Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21947 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21947 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato a Roma il 22/4/1971
avverso la sentenza del 17/11/2023 emessa dal Tribunale di Velletri visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza;
RITENUTO IN FATTO
Il giudice per le indagini preliminari applicava all’imputato la pena concordata con il pubblico ministero, relativamente ai reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali, condannando altresì il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore della parte civile.
Avverso tale sentenza, il ricorrente ha formulato tre motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, deduce la violazione degli artt. 78, 29, 447 e 448 cod. proc. pen. in relazione alla condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, evidenziando come l’accordo sulla pena si era formato prima ancora dell’esercizio dell’azione penale e la sentenza era stata emessa nell’udienza appositamente fissata, alla quale non doveva essere neppure consentita la costituzione della parte civile.
2.2. Con il secondo motivo, deduce la violazione degli artt. 446 e 448 cod. proc. pen., assumendo che il giudice per le indagini preliminari aveva erroneamente ritenuto che il ricorrente, all’udienza del 17 novembre 2023, avesse revocato la richiesta di applicazione della pena. Invero, la volontà espressa era diretta a mantenere fermo l’accordo sulla pena che, tuttavia, doveva essere sostituita con i lavori di pubblica utilità, in base alla nuova disciplina delle sanzioni sostitutive.
Il giudice, invece, era incorso in un vero e proprio travisamento della volontà dell’imputato, posto che, se questi avesse inteso revocare la precedente richiesta di patteggiamento, non avrebbe avuto alcun senso logico il deposito della procura speciale con la quale si affermava la volontà di addivenire alla sostituzione della pena già concordata.
Alla luce di tali elementi, il giudice avrebbe dovuto accertare la reale volontà del ricorrente e non procedere all’applicazione della pena, anche in considerazione del diniego immotivato espresso dal pubblico ministero.
In ogni caso, pur interpretando la volontà dell’imputato come una mera /141,14, . +4 revoca del consenso precedenté espresso, si sarebbe dovuto dare applicazione all’orientamento giurisprudenziale, contrario rispetto a quello indicato in sentenza, che consente la revoca fin quando l’accordo non è ratificato dal giudice.
2.3. Con il terzo motivo, infine, il ricorrente rappresenta che, il 5 dicembre 2023, la persona offesa ha rimesso la querela con conseguente accettazione, sicchè il reato di lesioni personali deve ritenersi non più procedibile, il che imporrebbe in ogni caso l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Il ricorso è stato trattato con rito cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito specificati.
Il primo motivo, concernente l’illegittima condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di difesa in favore della parte civile, è fondato.
Occorre premettere che, nel caso in esame, l’accordo sulla pena è stato raggiunto dopo la notifica dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. e prima ancora che il pubblico ministero esercitasse l’azione penale.
Si tratta, pertanto, di un’ipotesi di patteggiamento nel corso delle indagini preliminari, a fronte della quale il giudice ha correttamente fissato apposita udienza in camera di consiglio, finalizzata esclusivamente al vaglio della richiesta di applicazione della pena.
Per consolidata giurisprudenza, nell’udienza fissata a seguito della richiesta di applicazione della pena presentata nel corso delle indagini preliminari non è consentita la costituzione di parte civile ed è pertanto illegittima la condanna dell’imputato al pagamento delle spese sostenute dal danneggiato dal reato la cui costituzione sia stata ammessa dal giudice nonostante tale divieto (Sez.U, n. 47803 del 27/11/2008, COGNOME, Rv. 241356).
3 II secondo motivo, concernente il rigetto della richiesta di sostituzione della pena detentiva, pur essendo infondato, risulta assorbito dall’accoglimento del terzo motivo.
3J-,Per mera completezza espositiva, è opportuno esaminare ugualmente la questione, ricostruendo nel dettaglio i singoli passaggi processuali rilevanti dai quali emerge che:
a seguito di richiesta dell’indagato, il pubblico ministero prestava il consenso all’applicazione della pena in data 31 agosto 2023;
l’accordo prevedeva esclusivamente l’applicazione della pena detentiva, non facendo in alcun modo riferimento alla sostituzione della stessa;
all’udienza del 17 novembre 2023, il difensore dell’indagato concludeva depositando «revoca al consenso del patteggiamento» sulla base di una procura speciale, del 16 novembre 2023, con la quale si conferiva al difensore il potere di «prestare il consenso all’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. unicamente se subordinato all’accesso al beneficio della pena sostitutiva»;
il pubblico ministero non prestava il suo consenso alla revoca del patteggiamento;
il giudice rigettava la richiesta di revoca e decideva in conformità all’accordo sulla pena formulato dalle parti.
