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Patteggiamento: ricorso inammissibile senza giusti motivi

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento per tentato furto. Il motivo è che il vizio di motivazione, addotto dal ricorrente, non rientra tra le ragioni tassative previste dalla legge per impugnare un patteggiamento. La decisione sottolinea che il ricorso patteggiamento è possibile solo per vizi specifici, come l’illegalità della pena o l’errata qualificazione giuridica del fatto.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: la Cassazione ribadisce i motivi tassativi per l’impugnazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato i confini rigorosi entro cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento. La decisione chiarisce che non ogni doglianza può aprire le porte del giudizio di legittimità, specialmente dopo che l’imputato ha scelto la via dell’accordo sulla pena. Il caso in esame, relativo a un tentato furto in abitazione, offre uno spunto cruciale per comprendere le limitazioni introdotte dalla cosiddetta ‘Riforma Orlando’ e le conseguenze per chi presenta un ricorso basato su motivi non consentiti.

I Fatti di Causa

Un soggetto, a seguito di un accordo con la Procura, otteneva dal Tribunale di Vicenza una sentenza di applicazione della pena (patteggiamento) per il reato di tentato furto in abitazione aggravato. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un ‘vizio di motivazione’ in ordine alla ritenuta sussistenza del reato. In sostanza, il ricorrente contestava le argomentazioni logico-giuridiche su cui si fondava la sua stessa condanna, pur avendo acconsentito alla pena.

La Decisione della Corte sul ricorso patteggiamento

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza nemmeno entrare nel merito della questione sollevata. La decisione si fonda su una precisa norma procedurale, l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che elenca tassativamente i motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere contestata in Cassazione. La Corte ha constatato che il motivo addotto dal ricorrente non rientrava in tale elenco, determinando così l’immediata chiusura del procedimento. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione dell’ordinanza è netta e si concentra sull’interpretazione delle norme che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La Corte ricorda che la Legge n. 103/2017 ha introdotto una stretta significativa sulle possibilità di ricorso. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce che il ricorso per cassazione è consentito esclusivamente per i seguenti motivi:

1. Vizi nell’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato libero e consapevole.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione che non corrisponde all’accordo tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo giuridicamente sbagliato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione è contraria alla legge (es. supera i limiti massimi o è di un tipo non previsto).

La Corte ha evidenziato come il ‘vizio di motivazione’ sulla sussistenza del reato, lamentato dal ricorrente, non figuri in questo elenco tassativo. Si tratta di una censura che attiene al merito della valutazione del giudice, aspetto a cui l’imputato rinuncia implicitamente scegliendo il rito alternativo del patteggiamento. La scelta di patteggiare implica un’accettazione del fatto così come contestato, barattando un’eventuale piena assoluzione con la certezza di una pena ridotta. Consentire un ricorso per vizi di motivazione snaturerebbe la funzione stessa dell’istituto, trasformandolo in un’anticamera per contestazioni che dovrebbero trovare spazio solo in un processo ordinario.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: chi opta per il patteggiamento compie una scelta processuale che comporta benefici (sconto di pena) ma anche rinunce significative, prima fra tutte la possibilità di contestare nel merito la decisione del giudice. Il ricorso patteggiamento in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un rimedio eccezionale, limitato alla verifica di specifici e gravi vizi di legittimità. La decisione serve da monito: un ricorso presentato per motivi non consentiti dalla legge è destinato a un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità, con l’ulteriore aggravio di spese processuali e di una sanzione pecuniaria a carico del ricorrente.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso è possibile solo per un numero limitato di motivi espressamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, come l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena.

Il vizio di motivazione è un motivo valido per impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che il vizio di motivazione non rientra tra i motivi tassativi per cui si può ricorrere contro una sentenza emessa a seguito di patteggiamento.

Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non ammessi dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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