente apprezzabile e comunque tale da denotare inequivocabilmente l’atteggiamento “appropriativo” dell’agente (così testualmente, Sez. 6, n. 38339 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 283940; cfr., sul tema Sez. 6, n. 16786 del 02/02/2021, COGNOME, Rv. 281335, in cui si è affermato che l’appropriazione del denaro, riscosso dal notaio a titolo di imposte e non riversato all’erario, si realizza non già per effetto del mero ritardo nell’adempimento, bens allorquando si determina la certa interversione del titolo del possesso, che si realizza allorquando il pubblico agente compia un atto di dominio sulla cosa, con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria, condotta che non necessariamente può essere ritenuta insita nella mancata osservanza del termine di adempimento).
Si tratta di questioni in cui il profilo giuridico si accompagna ad un profilo probatori che deve essere compiuto senza automatismi, caso per caso, in concreto, sulla base di tutte le circostanze portate alla cognizione del Giudice.
Nel caso di specie, rispetto ai fatti indicati, a sentenze che hanno evidenziato sistematici ritardi – anche di anni -, a giustificazioni del tutto generiche, non è ch perché non sarebbe configurabile la condotta appropriativa e il dolo del peculato, perché si tratterebbe di una distrazione finalizzata a finalità comunque pubblicistiche e qual sarebbero dette finalità pubblicistiche.
2.3. Né è fondato l’assunto secondo cui nel caso di specie i Giudici non avrebbero acquisito la prova dei singoli fatti appropriativi.
Nel processo in esame, a fronte di una documentazione originaria significativa relativa agli accertamenti della RAGIONE_SOCIALE, sono intervenute le risultanze RAGIONE_SOCIALE indagini, comprese le dichiarazioni ammissive dell’imputato, che hanno colorato quella documentazione di significato penalmente rilevante sotto molteplici profili; si tratta casi in cui le risultanze investigative si sviluppano sulla base di una documentazione originaria e portano a far emergere una situazione in cui il difetto di giustificazione dell’uso del denaro ricevuto si manifesta in modo chiaro e stringente, atteso il numero,
il tipo, la sequenza, la sistematicità, l’oggetto e le coordinate di tempo e di luogo del modalità di gestione complessiva del denaro.
Sul punto il ricorso è del tutto silente.
In tali contesti la dialettica probatoria può rivelare e fare emergere l’esistenza situazioni altamente significative sul piano probatorio della condotta appropriativa.
Non si intende fare riferimento ai casi in cui, a fronte di una fisiologica richiesta spiegazioni a seguito RAGIONE_SOCIALE risultanze di indagini, il soggetto interessato produc documenti o alleghi circostanze che, pur incomplete, pur non decisive, lascino il fondato, ragionevole dubbio che quel denaro possa essere stato utilizzato per il conseguimento RAGIONE_SOCIALE finalità istituzionali.
Assumono invece rilievo i casi in cui l’interessato, in situazioni come quelle descritte non fornisca nessuna spiegazione ovvero adduca spiegazioni che, al di là dei convincimenti soggettivi, confermano, anche solo implicitamente, la causale esterna dell’uso del denaro rispetto alle finalità attributive del potere pubblico e finiscono provare l’interversione del possesso.
Un procedimento probatorio indiziario e complesso, in cui il requisito della molteplicità degli indizi, che consente una valutazione di concordanza, e quello di gravità si completano a vicenda; un ragionamento indiziario in cui elementi singoli, anche di limitata valenza, assumono rilievo per il loro numero elevato e per la loro cadenza sistematica e si accompagnano ad altri indizi, forse numericamente minori, ma di maggiore consistenza dimostrativa del fatto da provare. (ex multis Sez. 5, n. 16397 del 21/2/2014, P.G. in proc. Maggi, Rv. 259552).
Si tratta di profili che sono accertati sul piano processuale “caso per caso”; una fattispecie, quella di peculato, che, in casi complessi come quelli in esame, si pone tra diritto e prova, tra requisiti di struttura, riscontro empirico ed accertamento probatori tra tipicità e contesti mutevoli; una fattispecie in movimento, in divenire, che pon questioni ed esigenze di conformazione di consolidati schemi interpretativi, che, senza cedere a semplificazioni incontrollate, siano tuttavia capaci di “studiare” le condotte e il loro significato obiettivo.
