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Peculato buoni postali: dipendente è incaricato P.S.

Un dipendente di un operatore postale è stato condannato per peculato buoni postali, avendo liquidato titoli clonati. La Cassazione ha respinto il suo ricorso, confermando la sua qualifica di incaricato di pubblico servizio data la natura pubblicistica del risparmio postale. Respinto anche il ricorso del P.M. contro l’assoluzione del direttore, non potendosi configurare una responsabilità oggettiva o un concorso colposo nel reato doloso.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato Buoni Postali: La Cassazione Conferma la Natura Pubblicistica del Servizio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22280 del 2024, è intervenuta su un caso di peculato buoni postali, fornendo chiarimenti cruciali sulla qualifica giuridica del dipendente postale e sulla natura del servizio di raccolta del risparmio. La decisione non solo conferma la condanna di un impiegato per essersi appropriato di somme derivanti dalla liquidazione di titoli falsificati, ma affronta anche il delicato tema della responsabilità del superiore gerarchico, escludendola in assenza di un contributo doloso.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condotta di un dipendente di un ufficio postale, addetto alla liquidazione dei buoni fruttiferi, il quale si era appropriato di una somma ingente liquidando in contanti 54 buoni postali risultati essere dei “cloni” grossolanamente falsificati. L’operazione era avvenuta utilizzando documenti d’identità in parte falsi o in fotocopia, e omettendo la procedura di richiesta del nulla osta agli uffici emittenti, necessaria per i cosiddetti “buoni non radicati”.

Inizialmente, anche il direttore dell’ufficio era stato ritenuto responsabile in primo grado per violazione dei doveri di vigilanza e controllo. Tuttavia, la Corte di Appello lo aveva assolto, ritenendo che l’impiegato avesse agito in totale autonomia, dato che le singole operazioni non superavano la soglia che richiedeva l’autorizzazione del direttore. Il Procuratore Generale ha proposto ricorso contro l’assoluzione, mentre il dipendente condannato ha impugnato la propria condanna.

La Qualifica Pubblicistica del Dipendente Postale

Uno dei nodi centrali della difesa dell’imputato era la contestazione della sua qualifica di incaricato di pubblico servizio. Secondo la sua tesi, l’attività di gestione dei buoni postali sarebbe assimilabile a quella bancaria, di natura privatistica. La Corte di Cassazione ha rigettato fermamente questa interpretazione, aderendo all’orientamento maggioritario che riconosce la natura pubblicistica del servizio.

La Corte ha sottolineato che il servizio di raccolta del risparmio postale, che include libretti e buoni fruttiferi, è distinto dalla generale attività bancaria. Questa distinzione si basa su diversi elementi chiave:

* Finalità Pubblica: I fondi raccolti sono strumentali ai compiti istituzionali della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. per finanziare opere e servizi di interesse pubblico.
* Garanzia Statale: I buoni sono assistiti dalla garanzia dello Stato sia per il capitale che per gli interessi, assicurando la redditività per gli investitori.
* Regime Speciale: L’emissione, il collocamento e il rimborso sono soggetti a una disciplina specifica e a un potere di indirizzo del Ministero dell’Economia, operando in un regime di monopolio.

Questi fattori connotano l’attività come un servizio pubblico, e di conseguenza, il dipendente che lo svolge assume la qualifica di incaricato di pubblico servizio ai sensi dell’art. 358 c.p.

Peculato Buoni Postali: Perché è il Reato Corretto

Una volta stabilita la natura pubblica del servizio e la qualifica dell’impiegato, la Corte ha confermato la correttezza della contestazione del reato di peculato buoni postali (art. 314 c.p.). Il peculato si configura quando l’incaricato di pubblico servizio si appropria di denaro o beni di cui ha la disponibilità per ragioni del suo ufficio.

Nel caso di specie, l’impiegato aveva la disponibilità del denaro di cassa proprio per effettuare le liquidazioni. L’uso di documenti falsi e altre irregolarità non trasformano il reato in truffa, ma rappresentano mere modalità per occultare l’appropriazione. La giurisprudenza è chiara nel distinguere: si ha peculato quando il soggetto ha già il possesso del bene, mentre si ha truffa quando se lo procura fraudolentemente non avendone la disponibilità.

