Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10755 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10755 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI REGGIO
CALABRIA
nel procedimento a carico di:
NOME nato a MONTRgAL( CANADA) il 09/12/1985
nel procedimento a carico di quest’ultimo
avverso l’ordinanza del 05/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
udito il difensore:
La difesa di NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME insiste per l’accoglimento dei ricorso nell’interesse di quest’ultimo e per il rigetto del ricorso del Pubblico Ministero.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 5 luglio 2024, il Tribunale di Reggio Calabria, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME ha annullato il provvedimento emesso dal G.i.p. del medesimo Tribunale in data 29 maggio 2024, applicativo della misura degli arresti domiciliari in relazione ai fatti contestati al capo G) della provvisoria imputazione, relativi a presunti brogli elettorali commessi, in concorso con altri, in occasione delle elezioni amministrative del 26 gennaio 2020 (rinnovo del Consiglio regionale della Calabria) e, dunque, ai reati di cui agli art. 90, secondo comma, del d.P.R. del 16 maggio 10960, n. 570 (T.U. per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), 476-479 cod. pen. È stata invece confermata la provvisoria imputazione, di cui sempre al capo G), relativa a brogli elettorali commessi in occasione delle elezioni del 20 e 21 settembre 2020 (rinnovo del Consiglio comunale di Reggio Calabria).
Con il medesimo provvedimento, si è inoltre confermato il giudizio di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i fatti contestati al capo H), re ativi all’ipotesi di concorso del Barillà nel reato di corruzione con NOME COGNOME (all’epoca dei fatti pubblico ufficiale in qualità di scrutatrice del seggio elettorale n. 88 di Sambatello, Comune di Reggio Calabria, per le elezioni comunali e regionali), per essersi l’indagato impegnato a garantire opportunità lavorative a favore della COGNOME, perorando l’assunzione di quest’ultima presso la società RAGIONE_SOCIALE dapprima, nel 2018, come apprendista, e poi come dipendente a tempo indeterminato (nel 2021). Il Tribunale del riesame ha, di conseguenza, sostituito la misura in esecuzione con quella dell’obbligo di presentazione trisettimanale presso la polizia giudiziaria, di cui all’art. 282 cod. proc. pen.
Avverso l’ordinanza, hanno proposto ricorso per cassazione il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria e l’indagato, per il tramite del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ai motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Ricorso del Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria
3.1. Con unico e articolato motivo, si duole di violazione di legge, con riferimento agli artt. 270 e 266 del codice di rito, e conseguente vizio di motivazione in ordine ai criteri di scelta della misura cautelare e alla valutazione delle esigenze cautelari.
Nel dichiarare inutilizzabili gli esiti intercettivi relativi al procedimento n. 700/2019, in cui la richiesta di autorizzazione di intercettazioni aveva riguardato la presunta partecipazione dell’indagato e di altri indagati all’associazione (cosca Araniti) di cui all’art. 416 bis cod. pen., il Tribunale del riesame avrebbe errato nell’interpretare e applicare al caso in esame i principi posti da Sezioni unite “Cavallo” in tema di nozione di “diverso procedimento”.
Ancor prima, il Collegio avrebbe travisato l’interpretazione fornita dalle Sezioni unite di questa Corte in merito 1) alla verifica dei fatti per quali le intercettazioni erano state in origine autorizzate: a tal proposito, si censura la mancata analisi circa l’effettiva sussistenza di un legame tra i fatti-reato, relativi alla fattispecie di cui all’art. 416 bis cod. pen., per i quali le intercettazioni erano state autorizzate, e i fatti-reato messi in luce dalle comunicazioni intercettate per cui si procede. In tal modo, non si sarebbe verificato se i fatti di cui ai capi G) e H) fossero stati presi in considerazione dai singoli provvedimenti autorizzativi di intercettazioni e dalle successive richieste di proroga; 2) alla sussistenza di una connessione qualificata, o “forte”, ai sensi dell’art. 12 cod. proc. pen., tra i fatti per i quali era stata, in origine, autorizzata l’attività intercettiva e quelli (di cui capi G e H) emersi nelle conversazioni intercettate e ammesse dal Tribunale del riesame.
