Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4525 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4525 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a Monfalcone il 18/12/1951
avverso la sentenza del 16/01/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma in data 29 settembre 2022, che aveva condannato NOME alla pena di anni 5 e mesi 8 di reclusione per più ipotesi di peculato commesse, in qualità di amministratrice di sostegno, in danno di diversi assistiti dal 2010 al 2016.
Si contestava, infatti, all’imputata, di avere utilizzato i patrimoni degli assistiti come propri, effettuando prelievi e disponendo dei beni e del denaro nel suo esclusivo interesse, senza alcun rendiconto dell’attività svolta, nonostante i numerosi solleciti ricevuti dai Giudici responsabili di ciascuna procedura.
2.Ricorre per cassazione l’imputata deducendo, come unico motivo, il vizio di motivazione in relazione alla mancata prova dell’accrescimento patrimoniale della stessa. L’imputata ha provveduto direttamente alle necessità degli amministrati, rendendosi, al più, responsabile del mancato deposito del rendiconto, cui ella era tenuta, ma dalle risultanze dibattimentali nulla è emerso circa la appropriazione dei denari prelevati dai vari conti correnti con contestuale suo accrescimento patrimoniale.
Sia l’imputata che i testi della difesa hanno, infatti, affermato che le somme prelevate venivano utilizzate per il soddisfacimento dei bisogni dei vari amministrati e mai con altre finalità; anche l’appartamento di NOME COGNOME, sua amministrata, non può ricondursi all’imputata, poiché all’interno dello stesso gli agenti che hanno svolto le indagini hanno rinvenuto la presenza di altro soggetto, il quale era titolare dell’utenza telefonica pubblicizzata on line e riconducibile all’attività di affittacamere svolta all’interno della abitazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Il motivo dedotto è, per un verso, sprovvisto del requisito della specificità e, per altro verso, manifestamente infondato.
La Corte di appello ha, infatti, esaminato ogni censura difensiva e confutato, in maniera congrua, la prospettazione riduttiva o alternativa dei fatti proposta, che ore la ricorrente reitera, senza minimamente confrontarsi con il coerente percorso giustificativo della sentenza impugnata.
2.1. Va premesso che la configurabilità del reato di peculato nel caso di appropriazione del denaro del beneficiario ad opera dell’amministratore di sostegno è pacifica in giurisprudenza (ex multis, Sez. 6, n. 10624 del 16/02/2022, B., Rv. 282944; Sez. 6, n. 29262 del 17/05/2018, C., Rv. 273445; Sez. 6, n. 29617 del 19/05/2016, COGNOME Rv. 267795; Sez. 6, n. 50754 del 12/11/2014, COGNOME, Rv. 261418) e, invero, nemmeno contestata nel ricorso.
2.2.La Corte di appello, con motivazione in fatto congruarnente e logicamente argomentata, ha così ritenuto provato oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità dell’imputata alla luce della incontroversa ricostruzione contabile
effettuata dai nuovi amministratori, nominati successivamente alla sua revoca, che avevano attestato il prelievo da parte della Di COGNOME di ingenti somme di denaro dai conti correnti degli amministrati, i quali non avevano in alcun modo beneficiato di tali prelievi, vivendo , anzi, taluni di essi itrtzlitritcasir in condizi di estrema indigenza, venendo accuditi unicamente dalle proprie famiglie.
La sentenza impugnata dà, inoltre, puntualmente risalto al fatto che la ricorrente si era anche talora resa irreperibile ai nuovi amministratori, mentre altre volte si era presentata ammettendo di non avere alcun rendiconto da mostrare né documentazione comprovante la destinazione delle somme di denaro per le finalità asserite (spese mediche o altro).
Correttamente, infatti, è stata ritenuta emblematica la destinazione di un appartamento di proprietà di una sua amministrata a bed and breakfast, la cui gestione era riconducibile, in via diretta, all’imputata, che lucrava, quindi, interamente sulle somme versate dagli affittuari.
In conclusione, come evidenziato nella sentenza impugnata, gli obiettivi ammanchi erano risultati sufficienti a dare dimostrazione della appropriazione delle somme di denaro indicate dalle parti offese e della distrazione delle stesse per finalità diverse e non autorizzate.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 novembre 2024
Il Presidè