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Peculato del custode: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione analizza un caso di peculato del custode giudiziale di un’autovettura sequestrata. La Corte chiarisce che la nomina a custode trasforma la detenzione in possesso per ragioni di servizio, configurando il reato in caso di appropriazione. Viene inoltre stabilita una distinzione fondamentale per le attenuanti: quella per danno lieve (art. 62 n. 4 c.p.) va valutata solo sul valore economico del bene, mentre quella per reati contro la P.A. (art. 323-bis c.p.) considera il danno complessivo all’ente pubblico. La sentenza è stata annullata con rinvio per una nuova valutazione sulla prima attenuante.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato del custode: quando il danno è di lieve entità?

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è intervenuta su un interessante caso di peculato del custode, fornendo chiarimenti cruciali sulla configurabilità del reato e, soprattutto, sulla corretta applicazione delle circostanze attenuanti. La decisione distingue nettamente la valutazione del danno puramente economico da quello arrecato al buon andamento della Pubblica Amministrazione, un principio con importanti riflessi pratici.

I fatti del caso: da un controllo stradale a un’accusa di peculato

La vicenda ha origine da un semplice controllo stradale. Un automobilista viene fermato alla guida di un veicolo sprovvisto di copertura assicurativa. Come previsto dalla legge, le forze dell’ordine procedono al sequestro amministrativo del mezzo e nominano lo stesso conducente come custode giudiziale.

Successivamente, a causa del mancato pagamento della sanzione, la Prefettura ordina la confisca del veicolo e intima al custode di trasferirlo presso un deposito giudiziario. L’uomo, tuttavia, non ottempera all’ordine. A seguito di un controllo, l’autovettura non viene ritrovata nel luogo dove avrebbe dovuto essere custodita e si accerta che è stata distrutta. Per questi fatti, l’uomo viene condannato in primo e secondo grado per il reato di peculato, previsto dall’art. 314 del codice penale.

La difesa dell’imputato e i motivi del ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali:

1. Insussistenza del reato: Secondo la difesa, non si poteva configurare il peculato perché l’imputato aveva già la disponibilità materiale del veicolo prima di essere nominato custode. Il reato di peculato, infatti, richiede che il possesso del bene sia ottenuto “per ragioni di ufficio o servizio”.
2. Mancata concessione delle attenuanti: La difesa contestava il diniego, da parte della Corte d’Appello, di due circostanze attenuanti: quella del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) e quella specifica per i reati contro la Pubblica Amministrazione in casi di particolare tenuità (art. 323-bis c.p.).

La decisione della Corte sul peculato del custode

La Corte di Cassazione ha rigettato il primo motivo di ricorso, confermando la sussistenza del peculato del custode. Gli Ermellini hanno chiarito un punto fondamentale: anche se l’imputato era già detentore del veicolo, la nomina a custode giudiziale ha radicalmente cambiato la natura del suo possesso. Da quel momento, egli non deteneva più il bene come privato cittadino, ma in virtù di un incarico di pubblico servizio. Pertanto, l’appropriazione successiva (in questo caso, la distruzione del bene) integra pienamente il reato di peculato.

La distinzione cruciale sulle circostanze attenuanti

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi del secondo motivo di ricorso. La Corte ha accolto parzialmente le doglianze della difesa, ritenendo fondata la censura relativa al diniego dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.).

La Corte d’Appello aveva negato entrambe le attenuanti con un’unica motivazione: la condotta dell’imputato aveva leso l’interesse della Pubblica Amministrazione al corretto svolgimento delle sue funzioni. Secondo la Cassazione, questo ragionamento è corretto per negare l’attenuante speciale dell’art. 323-bis c.p., che richiede una valutazione globale della vicenda e dell’offesa al buon andamento, all’imparzialità e alla trasparenza dell’azione amministrativa.

Tuttavia, lo stesso ragionamento non può essere usato per escludere l’attenuante comune del danno lieve.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si basa su una netta distinzione tra i criteri di valutazione delle due attenuanti. Per l’attenuante comune prevista dall’art. 62 n. 4 c.p., il giudice deve considerare unicamente l’aspetto oggettivo del pregiudizio economico causato. In questo caso, il danno patrimoniale coincideva con il valore dell’autovettura distrutta. La Corte d’Appello avrebbe dovuto quindi valutare se tale valore fosse “di speciale tenuità”, senza considerare la più ampia lesione degli interessi pubblici.

Al contrario, per l’attenuante speciale dell’art. 323-bis c.p., la valutazione è più ampia e complessa. Non si guarda solo al danno economico, ma alla gravità complessiva del fatto, inclusa l’offesa ai principi di buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione. Di conseguenza, è errato negare l’attenuante del danno patrimoniale lieve basandosi su considerazioni che sono pertinenti solo per l’attenuante speciale per i reati contro la P.A.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente al punto riguardante la mancata concessione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità. Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà effettuare una nuova valutazione attenendosi al principio di diritto stabilito: la verifica della lieve entità del danno deve basarsi esclusivamente sul valore economico del bene oggetto del reato, senza essere influenzata dalla gravità della lesione arrecata all’interesse della Pubblica Amministrazione. Questa decisione riafferma l’autonomia delle diverse circostanze attenuanti e impone ai giudici di merito una valutazione rigorosa e differenziata.

Commette peculato chi, già possessore di un bene, ne viene nominato custode giudiziale e poi se ne appropria?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la nomina a custode giudiziale modifica il titolo del possesso, che da quel momento avviene per ragioni di pubblico servizio. Di conseguenza, l’appropriazione del bene integra il reato di peculato.

Qual è la differenza tra l’attenuante del danno patrimoniale lieve (art. 62 n. 4 c.p.) e quella per i reati contro la P.A. (art. 323-bis c.p.)?
L’attenuante del danno patrimoniale lieve (art. 62 n. 4 c.p.) deve essere valutata considerando esclusivamente il valore economico del pregiudizio causato. L’attenuante speciale per i reati contro la Pubblica Amministrazione (art. 323-bis c.p.), invece, richiede una valutazione più ampia che comprende la gravità complessiva del fatto e l’offesa al buon andamento e all’imparzialità dell’azione amministrativa.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza solo in parte?
La Corte ha annullato la sentenza solo limitatamente alla valutazione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità. Ha ritenuto errato che la Corte d’Appello avesse negato tale attenuante basandosi su motivazioni pertinenti all’altra attenuante (quella ex art. 323-bis c.p.). Pertanto, ha rinviato il caso al giudice di merito affinché riesamini solo quel punto specifico, applicando il corretto criterio di valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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