E dunque, l’assunto secondo cui la prova della condotta appropriativa sarebbe stata raggiunta sulla base di una non consentita inversione della prova, è, da una parte, manifestamente infondato e, dall’altra, generico, non essendo chiaro neppure in quali casi sarebbe stata fornita e non considerata la prova della estraneità ai fatt dell’imputato.
3. È manifestamente infondato per genericità anche il quarto motivo.
Il tema attiene alla produzione documentale allegata all’atto di appello, di cui la Cort mostra di essere stata a conoscenza (pag. 26 sentenza impugnata).
Si tratta di un motivo di cui non è stato esplicitato alcunchè, nemmeno l’indicazione degli specifici fatti di peculato a cui quella documentazione sarebbe riferibile; né è chiar cosa abbia fatto la parte in relazione al paventato silenzio della Corte rispetto al richiesta di rinnovazione della istruttoria dibattimentale e neppure è stato spiegato se e in che limiti sia stato fatto rilevare il silenzio sulla richiesta di rinnovazione, tenuto che nel giudizio di appello l’acquisizione di documenti, pur non subordinata alla necessità di una ordinanza che disponga la rinnovazione parziale del dibattimento, dev’essere operata dopo che al riguardo sia stato assicurato il contraddittorio fra le parti, con sanzione, in caso contrario, della inutilizzabilità dell’atto ai fini della deliberazio sensi dell’art. 526, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231676).
Sono infondati, ai limiti della inammissibilità, anche il quinto e il sesto motivo ricorso.
4.1. Quanto al quinto, la Corte di cassazione, in una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame, ha già condivisibilmente chiarito che la condotta del notaio che attesta falsamente, e cioè in maniera contrastante con i dati reali in documenti relativi all’autoliquidazione RAGIONE_SOCIALE imposte fatti dei quali gli atti erano desti a provare le verità, integra il reato previsto dagli artt. 480- 491 bis cod. pen. (Sez. n. 3051 del 18/04/2014, Pongelli, Rv. 261904).
4.2. Quanto al sesto motivo, si tratta di un motivo privo del requisito della specifici non avendo il ricorrente prospettato alcuna concreta emergenza alla stregua della quale poter apprezzare se e in che modo sia stato leso il suo diritto di difesa e, soprattutt l’esercizio del diritto alla prova, tenuto conto del chiaro perimetro della imputazione degli assunti accusatori, del giudizio di appello in cui il ricorrente ha potuto richied l’assunzione di nuove prove ed esercitare il diritto di difendersi provando.
5. È invece fondato il secondo motivo di ricorso.
Con riferimento ai fatti di falso contestati in relazione alle condotte di pecula indicate dal n. 139 al n. 148 del capo A), la Corte di appello ha assolto l’imputato pe avere la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE accertato che nella specie la tassazione era stata indicata correttamente e che, quindi, quanto riportato nel modello di autoliquidazione corrispondeva al dato reale: le imposte, cioè , erano state liquidate tutte per intero.
Sulla base di tale presupposto non è chiaro però perché, secondo la Corte di appello, per i fatti in questione, pur in presenza dell’accertamento indicato, sarebbe configurabile il reato di peculato.
Sul punto la sentenza è obiettivamente silente.
Ne consegue che, rispetto alle condotte di peculato indicate dal n. 139 al n. 148 del capo A), la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio /al cui esito la Corte di appello provvederà, se del caso, alla rideterminazione della pena.
Si tratta di un annullamento con rinvio che non attiene ai fatti per i quali vi costituzione di parte civile e che quindi consente di condannare l’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parte civili NOME e COGNOME NOME, che si liquidano in complessivi euro quattromila, oltre accessori di legge.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata relativamente alle condotte di peculato indicate dal n. 139 al n. 148 del capo A) e rinvia per nuovo giudizio sui predetti capi ad altra Sezione della Corte di appello di Cagliari.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità per le residue imputazioni.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parte civili NOME e COGNOME NOME, che si liquida in complessivi euro quattromila, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2023.