Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29186 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 29186 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOMECOGNOME nata a Roma il 16/6/1982 COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 15/3/1987
avverso la sentenza del 20/12/2024 emessa dalla Corte di appello di Roma visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni formulate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso di COGNOME e l’annullamento con rinvio della sentenza nei confronti di COGNOME NOME;
letta la memoria presentata dall’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME NOMECOGNOME con la quale chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
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1. La Corte di appello di Roma, in accoglimento del concordato con rinuncia
ai motivi proposto nell’interesse di NOME, condannava la predetta alla pena di mesi 10 e giorni 20 di reclusione, per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, convertendo la pena detentiva in quella pecuniaria pari ad €1.600 di multa, da pagare in 60 rate; nei confronti di COGNOME NOME, invece, si procedeva con il rito ordinario all’esito del quale la pena, per il reato di resistenz a pubblico ufficiale e lesioni personali, veniva rideterminata in anni uno e mesi due di reclusione.
Nell’interesse di NOME è stato proposto un unico motivo di impugnazione, con il quale si deduce la violazione dell’art. 599-bis, comma 1-ter, cod. proc. pen. nella parte in cui la Corte di appello ha erroneamente disposto la sostituzione della pena detentiva, pur in mancanza di una richiesta in tal senso nel concordato sulla pena. Peraltro, per effetto della sostituzione, era stata anche revocata la sospensione condizionale della pena precedentemente riconosciuta in primo grado. GLYPH Sostiene la ricorrente che la Corte di appello, nell’ammettere il concordato sulla pena, era tenuta a rispettarne il contenuto, non potendo irrogare una sanzione diversa da quella indicata dalle parti, né eliminare la sospensione condizionale della pena.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati formulati tre motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’esclusione della scriminante di cui all’art. 393-bis cod. pen., sostenendosi l’arbitrarietà della condotta posta in essere dai pubblici agenti.
In particolare, le forze dell’ordine avrebbero agito in modo violento nei confronti dei soggetti che manifestavano contro lo sgombero dell’immobile occupato da Pegorer Lorena, nonostante la condotta dei manifestanti fosse del tutto pacifica.
Si censura la tesi recepita dalla Corte di appello secondo cui non sarebbe configurabile la scriminante putativa, in quanto l’imputato sarebbe incorso in un errore in diritto circa la natura arbitraria delle condotte realizzate dagli agent omettendo di considerare che l’arbitrarietà non era riferita all’attività di sgombero, bensì alle modalità concrete mediante le quali questa era stata realizzata.
3.2. Con il secondo motivo si censura il riconoscimento della recidiva aggravata, desunta esclusivamente dall’esistenza di precedenti condanne in capo all’imputato e senza considerare che la condotta in esame era intervenuta a notevole distanza temporale rispetto alle condanne pregresse e, soprattutto, non sussisteva alcun elemento obiettivo per individuare una propensione a ripetere fatti delittuosi.
3.3. Con il terzo motivo, si censura il vizio di motivazione in merito alla determinazione della pena, posto che la Corte di appello aveva ridotto in maniera minimale la pena inflitta in primo grado, senza in alcun modo ricondurla ad equità.
Il procedimento è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME è fondato.
2.1. L’imputata, nel rinunciare ai motivi di appello concordando la sanzione ex art. 599-bis cod. proc. pen., non aveva in alcun modo richiesto la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, né aveva rinunciato alla sospensione condizionale della pena.
A fronte dell’accordo raggiunto tra le parti, la Corte di appello si sarebbe dovuta limitare a recepirne il contenuto – ove ritenuta congrua la pena – non potendo procedere alla sostituzione della pena detentiva e alla conseguente eliminazione della sospensione condizionale della pena.
Per consolidata giurisprudenza, la richiesta concordata tra accusa e difesa in ordine alla misura finale della pena è vincolante nella sua integralità, senza che il giudice possa addivenire a una pena diversa, in quanto l’accoglimento della richiesta postula la condivisione della qualificazione giuridica data al fatto e di ogni altra circostanza influente sul calcolo della pena (Sez.6, n. 4665 del 20/11/2019 dep.2020, COGNOME, Rv. 278114).
In realtà, dalla lettura della sentenza impugnata emerge che le modifiche apportate dalla Corte di appello sono essenzialmente frutto di un errore materiale, posto che nella parte motiva non vi è alcun riferimento alla richiesta di sostituzione.
A fronte della palese discrepanza tra contenuto del concordato e decisione della Corte di appello, deve necessariamente disporsi l’annullamento della sentenza impugnata, non potendosi neppure procedere all’adeguamento della pronuncia rispetto a quanto concordato tra le parti, posto che l’illegittimità decisione impugnata travolge l’intero accordo e impone un nuovo giudizio.
Il ricorso proposto da COGNOME è intbisvehltokwo.A.A.~ ry t-C
3.1. La Corte di appello ha escluso la sussistenza della causa di non punibi della reazione agli atti arbitrari dei pubblici agenti, ritenendo che non vi p essere alcun errore, in fatto, circa la legittimità dell’intervento finaliz
sgombero di un immobile illegittimamente occupato.
Si afferma che al più sarebbe ipotizzabile un errore di diritto che, in quanto tale, non consente di configurare la scriminante putativa.
La sentenza ha correttamente fatto applicazione del principio secondo cui l’art. 393-bis cod. pen. prevede una causa di giustificazione fondata sul diritto soggettivo del privato di reagire all’atto arbitrario del pubblico ufficiale, che configurabile anche nella forma putativa di cui all’art. 59, comma quarto, cod. pen., quando il soggetto versi nel ragionevole convincimento di essersi trovato, a causa di un errore sul fatto, di fronte ad una situazione che, se effettiva, avrebbe costituito atto ingiustamente persecutorio del pubblico ufficiale, non potendo rilevare, invece, l’errore di diritto (Sez.5, n. 45245 del 25/10/2021, Atzeni, Rv. 282422-02).
La difesa ha eccepito che l’atto arbitrario, invero, non doveva essere individuato nello sgombero dell’immobile, bensì nelle modalità violente mediante le quali l’atto è stato compiuto.
Si tratta di una diversa modulazione in punto di fatto della tesi difensiva, rispetto a quanto prospettato in sede di appello, né è possibile introdurre in sede di legittimità una ricostruzione alternativa del fatto, non oggetto di valutazione nelle pregresse fasi di merito.
3.2. Il secondo motivo, concernente il riconoscimento della contestata recidiva, è manifestamente infondato.
La Corte di appello, sia pur con motivazione sintetica, ha ritenuto la sussistenza di un legame tra i reati per i quali il ricorrente è stato gi definitivamente condannato e quelli oggetto del presente procedimento, riconoscendo una obiettiva propensione a commettere delitti a base violenta.
3.3. In ordine al complessivo trattamento sanzionatorio, il motivo è generico, dolendosi il ricorrente del fatto che la Corte di appello avrebbe potuto ridurre, in misura maggiore rispetto a quanto fatto, la pena inferta, senza individuare aspetti di manifesta infondatezza o contraddittorietà della motivazione.
3.4. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso di COGNOME deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 luglio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente