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Peculato autista: quando è incaricato di pubblico servizio

Un dipendente di un’azienda di trasporto pubblico è stato condannato per peculato per non aver versato gli incassi della vendita di biglietti. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, chiarendo che la successiva restituzione tramite trattenuta sullo stipendio non esclude il reato. La sentenza stabilisce un principio fondamentale: l’autista che vende e controlla i biglietti a bordo riveste la qualifica di ‘incaricato di pubblico servizio’, rendendo applicabile il reato di peculato autista.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato autista: quando il conducente diventa incaricato di pubblico servizio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25942/2025, affronta un caso di peculato autista, fornendo chiarimenti cruciali sulla qualifica di “incaricato di pubblico servizio” per i conducenti dei mezzi di trasporto pubblico. La decisione conferma che l’appropriazione degli incassi derivanti dalla vendita dei biglietti costituisce peculato, anche se la somma viene successivamente recuperata dall’azienda. Vediamo nel dettaglio i fatti e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

I fatti del caso

Un autista di una società di trasporti pubblici siciliana veniva accusato e condannato in primo e secondo grado per il reato di peculato. Nello specifico, l’imputato si era appropriato degli incassi relativi alla vendita di titoli di viaggio durante i suoi turni di servizio, per un importo complessivo di circa 874 euro. L’azienda aveva successivamente recuperato la somma attraverso una trattenuta sulla busta paga del dipendente.

L’autista ricorreva in Cassazione, sostenendo principalmente tre motivi:
1. Non vi era stata una vera e propria appropriazione (interversio possessionis), ma solo un ritardo colposo nella consegna del denaro.
2. Il fatto, in subordine, doveva essere riqualificato come peculato d’uso, dato l’uso solo temporaneo del denaro, poi restituito.
3. Errata qualificazione giuridica della sua persona come “incaricato di pubblico servizio”, sostenendo di svolgere mansioni puramente esecutive.

L’analisi del peculato autista secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo i primi due motivi inammissibili e il terzo infondato. Secondo i giudici, l’appropriazione era comprovata dal fatto che l’imputato aveva omesso del tutto di versare gli incassi, e non si era trattato di un semplice ritardo. La successiva trattenuta in busta paga è un mero strumento di recupero del credito da parte dell’azienda, che non elide la consumazione del reato.

Inoltre, viene esclusa l’ipotesi del peculato d’uso, poiché, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, tale fattispecie attenuata è configurabile solo per cose di specie e non per il denaro, bene fungibile per sua natura.

La qualifica di incaricato di pubblico servizio

Il punto centrale e più interessante della sentenza riguarda la qualifica soggettiva dell’agente. Il ricorrente sosteneva che le sue mansioni di autista fossero meramente esecutive, senza poteri autoritativi o certificativi.

La Cassazione, pur riconoscendo l’esistenza di dibattiti in materia, ha stabilito una distinzione fondamentale. Il caso di un peculato autista è diverso da quello di un semplice addetto alla biglietteria in una stazione. L’autista a bordo del mezzo non si limita a vendere i biglietti, ma svolge anche mansioni di controllo.

L’autista è tenuto a verificare la regolarità dei titoli di viaggio dei passeggeri e a controllare le modalità di ingresso sul mezzo. Questo compito di controllo, sebbene accessorio alla guida, lo colloca al di fuori dell’ambito delle attività meramente materiali o esecutive. Tali mansioni sono sufficienti a conferire la qualifica di incaricato di pubblico servizio ai sensi dell’art. 358 del codice penale.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la decisione sottolineando che l’attività del conducente che vende biglietti a bordo è più complessa rispetto a quella di un cassiere in una postazione fissa. Egli non solo maneggia denaro pubblico, ma ha anche il compito di sovrintendere alla corretta fruizione del servizio da parte degli utenti. Questo complesso di mansioni, che include la verifica del rispetto dei regolamenti di viaggio, integra un’attività che esula dalla mera esecuzione materiale, assumendo una connotazione pubblicistica.

La sentenza chiarisce che il possesso del denaro derivante dalla vendita dei biglietti è direttamente correlato all’esercizio di queste mansioni non meramente esecutive. Di conseguenza, l’appropriazione di tale denaro configura pienamente il delitto di peculato, previsto dall’art. 314 del codice penale.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione conferma che un autista di un mezzo di trasporto pubblico che ha anche il compito di vendere e controllare i biglietti riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio. Pertanto, se si appropria degli incassi, commette il reato di peculato. La successiva restituzione delle somme, ad esempio tramite trattenuta sullo stipendio, non esclude il reato ma costituisce solo una modalità con cui l’ente pubblico recupera il danno subito.

Un autista di autobus che vende biglietti può essere considerato ‘incaricato di pubblico servizio’?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’autista che, oltre alla guida, svolge mansioni di vendita e controllo dei titoli di viaggio a bordo del mezzo, assume la qualifica di incaricato di pubblico servizio perché esercita funzioni di controllo per conto dell’ente pubblico che vanno oltre la mera esecuzione materiale.

Se il denaro sottratto viene restituito o recuperato dall’azienda, il reato di peculato non sussiste?
No, il reato di peculato si consuma nel momento in cui il soggetto si appropria del denaro. La successiva restituzione o il recupero forzoso della somma, come una trattenuta sullo stipendio, è irrilevante per l’esistenza del reato e rappresenta solo un rimedio per l’ente danneggiato.

La mancata consegna degli incassi a fine turno è solo un ritardo o è peculato?
Quando l’omissione di versare gli incassi è totale e non un semplice ritardo, integra il reato di peculato. Questo comportamento manifesta la volontà del soggetto di trattare il denaro pubblico come proprio, realizzando così l’appropriazione richiesta dalla norma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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