La Posizione del Direttore e l’Assenza di Concorso nel Reato

La Corte ha dichiarato inammissibile anche il ricorso del Procuratore Generale contro l’assoluzione del direttore. I giudici hanno ribadito il principio della responsabilità penale personale. Non è sufficiente rivestire una posizione gerarchica apicale e avere un generale dovere di vigilanza per essere ritenuti corresponsabili di un reato commesso da un sottoposto.

Per configurare un concorso di persone nel reato, è necessario un contributo causale, materiale o morale, alla realizzazione del fatto, supportato dall’elemento soggettivo del dolo. Nel caso specifico, le prove non hanno dimostrato alcun coinvolgimento consapevole del direttore. Affermare la sua responsabilità sulla sola base della sua “posizione di garanzia” equivarrebbe a introdurre una forma di responsabilità oggettiva, vietata nel nostro ordinamento. Inoltre, la Corte ha ricordato che non è configurabile un “concorso colposo nel delitto doloso”, ossia non si può punire chi, per negligenza, agevola la commissione di un reato intenzionale da parte di altri, salvo espresse previsioni di legge.

le motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su un’analisi approfondita della normativa che regola il risparmio postale. I giudici hanno evidenziato come l’intera filiera, dall’emissione da parte della Cassa Depositi e Prestiti fino al collocamento e rimborso, sia permeata da finalità di interesse generale e soggetta a un regime giuridico differenziato rispetto a quello bancario. Questa natura pubblicistica è l’elemento determinante per qualificare il dipendente come incaricato di pubblico servizio e, di conseguenza, per configurare l’appropriazione indebita come peculato. Per quanto riguarda la posizione del direttore, la Corte ha applicato rigorosamente i principi del concorso di persone nel reato, escludendo qualsiasi forma di responsabilità per fatto altrui. L’assenza di prove su un suo contributo doloso all’azione del dipendente ha reso l’assoluzione una conclusione giuridicamente ineccepibile, poiché la sola violazione del dovere di vigilanza non è sufficiente a fondare una corresponsabilità penale nel reato doloso commesso dal sottoposto.

le conclusioni

La sentenza consolida un importante orientamento giurisprudenziale sul peculato buoni postali, chiarendo che chiunque operi nel settore della raccolta del risparmio postale agisce all’interno di un perimetro di rilevanza pubblica. Questo comporta l’applicazione delle più severe norme penali previste per i reati contro la Pubblica Amministrazione. Al contempo, la pronuncia riafferma un principio di garanzia fondamentale: la responsabilità penale è strettamente personale e non può derivare automaticamente da posizioni gerarchiche o da omessi controlli, se non è provato un effettivo e consapevole contributo alla commissione del reato.

Un dipendente di un operatore postale che liquida buoni fruttiferi commette il reato di peculato se si appropria del denaro?
Sì. La Corte di Cassazione conferma che l’attività di raccolta e gestione del risparmio postale costituisce un servizio pubblico. Di conseguenza, il dipendente che se ne occupa riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio e la sua appropriazione del denaro, di cui ha la disponibilità per ragioni d’ufficio, integra il delitto di peculato.

Perché la raccolta del risparmio tramite buoni postali è considerata un servizio pubblico e non un’attività bancaria privata?
Secondo la Corte, il servizio è pubblico per diverse ragioni: i fondi raccolti finanziano la Cassa Depositi e Prestiti per scopi di interesse generale; i titoli sono garantiti dallo Stato; l’attività è soggetta a poteri di indirizzo ministeriale e opera in un regime di monopolio, distinguendosi nettamente dalla libera attività bancaria.

Il direttore di un ufficio postale è automaticamente responsabile se un suo dipendente commette un peculato?
No. La responsabilità penale è personale. La Corte ha chiarito che il direttore non può essere ritenuto responsabile solo in virtù della sua posizione di garanzia o per un omesso controllo. Per affermare un suo concorso nel reato, è necessaria la prova di un contributo causale, materiale o morale, fornito con la consapevolezza e volontà di partecipare all’azione illecita del dipendente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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