Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25942 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25942 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Russo NOMECOGNOME nato a Palermo il 13/07/1960
avverso la sentenza del 3/12/2024 della Corte di appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza emessa in data 8 giugno 2021 dal Tribunale di Ragusa che ha dichiarato l’imputato colpevole del reato di peculato ascrittogli di cui agli artt.81, 314 cod. pen. per i fatti commessi sino al 25 febbraio 2015.
All’imputato si contestano i reati di peculato consumati in qualità di incaricato di pubblico servizio, perché quale dipendente della società a partecipazione pubblica RAGIONE_SOCIALE, si appropriava degli incassi relativi ai titoli di viaggio dal medesimo venduti quale autista del mezzo di trasporto, dal novembre 2015 al gennaio 2016 per un importo complessivo di euro 874,10.
Tramite il proprio difensore di fiducia, COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i motivi di seguito sintetizzati.
2.1. Con il primo motivo deduce vizio della motivazione ex art. 606, lett. e), cod. proc. pen., in relazione alla sussistenza dell’elemento di fatto necessario ad integrare il peculato costituito dall’interversio possessionis, trattandosi nel caso di specie di semplice ritardo colposo nella consegna delle somme di denaro incassate all’amministrazione dell’ente.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in merito alla qualificazione giuridica del fatto come peculato in difetto dell’appropriazione, non potendosi equiparare ad essa il mero ritardo nella consegna del denaro.
In subordine chiede che il fatto sia riqualificato in peculato d’uso, per avere l’imputato fatto solo uso temporaneo del denaro poi riversato a mezzo trattenuta sulla busta paga. In ulteriore subordine rappresenta che era stata dedotta in appello la non punibilità per reato impossibile ex art. 49, comma 2, cod.pen., tema del tutto omesso dalla Corte di merito che nulla ha detto al riguardo.
2.3. Con il terzo ed ultimo motivo deduce violazione di legge in merito alla erronea qualificazione dell’imputato quale incaricato di pubblico servizio.
Si rappresenta che era un autista dell’RAGIONE_SOCIALE che svolgeva una attività meramente esecutiva, tenuto conto che orari, percorsi e fermate del mezzo pubblico sono predeterminati.
Inoltre, assume che l’autista addetto alla vendita dei biglietti è sprovvisto di poteri autoritativi o certificativi allorchè emette il titolo di viaggio e ne incass corrispettivo, trattandosi d mansioni di ordine meramente esecutive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, essendo i motivi dedotti in parte inammissibili per genericità ed in parte infondati.
Sono chiaramente inammissibili i primi due motivi che investono l’accertamento dei fatti e la valutazione delle prove in merito alla sottrazione degli incassi relativi alla vendita dei titoli di viaggio.
Nella sentenza di appello viene dato conto con argomenti ineccepibili che l’appropriazione è comprovata dal fatto che l’imputato, dopo la fine del proprio turno di servizio non ha versato gli incassi, relativi ai turni espletati qua conducente dei mezzi di trasporto gestiti dalla RAGIONE_SOCIALE, dal 16 al 27 novembre, dal 16 al 29 dicembre 2015 e dal 13 al 18 febbraio 2016.
È stato spiegato in modo del tutto lineare e coerente alle risultanze istruttorie che non si è trattato di un semplice colposo ritardo nella consegna all’amministrazione dell’ente delle somme di denaro incassate.
È stato accertato all’opposto che l’imputato ha omesso del tutto di versare gli incassi dei turni di lavoro indicati nell’imputazione, avendo l’Amministrazione provveduto a recuperare le proprie spettanze attraverso la detrazione del relativo importo dalla busta paga del dipendente.
È superfluo ribadire che la detrazione del maltolto dalle competenze retributive non rappresenta il sistema “ordinario” di imputazione degli importi pari alle somme riscosse per la vendita dei titoli di viaggio, equipollente alla consegna dell’incasso, ma il rimedio con il quale l’Ente provvede al recupero della inadempienza nei confronti del dipendente infedele.
Manifestamente infondate sono, poi, anche le ulteriori censure che,muovendo dall’impropria assimilazione dell’attività di recupero degli incassi indebitamente trattenuti dall’incaricato del servizio di riscossione alla ordinaria modalità d consegna dei relativi importi a fine turno, assumono che il fatto andasse riqualificato in peculato d’uso, per avere l’imputato fatto un uso temporaneo del denaro riversato a mezzo trattenuta sulla busta paga.
