Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17473 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17473 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME nato a San Cataldo il 07/10/1981
NOME NOMECOGNOME nato a Moiano il 14/09/1967
avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta emessa il 17/01/2024; udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME
udito il Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
uditi gli Avv.ti NOME COGNOME difensore di fiducia di Lipari Liborio, e NOME COGNOME, in sostituzione dell’Avv. NOME NOME COGNOME, difensore di fiducia d NOME COGNOME che hanno concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Caltanissetta ha sostanzialmente confermato la sentenza con cui COGNOME NOME e NOME NOME sono stati condannati per i reati seguenti:
Lipari per quello di corruzione per l’esercizio della funzione (capo S- fatto commesso fino a maggio 2018- così l’imputazione); l’ulteriore fatto corruttivo originariamente contestato al capo R), riqualificato in primo grado in istigazione alla corruzione, è stato dichiarato estinto per prescrizione dalla Corte;
–NOME, nella qualità di pubblico ufficiale in servizio presso la Te Carabinieri di San Cataldo, per i reati di favoreggiamento e rivelazione di s ufficio (è stata esclusa l’aggravante di cui all’art. 416 bìs.1 cod. pen. (capi per numerosi ulteriori reati di rivelazione di segreto d’ufficio (capi d)- f – o), nonché, ancora, per i reati di falso ideologico aggravato (capo c) – e) favoreggiamento personale (capo j), di accesso abusivo a sistema informatico (c dei detenzione illegale di munizioni di arma da guerra (capo q).
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando tre motivi.
A Lipari, nella qualità di amministratore della società RAGIONE_SOCIALE è co avere corrotto COGNOME NOME Francesco – asservendone la funzione – COGNOME (prima quale dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di San Cataldo e respons unico di un determinato procedimento ammnistrativo e, successivamente, q consulente esterno del responsabile del procedimento), NOME COGNOME (dipend dell’ufficio tecnico indicato e rappresentante della stazione appaltante) e Pale dipendente dell’Ufficio tecnico del Comune; in corrispettivo Lipari avrebbe concor consegna dì utilità consistenti nella assunzione di familiari di Palermo NOME società RAGIONE_SOCIALE e in alcuni contratti di consulenza tra detta società e RAGIONE_SOCIALE, riconducibile a Palermo NOME (così l’imputazione).
Il fatto corruttivo sarebbe stato finalizzato all’inquinamento di una gara di favore dell’Associazione temporanea di imprese costituita tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al di responsabilità.
Assume il ricorrente che la prova della responsabilità sarebbe stata fatta der contenuto di conversazioni, intercorse tra COGNOME e i suoi familiari, che riferimento ad impegni non rispettati da parte di Lipari: proprio ciò avev l’imputato nel corso del processo a chiedere approfondimenti volti ad accer davvero fosse stato concluso un accordo corruttivo ovvero se, invece, ci fosse solo “intenzioni mai raccolte”.
Si tratta di un tema che aveva indotto il Tribunale del riesame ed escludere l indiziaria, tenuto conto peraltro che gli atti compiuti da COGNOME sarebbero legittimi sotto il profilo amministrativo e, dunque, non vi sarebbe nella speci violazione del dovere di imparzialità.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione alla prova della compartecipazione criminosa del ricorrente.
L’assunto è che dalle conversazioni intercettate sarebbe emerso il ruolo di NOME soggetto obbligato all’assunzione dei familiari di Medico e di COGNOME presso la ma, si evidenzia, nessun assunzione sarebbe stata in concreto compiuta; dunque
vi sarebbe né la prova che la richiesta di assunzione sarebbe stata comunicata a Lipari e nemmeno che fosse stata accettata.
Dalle conversazioni emergerebbe solo l’aspettativa di assunzione ma non vi sarebbe la prova della adesione del ricorrente al patto.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla determinazione della pena.