Orbene, sulla base di tali dati di fatto – risultanti dall’esame degli atti e, particolare, del verbale di udienza – deve escludersi che il giudice abbia mal
interpretato la volontà del ricorrente, posto che la richiesta formulata a verbale era espressamente nel senso di revocare il consenso già prestato.
Si ritiene, pertanto, che il giudice abbia correttamente escluso la legittimità della revoca, applicando il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la richiesta di applicazione della pena non è più revocabile una volta che su di essa sia espresso il consenso della parte, in quanto la formazione dell’accordo determina effetti irreversibili ed è sottoposto solo al controllo giudiziale (Sez.4, n. 38051 del 3/7/2012, Rv. 254367).
3.L. Tanto premesso, deve ritenersi che il ricorrente, stante l’accordo raggiunto con la parte pubblica, non poteva invocare l’applicazione della disciplina delle pene sostitutive a fronte di un accordo che non le prevedeva in alcun modo.
A tal proposito, infatti, deve sottolinearsi come le modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022 impongono alle parti di indicare ab origine se l’accordo prevede o meno la sostituzione, tant’è che il novellato art. 444, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce espressamente che «l’imputato e il pubblico ministero possono chiede l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una pena sostitutiva o di una pena pecuniaria» ovvero della pena detentiva. Il tenore letterale della norma impone, senza possibilità di interpretazioni difformi, che l’accordo sottoposto al giudice contempli già l’esatta individuazione della pena detentiva, pecuniaria o sostitutiva, non essendo consentitck- come invece avviene nel rito ordinario – la scissione della fase di determinazione della pena, con la determinazione della sanzione ordinaria cui far seguire, eventualmente, la sostituzione della stessa (a supporto di tale soluzione si veda Sez.6, n. 30767 del 28/4/2023, COGNOME, Rv. 284978; Sez.2, n. 50010 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285690).
, Risulta fondato e assorbente il terzo motivo i con il quale si rappresenta la sopravvenuta remissione della querela in ordine al reato di lesioni personali.
Occorre preliminarmente dare atto che, dalla lettura dell’imputazione, non risulta contestata alcuna delle aggravanti che, in base ai novellati artt. 582 e 585 cod. pen., renderebbe il reato procedibile d’ufficio.
Ne consegue che, stante l’accettazione della remissione della querela, deve dichiararsi l’estinzione del reato, in applicazione del consolidato principio secondo cui la remissione di querela, intervenuta in pendenza del ricorso per cassazione e ritualmente accettata, determina l’estinzione del reato che prevale anche su eventuali cause di inammissibilità e va rilevata e dichiarata dal giudice di legittimità, purché il ricorso sia stato tempestivamente proposto (Sez.U, n, 24246 del 25/2/2004, COGNOME, Rv. 227681).
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Ritiene la Corte, tuttavia, che non si possa procedere alla mera rideternninazione della pena concordata tra le parti, postothe l’eliminazione di uno
dei reati oggetto dell’accordo comporta il venir meno dello stesso, non essendo consentito al giudice – come invece avviene nel caso di ordinaria sentenza di
condanna – di rimodulare la sanzione inflitta.
La natura dell’applicazione della pena su accordo delle parti comporta, infatti, che il contenuto dello stesso e, quindi, la determinazione finale della pena da
applicare, è rimessa unicamente all’atto negoziale, rispetto al quale il giudice è
privo di un autonomo potere di rimodulazione della pena.
Applicando tale principio, ne consegue che la sentenza di applicazione della pena deve essere annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al Pubblico
ministero, posto che la sentenza è stata emessa in fase di indagini preliminari e prima ancora che fosse fissata l’udienza preliminare.
Il ricorrente, per effetto dell’annullamento, potrà procedere a formulare una nuova richiesta di applicazione della pena, eventualmente concordando anche la pena sostitutiva, ovvero, si potrà procedere nelle forme ordinarie.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli aft;
P.M. presso il Tribunale di Velletri. Così deciso il 17 aprile 2024 Il Consigliere estensore COGNOME Il Presidente