Limitandosi a una generica valutazione -peraltro incentrata sui provvedimenti autorizzativi iniziali e non anche su decreti di proroga delle intercettazioni autorizzate- il Tribunale avrebbe omesso di considerare la specificità del delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. e delle plurime peculiarità che lo caratterizzano: sicché, una volta autorizzata l’intercettazione per valutare la sussistenza della prova dell’eventuale infiltrazione dell’associazione nel tessuto economico, poteva ben accadere che la progressione investigativa disvelasse -come avvenuto nel caso di specie- una diversa finalità dell’associazione (nella specie, l’attività di procacciamento di voti e conseguente infiltrazioni nelle attività della P.A.). In casi siffatti -sostiene la Procura- non è necessario un nuovo decreto autorizzativo, dovendo il Pubblico ministero soltanto puntualizzare lo sviluppo investigativo nelle richieste di proroga indirizzate al G.i.p.
Peraltro, l’ultima parte del terzo comma dell’art. 416 bis cod. pen. contempla anche condotte finalistiche dell’associazione (“al fine di impedire o ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”) del tutto sovrapponibili ai fatti-reato contestati ai capi G) e H) (oltre che ai capi A), C), D), F)).
Con riguardo ai singoli decreti autorizzativi, osserva la Procura che, 1) già nella prima richiesta di proroga delle intercettazioni (datata 18.11.2019), il tema di prova, pur restando legato al fatto associativo, individuava una traccia legata
all’inquinamento della competizione elettorale (sia del 26 gennaio 2020 sia del 20 e 21 settembre 2020) da parte degli indagati di partecipazione all’associazione ‘ndranghetistica COGNOME, tra cui figurava il COGNOME; 2) nella successiva richiesta di proroga (14.01.2020), si evidenziava l’interessamento del ricorrente nel manipolare il risultato elettorale attraverso l’inserimento di propri fiduciari nel seggio elettorale n. 88 (Sambatello, Comune di Reggio Calabria), ciò che si ricollega alla “raccomandazione” del COGNOME al Battaglia affinché la COGNOME fosse assunta nella indicata società a titolo di ricompensa per l’ausilio fornito nei brogli elettorali di cui al capo G). Ciò è quanto emerge anche dalla nota di P.g. del 3.11.2021, egualmente eloquente per la gravità indiziaria in relazione ai fatti di cui al capo H); 3) nel decreto di proroga del 25.02.2020, le infiltrazioni della cosca COGNOME e del COGNOME in ambito politico-elettorale sono messe in relazione alla volontà di controllare illegalmente i voti procacciati al candidato COGNOME
Il ricorrente chiede, pertanto, l’annullamento dell’impugnato decreto, affinché il Tribunale effettui la verifica relativa ai singoli fatti contestati ai capi G) e H), con riguardo ai singoli decreti autorizzativi di intercettazioni e alle relative proroghe e con riferimento non già alla responsabilità di ciascun indagato, bensì all’indagine nel suo complesso, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (il riferimento del ricorrente è a Sez. 6, n. 28252 del 06/04/2017, COGNOME, Rv. 270565 – 01: «in tema di presupposti per l’ammissibilità delle intercettazioni telefoniche, la valutazione del reato per il quale si procede, da cui dipende l’applicazione della disciplina ordinaria ovvero quella speciale per la criminalità organizzata, va fatta con riguardo all’indagine nel suo complesso e non con riferimento alla responsabilità di ciascun indagato»).