Ha proposto ricorso per cassazione anche NOME COGNOME articolando dieci motivi.
3.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità per il capo a) – favoreggiamento personale in favore di COGNOME, elemento apicale di un sodalizio mafioso- fatto derivare solo dal contenuto di conversazioni intercettate.
Si fa riferimento alla conversazione n. 3236 dell’11.11.2016, intercettata all’intern di una autovettura in uso a Scalzo Raimondo nel corso della quale questi avrebbe riferito a COGNOME NOME di un colloquio avuto con l’imputato in cui questi avrebbe detto di stare attento “che ce l’hai addosso”; in tal senso si evocano anche le captazioni tra l’imputato, lo stesso COGNOME e tale COGNOME del 4.10.2016, 4.11.2016, dell’8.11.2016, da cui sarebbe stata fatta discendere la prova del favoreggiamento.
Si sostiene che in realtà:
il 29.10.2016, COGNOME aveva rinvenuto una microspia all’interno della propria autovettura e, quindi, già prima dell’11.11.2016, cioè della data in cui fu intercettat la conversazione di cui si è detto, egli aveva la certezza di essere al centro dell’interess investigativo;
il 4.11.2016 sarebbe stato intercettato un colloquio tra COGNOME e il coindagato COGNOME in cui, da una parte, non si sarebbe fatto nessun riferimento al presunto- ma in realtà indimostrato – incontro con NOME, e, dall’altra, COGNOME avrebbe rivelato di non sapere da chi quella microspia fosse stata collocata;
lo stesso NOME avrebbe riferito nel corso del suo interrogatorio di non avere mai conosciuto COGNOME, tranne che in una vicenda legata d un telefono cellulare;
-dalla intercettazione tra NOME e COGNOME – convivente di COGNOME– del 18.11.2016 emergerebbe chiaro come NOME non sapesse chi fosse COGNOME;
non vi sarebbero riprese dell’incontro ipotizzato tra COGNOME e l’imputato.
3.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità per i reati contestati ai capi b) -c) – d) – e).
Quanto al capo B) (rivelazione di segreto di ufficio a COGNOME e NOME, quest’ultima figlia di COGNOME – del contenuto di una delega di indagine e della previst sua escussione), si sostiene che le intercettazioni valorizzate in chiave accusatoria sarebbero relative ad un procedimento per fatti di criminalità organizzata dei quali
NOME non si doveva occupare e che, peraltro, COGNOME e COGNOME sarebbero stati due importanti confidenti del ricorrente.
Quanto al delitto di cui all’art. 479 cod. pen. (capo C), in cui si contesta di n avere dato atto, nel corso della verbalizzazione delle sommarie informazioni rese dalla COGNOME, della contestuale presenza della Figlia NOME, si assume che si sarebbe trattato di un falso grossolano.
Anche quanto ai reati contestati ai capi D-E- (art. 326 cod. pen. – rivelazione a COGNOME di una delega di indagine; art. 479 cod. pen. – omessa indicazione in una annotazione relativa a COGNOME di una serie di fatti, tra cui quello che questi avesse l disponibilità di una data utenza), si assume che la circostanza che l’imputato avesse anticipato a COGNOME che, su delega della Procura, avrebbe dovuto sentirlo per redigere una scheda biografica e fissare la data per “effettuare formalmente l’atto” non costituirebbe rivelazione di segreto di atto di ufficio, non essendo stato chiarito qual sarebbe stata nella specie la notizia rivelata che avrebbe a messo a rischio l’indagine.
Non diversamente, quanto al falso, la Corte non avrebbe fornito risposte quanto alla irrilevanza delle omissioni indicate bel capo di imputazione.
3.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità per i capi H (falso ideologico) – I (falso ideologico) (favoreggiamento) che avrebbero come soggetto interessato NOME COGNOME anch’essa confidente di polizia.
