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Peculato amministratore di sostegno: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’amministratrice di sostegno condannata per peculato. L’imputata si era appropriata di ingenti somme di denaro appartenenti a diversi assistiti, lasciandoli in stato di indigenza e gestendo un immobile di uno di loro come B&B per profitto personale. La Corte ha ritenuto il ricorso infondato, confermando che il peculato dell’amministratore di sostegno è configurabile e che le prove raccolte dimostravano l’appropriazione illecita oltre ogni ragionevole dubbio.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Peculato Amministratore di Sostegno: la Cassazione Conferma la Condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4525 del 2025, ha ribadito un principio fondamentale a tutela delle persone più fragili: l’appropriazione indebita dei beni di un assistito da parte del proprio tutore legale configura il grave reato di peculato dell’amministratore di sostegno. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale ormai pacifico, sottolineando la gravità della condotta di chi abusa di un ruolo di fiducia per un illecito arricchimento personale.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un’amministratrice di sostegno condannata in primo e secondo grado per aver sottratto, tra il 2010 e il 2016, ingenti somme di denaro dai patrimoni di diversi soggetti da lei assistiti. Le indagini, avviate dopo la sua revoca e la nomina di nuovi amministratori, avevano fatto emergere un quadro desolante: prelievi costanti e ingiustificati dai conti correnti degli amministrati, i quali, privati delle proprie risorse, vivevano in condizioni di estrema indigenza, spesso accuditi solo dai propri familiari.

L’imputata non solo non aveva mai presentato i rendiconti periodici obbligatori, ma aveva anche utilizzato i beni degli assistiti come se fossero propri. L’episodio più emblematico, evidenziato dai giudici di merito, è stata la trasformazione dell’appartamento di una delle persone assistite in un’attività di bed and breakfast, la cui gestione e i cui profitti erano direttamente riconducibili all’amministratrice, la quale lucrava interamente sulle somme versate dagli affittuari.

La Difesa dell’Imputata e la Decisione della Corte d’Appello

L’amministratrice, nel corso dei giudizi, si era difesa sostenendo che le somme prelevate erano state utilizzate per soddisfare i bisogni degli assistiti e che la sua unica mancanza era stata quella di non depositare la documentazione contabile. In sostanza, cercava di ridurre la sua responsabilità a una mera omissione formale, negando l’appropriazione e il conseguente arricchimento personale. La Corte d’Appello, tuttavia, ha confermato la condanna, ritenendo la ricostruzione dei fatti solida e le prove schiaccianti.

Il Ricorso per Cassazione e il Peculato dell’Amministratore di Sostegno

L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione in relazione alla mancata prova del suo accrescimento patrimoniale. Ha ribadito che non vi era prova dell’appropriazione dei denari, ma solo della mancata rendicontazione. La Suprema Corte, però, ha giudicato il ricorso inammissibile per due ragioni: manifesta infondatezza e mancanza di specificità. L’imputata, infatti, si era limitata a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione ha innanzitutto ricordato che la configurabilità del reato di peculato nel caso di appropriazione del denaro del beneficiario da parte dell’amministratore di sostegno è un principio pacifico e consolidato in giurisprudenza. L’amministratore di sostegno, infatti, riveste la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio e ha la disponibilità dei beni dell’assistito per ragioni del suo ufficio.

Nel merito, la Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello congrua, logica e completa. La responsabilità dell’imputata era stata provata oltre ogni ragionevole dubbio attraverso una serie di elementi convergenti:

1. Ricostruzione Contabile: I nuovi amministratori avevano attestato i prelievi di ingenti somme dai conti degli assistiti.
2. Condizioni degli Assistiti: Le vittime non avevano tratto alcun beneficio da tali prelievi, vivendo, al contrario, in condizioni di grave indigenza.
3. Mancanza di Giustificazioni: L’imputata non era mai stata in grado di fornire alcuna documentazione (spese mediche, ecc.) che giustificasse la destinazione dei fondi.
4. Prova dell’Appropriazione: L’utilizzo dell’immobile di un’assistita come B&B a proprio esclusivo vantaggio è stato considerato un elemento emblematico e sufficiente a dimostrare l’appropriazione e la distrazione dei beni per finalità personali e non autorizzate.

In conclusione, gli ammanchi contabili, uniti agli altri elementi, sono stati ritenuti sufficienti a dimostrare non una semplice irregolarità amministrativa, ma una vera e propria appropriazione del denaro altrui.

Conclusioni

La sentenza in commento rafforza la tutela legale per le persone vulnerabili, ribadendo la severità con cui l’ordinamento giuridico punisce chi abusa del ruolo di amministratore di sostegno. La decisione chiarisce che la mancata rendicontazione, quando accompagnata da ammanchi significativi e da prove di un utilizzo personale dei beni dell’assistito, non è una semplice omissione, ma un elemento che, insieme ad altri, prova il grave delitto di peculato. Per chiunque ricopra questo delicato incarico, la sentenza rappresenta un monito sull’obbligo di agire con la massima trasparenza, correttezza e nel solo ed esclusivo interesse della persona assistita.

L’amministratore di sostegno che si appropria del denaro dell’assistito commette reato?
Sì, la Corte di Cassazione conferma un orientamento consolidato secondo cui tale condotta integra il reato di peculato, in quanto l’amministratore di sostegno agisce come pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.

La sola mancata presentazione del rendiconto è sufficiente a provare il peculato?
No, ma secondo la Corte, la mancata rendicontazione di ingenti ammanchi, unita ad altre prove come lo stato di indigenza dell’assistito e l’uso personale dei suoi beni da parte dell’amministratore (come la gestione di un B&B in un suo immobile), costituisce prova sufficiente dell’appropriazione illecita e non di una mera irregolarità formale.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato e non specifico. La ricorrente si è limitata a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza contestare in modo puntuale e coerente il percorso logico-giuridico della sentenza impugnata, che era invece ben motivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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