In realtà, il ricorrente, pur denunziando formalmente il vizio di motivazione non evidenzia la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il sostanziale riesame nel merito, non consentito in sede d’indagine di legittimità, allorquando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia – come nella specie – una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze del quadro probatorio.
Per le stesse considerazioni neppure può trovare accesso la tesi difensiva della non punibilità del fatto per reato impossibile ex art. 49, comma 2, cod.pen., non potendosi confondere l’efficienza dei sistemi di controllo e recupero degli incassi relativi alla vendita dei titoli di viaggio con la inidoneità delle condotte a consumazione del reato, per la pacifica integrazione della fattispecie di reato attraverso la definitiva appropriazione delle somme non versate da parte del dipendente incaricato della loro riscossione.
Senza considerare che, per giurisprudenza consolidata, il peculato d’uso è configurabile solo in relazione a cose di specie e non al denaro, menzionato in modo alternativo solo nel primo comma dell’art. 314 cod. peri., in quanto la sua natura fungibile non consente – dopo l’uso – la restituzione della stessa cosa, ma solo del “tantundem”, irrilevante ai fini dell’integrazione dell’ipotesi attenuat (Sez. 6, n. 49474 del 04/12/2015, Stanca, Rv. 266242).
2. L’ultimo motivo di ricorso merita, invece, una maggiore considerazione, investendo il profilo della qualifica soggettiva dell’agente al momento della condotta di appropriazione, che assume rilevanza ai fini della corretta qualificazione del reato a titolo di peculato.
A tale proposito si deve rilevare che l’attività di riscossione del prezzo dei titoli di viaggio da parte del dipendente di un ente pubblico o di una società di diritto privato che gestiste per conto di un ente pubblico un servizio di trasporto passeggeri è stata oggetto di decisioni contrastanti.
Il contrasto non ha riguardato il carattere evidentemente pubblico del servizio di trasporto svolto, ma la natura specifica delle mansioni svolte dall’operatore addetto all’incasso del prezzo pagato dall’utente del servizio stesso, in relazione al capoverso dell’art. 358 cod. pen. quale risulta a seguito dell’entrata in vigore della legge 26/4/1990, n. 86, che esclude espressamente dall’area pubblicistica l’esercizio di semplici mansioni di ordine e la prestazione di opera meramente materiale.
I precedenti più risalenti avevano riconosciuto, ai fini della configurabilità del reato di peculato, agli addetti alla biglietteria di una stazione ferroviaria del Stato la qualità di incaricati di pubblico servizio (cfr. Sez. 6, n. 10631 de 17/12/1987, Damato, Rv. 179593).
Tale inquadramento è stato rimesso in discussione in epoca più recente, per il differente sistema di registrazione contabile degli incassi, che ha indotto a ritenere che l’addetto alla biglietteria ferroviaria sia sprovvisto di qualsivogl potere autoritativo e certificativo allorché emette i titoli di viaggio e ne incassa corrispettivo.
Questa affermazione è stata giustificata dalla considerazione che l’attività in esame si risolve nell’esercizio di mansioni di ordine, meramente esecutive di operazioni interamente predefinite nelle loro caratteristiche e non comportanti alcun impegno ideativo od organizzativo, né scelte discrezionali.
È stato osservato (vedi, Sez. 6, n.45465 del 9.10.2018, non mass., richiamata nella motivazione della sentenza di primo grado) che si tratta “a ben vedere, di operazioni quasi interamente meccanizzate, del tutto analoghe a quelle che lo stesso utente può ormai realizzare autonomamente servendosi per l’acquisto del titolo di viaggio delle apparecchiature automatiche allo scopo installate nella maggior parte delle stazioni ferroviarie.”
La diversa qualificazione dipende anche e soprattutto dalla puntuale verifica del tipo di mansioni svolte e dalle modalità di registrazione dell’incasso.
Non vi è dubbio che ove la registrazione dell’incasso dovesse presupporre una attività dell’operatore di attestazione e certificazione dell’emissione del titolo d viaggio, andrebbe escluso il carattere meramente materiale o esecutivo delle
mansioni svolte, assumendo tale attività la natura di una certificazione espressiva di una potestà pubblicistica, oltre che di mansioni di concetto non meramente materiali.