Il tema attiene, quanto al capo H), alla mancata documentazione a verbale, in occasione della assunzione delle sommarie informazioni del 29.11.2016, della presenza di COGNOME, compagno della donna, e della circostanza riferita dalla COGNOME di aver dato in locazione l’immobile ad alcuni studenti universitari.
Si assume che dal contenuto della conversazione intercettata il 18.11.2016, emergerebbe come, di fronte alla impossibilità della dichiarante di riferire i nomi degli studenti universitari, l’imputato avesse provato a trovare soluzioni e, dunque, si tratterebbe di un falso grossolano e comunque inutile
Quanto al capo I (annotazione di polizia giudiziaria con cui si sarebbe falsamente attestato di avere eseguito un sopralluogo a casa della COGNOME in un determinato), non si sarebbe tenuto conto che effettivamente un sopralluogo era stato compiuto e documentato con foto.
Discorso analogo viene compiuto quanto al capo 3 (favoreggiamento della COGNOME in relazione al reato di furto commesso sostanzialmente attraverso gli altri due reati indicati).
3.4. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al capo L (rivelazione di segreto di ufficio) in cui si contesta all’imputato di av informato NOME di essere stata denunciata il giorno prima dal marito e di averle fatto visionare la denuncia.
Prescindendo dalla captazione ambientale del 3.11.2016, non vi sarebbe prova del reato, tenuto conto che si tratterebbe di reato di pericolo “effettivo”.
3.5. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto ai capi M-N (art. 326 cod. pen.).
Quanto alla rivelazione di segreto d’ufficio di cui al capo M (in cui si imputa di aver rivelato a COGNOME NOME che la di lui moglie lo aveva querelato, consentendogli di vedere l’atto), si sostiene che l’imputato avrebbe solo fornito indicazioni di massima e che il motivo della identificazione non sarebbe sufficiente a integrare il reato.
La condotta sarebbe stata inoffensiva in ragione della volontà dell’imputato di trovare una “soluzione” tra le parti.
Anche quanto al capo N) (art. 326 cod. pen. in cui si contesta di avere rivelato a COGNOME NOME il contenuto di una relazione redatta da una assistente sociale ed acquisita alle indagini nell’ambito di un procedimento originato dalla denuncia di COGNOME NOME), la responsabilità sarebbe stata fatta derivare dal contenuto di una intercettazione ambientale del 21.1.2017 tra Terenzio e COGNOME che si riporta e che sarebbe stata mal interpretata.
3.6. Con il sesto motivo si deduce violazione di legge e vizio i motivazione quanto al reato sub O (rivelazione di segreto d’ufficio), la cui prova sarebbe stata fatta discendere dalla intercettazione del 16.2.2017 tra il ricorrente e tale COGNOME l’imputato si sarebb limitato a informare l’interessato che era stato denunciato, tant’è che il giorno dopo si era proceduto alla sua identificazione.
NOME, di fronte alle titubanze dell’interessato per la identificazione, si sarebb limitato a spiegare le ragioni della convocazione.
3.7. Con il settimo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al reato sub P (art. 615 ter cod. pen. con cui si contesta a NOME di essersi introdotto abusivamente nello SDI al fine di verificare se vi fossero provvedimenti nei riguardi di NOME nonostante non dovese svolgere nessuna indagine).
Secondo il difensore, NOME era autorizzato ad accedere al sistema e ciò fece per finalità istituzionali in quanto aveva necessità di verificare chi fosse la propr interlocutrice, “stante il rapporto che la stessa vantava di avere con i COGNOME“,
Accertato “il vissuto” della COGNOME, NOME avrebbe visionato un dato filmato “finalizzato all’eventuale riconoscimento dei responsabili di una rapina.
3.8. Con l’ottavo motivo si deduce violazione di legge e vizio i motivazione quanto al reato sub Q (detenzione illegale di munizioni).