In via subordinata, si evidenzia che gli esiti delle intercettazioni dichiarate inutilizzabili sono sufficienti a ritenere sussistenti più ipotesi di connessione qualificata tra i delitti di cui al capo A) (oggetto di formale autorizzazione delle intercettazioni, come già ricordato), C), D), F) e quelli contestati ai capi G) e H). Il ricorrente lamenta il carattere generico e approssimativo dell’analisi svolta sul tale profilo, atteso che il Tribunale si è limitato a sottolineare il rapporto di mera occasionalità tra i fatti di reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. – per i quali era stata autorizzata l’attività captativa al fine di far luce su investimenti nel settore vinicolo – e quelli sub iudice (brogli elettorali). Nell’escludere la relazione di connessione qualificata, il Collegio del riesame avrebbe aderito acriticamente alla valutazione del g.i.p. sull’insussistenza della gravità indiziaria in capo al Barillà per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., senza riguardo alcuno per la richiesta di misura cautelare, ampiamente motivata, e per gli atti posti a fondamento dei decreti di autorizzazione e successive proroghe.
Infine, si contesta anche la valutazione in tema di esigenze cautelari, palesemente contraddittoria: da un lato, è stata ritenuta assodata la capacità di infiltrazione nel tessuto istituzionale cittadino, reputando al contempo consistente il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., dall’altro s valutata sufficiente la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla p.g.
4. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
4.1 Con il primo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 319, 321 cod. pen. Sostiene la difesa che il Collegio del riesame, nel ritenere sussistente la gravità indiziaria per il reato contestato al capo H), abbia erroneamente inteso i principi giurisprudenziali in tema di delitto di corruzione propria di cui agli artt. 319 e 321 cod. pen.
In particolare, si osserva che l’assunzione di NOME COGNOME presso la RAGIONE_SOCIALE, avvenuta nel 2018 (vale a dire due anni prima della tornata elettorale del 2020, quando la co-indagata non rivestiva, dunque, la qualifica di pubblico ufficiale), non può ritenersi in rapporto sinallagmatico con i fatti contestati al capo H). La piattaforma indiziaria valorizzata dal Tribunale sarebbe pertanto inidonea a indicare che il compimento dell’atto contrario ai doveri d’ufficio sia stato la causa della prestazione dell’utilità (da parte del COGNOME) e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale (COGNOME). In altre parole, non emerge dal compendio indiziario l’esistenza di accordi corruttivi specifici tra il ricorrente e la COGNOME, con cui il primo avrebbe promesso alla seconda l’assunzione -prima come apprendista e poi come dipendente a tempo indeterminato- presso la società RAGIONE_SOCIALE
A tal fine, la difesa ricorda i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini dell’accertamento del delitto di corruzione propria, nell’ipotesi in cui risulti provata la dazione di denaro o di altra utilità in favore del pubblico ufficiale, è necessario dimostrare che il compimento dell’atto contrario ai doveri d’ufficio sia stato la causa della prestazione dell’utilità e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fine la mera circostanza dell’avvenuta dazione (il riferimento difensivo è a Sez. 6, n. 39008 del 06/05/2016, COGNOME Rv. 268088 – 01).
La difesa osserva anche che i contenuti delle conversazioni intercettate rivelano con chiarezza come il COGNOME fosse all’oscuro dell’avvenuta designazione della COGNOME come componente del seggio n. 88 (il riferimento è all’intercettazione del 2 settembre 2020) per le elezioni comunali del 20 e 21 settembre. Dall’intercettazione del 18 settembre 2020, si potrà desumere, al limite, che la COGNOME si preoccupasse di garantire all’amico COGNOME i voti a sua disposizione (dirottandoli verso tal COGNOME). A tal proposito, la difesa sottolinea che, secondo
la giurisprudenza di questa Corte, l’onere probatorio si fa più stringente in caso di rapporti di amicizia tra pubblico ufficiale e privato.