In tal senso, con riferimento alla riscossione della vendita di biglietti di un servizio di trasporto marittimo è stato affermato che “il maneggio di danaro di pertinenza dell’ente titolare del servizio, implicando un complesso di obblighi di tenuta della relativa documentazione contabile e di rendiconto nonché l’assoggettamento ai conseguenti controlli, esula dall’ottica dell’espletamento di “semplici” mansioni d’ordine e di opera di carattere “meramente” materiale e dunque comporta l’assunzione della qualifica di incaricato di pubblico servizio (Sez. Sez. 6, n. 7593 del 30/10/2014, COGNOME, Rv. 262493).
Sulla stessa linea è stato affermato che riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio il cassiere di un’azienda municipalizzata per i trasporti addetto alla vendita di biglietti, in quanto si tratta di soggetto che, maneggiando denaro dell’ente con correlativi obblighi di compilazione della documentazione contabile inerente ai movimenti di biglietteria, svolge un’attività richiedente un bagaglio di nozioni tecniche, normative e di esperienza che esulano dall’esercizio di mansioni esclusivamente materiali o di ordine (Sez. 6, n. 6749 del 19/11/2013, dep. 2014, Gariti, Rv. 258995).
Nel caso di specie la questione è condizionata dall’assenza di una verifica in concreto delle modalità di riscossione e registrazione dell’incasso.
Tuttavia, vi è un ulteriore differenza del caso in esame che consente di superare la controversa questione nonostante la carente istruttoria su tali profili di fatto.
Nel caso in esame la riscossione del prezzo del titolo di viaggio non è stata operata da un dipendente in servizio presso una stazione fissa, ma dallo stesso conducente a bordo del mezzo di trasporto, le cui mansioni non sono assimilabili a quelle del dipendente che si occupa esclusivamente della vendita del titolo di viaggio, attraverso il servizio meccanizzato dell’emissione del titolo di viaggio e di riscossione del prezzo.
Correttamente è stato evidenziato che il conducente del mezzo di trasporto che sia addetto anche alla vendita del titolo ,di viaggio, svolge delle mansioni di controllo della regolare presenza a bordo del passeggero, essendo tenuto a verificare il rispetto dei regolamenti di viaggio, assumendo quindi dei compiti per conto dell’ente di appartenenza, assimilabili a quelli degli addetti al controllo dei biglietti di linea.
Quando la vendita del biglietto avviene al momento dell’accesso al mezzo di trasporto, è lo stesso operatore che opera la fase del controllo.
In tal caso non vengono in rilievo le sole mansioni esecutive proprie dell’autista del mezzo di trasporto, ma anche quelle di controllo della regolare
presenza a bordo del viaggiatore strettamente connessa con la vendita del biglietto.
Pertanto, poiché il possesso del denaro non è correlato a delle mansioni meramente esecutive, non può trovare applicazione il capoverso dell’art. 358 cod.
pen. che esclude dall’area pubblicistica l’esercizio di semplici mansioni di ordine e la prestazione di opera meramente materiale.
Si può fare riferimento alla giurisprudenza consolidata secondo cui il personale di società che gestiscono il trasporto nell’ambito di un pubblico servizio,
incaricato del controllo dei biglietti, riveste la qualifica di pubblico ufficiale, essen tenuto a provvedere alla constatazione dei fatti ed alle relative verbalizzazioni
nell’ambito delle attività di prevenzione e di accertamento delle infrazioni relative ai trasporti (Sez. 6, n. 15113 del 17/03/2016, COGNOME, Rv. 267311).
Pur dovendosi prescindere dalla funzione di accertamento dell’infrazione che esula dal caso in esame, si deve però ritenere che la riscossione del prezzo del
biglietto, e, quindi, il relativo possesso del denaro, siano comunque correlati all’esercizio di mansioni non meramente esecutive, in ragione dell’attività più complessa svolta dal conducente del mezzo per conto dell’ente da cui dipende, anche a prescindere dal maneggio del denaro pubblico.
In particolare, viene qui in considerazione il compito di controllare le modalità di ingresso dei viaggiatori o l’eventuale mancata obliterazione del biglietto di viaggio con il correlato obbligo di richiedere l’intervento dei verificatori.
Si tratta di mansioni che, seppure accessorie a quella principale della guida del mezzo pubblico, sono sufficienti per attribuire all’autista la qualifica d incaricato di pubblico servizio, ai sensi dell’art. 358 cod. pen. in quanto lo collocano al di fuori dell’attività meramente esecutiva o di ordine (v. Sez. 6, n. 14625 del 20/03/2006, COGNOME, Rv. 234033).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 2 maggio 2025 Il Consi GLYPH estensore GLYPH
Il Presidente