Con l’atto di appello si era chiesta la rinnovazione della istruttoria per assumere le dichiarazioni del luogotenente NOME COGNOME che avrebbe dovuto riferire della disponibilità o meno della chiave dell’alloggio di servizio dell’imputato da parte dei comandanti della Tenenza.
Una richiesta fondata sull’assunto secondo cui le munizioni ritrovate non sarebbero stati riconducibili all’imputato.
La Corte, escusso il teste, avrebbe tuttavia ritenuto non decisive le sue dichiarazioni in quanto, da una parte, le munizioni non sarebbero state comunque acquistate con le “giuste modalità formali”, e, dall’altra, perché era rimasta priva di riscontro la t difensiva, secondo cui, come detto, quelle munizioni avrebbero potuto essere collocate in quel luogo da terze persone portatrici di interessi ostili verso il ricorrente.
Il teste escusso, secondo il ricorrente, aveva in realtà riferito che quelle chiavi fosser nella disponibilità del maresciallo COGNOME quando questi andò via dalla Tenenza di San Cataldo: una circostanza escluda dallo stesso COGNOME.
3.9. Con il nono e il decimo motivo si deduce violazione di legge e vizio i motivazione quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla dosimetria della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto nell’interesse di Lipari è fondato, quanto ai primi due motivi, mentre quello di NOME è inammissibile.
Quanto al ricorso di Lipari, il tema attiene alla prova del patto corruttivo.
Non è in contestazione che COGNOME NOME, cioè il soggetto corrotto, nella gestione della gara per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti, non abbia compiuto at contrari d’ufficio in favore del soggetto corruttore e che il patto avrebbe avuto come corrispettivo da parte del ricorrente per la presa in carico dell’interesse inquinato d parte del pubblico agente, l’assunzione dei familiari di questi presso la società RAGIONE_SOCIALE e la costituzione di un rapporto di consulenza tra lo stesso Lipari e COGNOME NOME.
In tale contesto con l’atto di appello era stato evidenziato come, al di là d conversazioni tra terzi, non vi fosse nessuna captazione rivelatrice dell’adesione del ricorrente al patto corruttivo, tenuto conto, da una parte, che i dialoghi avrebbero rivelato solo l’insistenza della moglie di COGNOME affinchè questi capitalizzasse l’attiv prestata, e, dall’altra, della circostanza obiettiva che, a distanza di mesi dal conversazione dell’8.4.2017, molto valorizzata un chiave accusatoria, fossero state intercettate conversazioni nel periodo settembre – ottobre da cui era emerso come nessuna assunzione fosse stata compiuta e come, ancora a distanza di mesi, la moglie di COGNOME caldeggiasse un intervento di questi affinchè l’imputato assumesse e stipendiasse il di loro figlio.
Proprio ciò, si evidenziava con l’atto di appello, aveva indotto il Tribunale del riesame a dubitare della effettiva conclusione del patto corruttivo.
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La Corte di appello, a cui la questione era stata obiettivamente devoluta, dopo avere dato atto della inesistenza di atti contrari ai doveri di ufficio, si è limitata a richia
contenuto di alcune conversazioni di fatto confermative degli assunti difensivi, e cioè
che, ancora nell’ottobre del 2017, la moglie di COGNOME e questo facessero riferimento a richieste da rivolgere a Lipari e ad aspettative deluse.
Una motivazione viziata che impone l’annullamento della sentenza; la Corte di appello, verificherà, sulla base delle considerazioni esposte, se e in che termini sia
configurabile il delitto contestato.
Il terzo motivo di ricorso è assorbito.
3. Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME i cui motivi possono essere valutati congiuntamente, è inammissibile, essendosi il ricorrente limitato a riproporre
censure già adeguatamente vagliate dai Giudici di merito, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata e sostanzialmente sollecitando una inammissibile
diversa valutazione delle evidenze probatorie e, in ultima analisi, una diversa ricostruzione fattuale.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 3 dicembre 2024.