4.2 Col secondo e terzo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 319, 321 cod. pen.
Il motivo ha a oggetto l’irrilevanza penale della presunta utilità consistente nell’assunzione di informazioni, da parte del ricorrente, sulla procedura di stabilizzazione lavorativa della coindagata NOME presso la AZ s.p.a. Anche in tal caso, la difesa ripercorre i contenuti delle conversazioni intercettate, da cui si evince come il ricorrente avesse soltanto inteso assumere informazioni circa l’evoluzione della situazione lavorativa della sua amica, la co-indagata NOME, che aspettava di essere assunta a tempo indeterminato da tre anni (dal 2018, anno dell’assunzione della stessa come tirocinante presso la AZ s.p.a.).
Con palese errore nell’applicazione della legge penale, il Tribunale ha sostenuto che la mera richiesta di informazioni da parte del Barillà rientri nella nozione di “utilità” rilevante prevista dall’art. 319 cod. pen., e possa quindi qualificarsi come vantaggio oggetto della controprestazione posta a base del presunto accordo corruttivo. Così argomentando, il Tribunale non ha considerato che le utilità penalmente rilevanti sono soltanto quelle che comportano vantaggi patrimonialmente apprezzabili. Inoltre, l’impugnata ordinanza ha correlato tale presunta utilità alla circostanza che la COGNOME si sarebbe mostrata disponibile per compiere brogli elettorali in vista delle elezioni regionali del 2021, dato, quest’ultimo, non contestato in rubrica. A tutto voler concedere, potrà sostenersi una correlazione tra la fortuita assunzione della COGNOME e la promessa di garantire cinque voti a favore del COGNOME in vista delle elezioni regionali del 2021.
Sostiene infine la difesa che, al netto delle intercettazioni dichiarate inutilizzabili, la motivazione dell’impugnata ordinanza non superi la cd. prova di resistenza, atteso che le restanti intercettazioni (quelle considerate ammissibili) sarebbero inidonee a supportare il giudizio di gravità indiziaria formulato dal Tribunale.
4.3 Col quarto motivo, si lamenta vizio di motivazione in relazione alle ritenute esigenze cautelari, non avendo il Tribunale reso adeguate ragioni circa il concreto attuale e specifico pericolo di reiterazione del delitto provvisoriamente ascritto.
All’udienza si è svolta trattazione orale del ricorso. Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto pronunciarsi l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza. L’Avv. COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso È pervenuta, inoltre, memoria difensiva nell’interesse dell’indagato, con cui si
contestano le eccezioni espresse nel ricorso proposto dal Pubblico ministero di Reggio Calabria.
Considerato in diritto
1. Ricorso del Pubblico Ministero
Il ricorso del P.M è inammissibile per assenza di specificità.
Occorre premettere che, in tema di intercettazioni, il divieto di cui all’art. 270 cod. proc. pen. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate – salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza – non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex art. 12 cod. proc. pen., a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata “ah origine” disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277395 – 01).
Occorre, peraltro, aggiungere che la disciplina del regime di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi, di cui all’art. 270, comma 1, cod. proc. pen. – nel testo introdotto dal decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n.7 ed anteriore al decreto-legge 10 agosto 2023, n.105, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 2023, n. 137 – si applica solo nel caso, non ricorrente nella specie, in cui il procedimento nel quale sono state compiute le intercettazioni sia stato iscritto successivamente al 31 agosto 2020 (Sez. U, n. 36764 del 18/04/2024, COGNOME Rv. 287005 – 01).
Nel procedimento in esame, il Tribunale ha ritenuto l’assenza di una connessione qualificata tra il procedimento per il quale le autorizzazioni erano state disposte (avente ad oggetto il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., con riguardo, in particolare, agli investimenti del RAGIONE_SOCIALE nel settore vinicolo) e l’emersione di brogli elettorali.
In tale contesto, le affermazioni del ricorrente, oltre a non essere supportate dalla necessaria produzione dei decreti autorizzativi e di proroga ai quali si fa riferimento (v. mutatis mutandis i principi affermati da Sez. 6, n. 18187 del 14/12/2017, dep. 2018, Nunziato, Rv. 273007 – 01, a proposito degli oneri di allegazione gravanti sulla parte in relazione agli atti che non facciano parte del fascicolo trasmesso al giudice di legittimità e sui quali le critiche trovino fondamento), si risolvono in mere asserzioni che ipotizzano la sussistenza dei presupposti di utilizzabilità in termini congetturali, lamentando l’assenza di una adeguata analisi da parte del Tribunale.
2. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
Le censure che investono la valutazione del Tribunale circa la gravità indiziaria in tema di delitto provvisoriamente contestato al capo H), esposte dal ricorrente nei primi tre motivi, sono fondate e assorbono quelle illustrate nel quarto motivo.
Nella motivazione del provvedimento gravato, non è dato ravvisare, a parere di questo Collegio, una valutazione idonea a sorreggere i gravi indizi di colpevolezza in relazione al delitto di corruzione. In particolare, il compendio indiziario, almeno per come prospettato in parte motiva, non pare sufficiente a dar conto dell’esistenza di accordi corruttivi specifici tra il ricorrente e la COGNOME, con cui il primo avrebbe promesso alla seconda l’assunzione -prima come apprendista e poi come dipendente a tempo indeterminato- presso la società RAGIONE_SOCIALE Più precisamente, dalla motivazione non si comprende fino in fondo se il contratto di lavoro come apprendista presso la RAGIONE_SOCIALE, ottenuto dalla Giustra nel 2018, sia stato considerato dal Tribunale alla stregua di un mero “antecedente logico” della condotta corruttiva vera e propria (come sembra emergere a p. 51 dell’impugnata ordinanza) oppure parte integrante del patto corruttivo (come si arguirebbe, invece, a p. 54).
Centrata, allora, è l’invocazione, da parte difensiva, del principio secondo cui «in tema di corruzione, il reato è configurabile a condizione che sussista un rapporto sinallagnnatico tra il compimento dell’atto d’ufficio e la promessa o ricezione di un’utilità, la cui dazione deve rappresentare l’adempimento del patto corruttivo, non potendo quindi assumere rilievo ove derivi dagli stretti rapporti personali preesistenti tra il pubblico agente ed il privato» (Sez. 6, n. 3765 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281144 – 01; Sez. 6, n. 5017 del 07/11/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251867: «ai fini dell’accertamento del delitto di corruzione propria, nell’ipotesi in cui risulti provata la dazione di denaro o di altra utilità in favore del pubblico ufficiale, è necessario dimostrare che il compimento dell’atto contrario ai doveri d’ufficio è stato la causa della prestazione dell’utilità e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fine la mera circostanza dell’avvenuta dazione»).
Ritiene il Collegio che, ai fini della dimostrazione del patto corruttivo tra il ricorrente (nei panni di privato corruttore: art. 321 cod. pen.) e COGNOME (nei panni di pubblico ufficiale corrotto: art. 319 cod. pen.), gli elementi indiziari valorizzati dal Tribunale non siano sufficienti. L’intercettazione della conversazione del 28 settembre 2021, evidenziata in parte motiva (nel corso della quale la COGNOME chiama il ricorrente per ringraziarlo della contrattualizzazione a tempo indeterminato del rapporto lavorativo presso la RAGIONE_SOCIALE non consente di individuare con certezza il rapporto sinallagmatico che, secondo la giurisprudenza di legittimità prima ricordata, deve sussistere tra il compimento dell’atto d’ufficio
e
(nel caso in esame: operazioni illecite in occasione delle elezioni amministrative indicate nel capo H) e la promessa o ricezione di un’utilità (nel caso di specie: la stabilizzazione della posizione lavorativa della Giustra).
Ne discende l’annullamento del provvedimento impugnato, limitatamente al reato di cui al capo H, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria che, in piena autonomia e nel rispetto delle superiori indicazioni, procederà ad una rivalutazione del materiale indiziario raccolto.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente al capo H), con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria – sezione riesame. Dichiara inammissibile il ricorso del p.m.
Così deciso in Roma, il 06/12/2024
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