Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26109 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26109 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 01/07/2025
1. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli Nord, in sede di patteggiamento richiesto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione ai reati loro rispettivamente ascritti di cui agli artt. 110, 314, 319, 320 cod. pen., reati commessi in Giugliano in Campania a far data dal dicembre 2023 con condotta perdurante, ha assolto i predetti imputati dai reati loro ascritti perché il fatto non sussiste.
2. Il Giudice ha rilevato che il compendio probatorio sul quale si fondano le accuse era costituito da intercettazioni telefoniche e video – dal chiaro contenuto comunicativo – eseguite presso l’isola ecologica di INDIRIZZO nel Comune di Giugliano in Campania ove erano addetti agli odierni imputati.
Le intercettazioni erano state autorizzate in un diverso procedimento avente ad oggetto l’occupazione abusiva del condominio ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nonché per presunti episodi estorsivi commessi ai danni di aspiranti e/o occupanti degli immobili da parte delle famiglie COGNOME e COGNOME, intercettazioni durante le quali erano emersi i fatti del presente procedimento.
Il giudice ha ritenuto che l’art. 270 cod. proc. pen. pone, quale prerequisito dell’utilizzabilità delle intercettazioni in un diverso procedimento rispetto a quello nel quale sono stati vagliati dal giudice per le indagini preliminari, che si tratti di intercettazioni indispensabili per l’accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza. Dai decreti autorizzativi non emerge l’autorizzazione alle intercettazioni anche per i reati oggetto del giudizio che sono del tutto estranei ai fatti destinatari del provvedimento di autorizzazione.
Né i reati per i quali si procede presentano profili di connessione, ai sensi dell’art. 12 cod. proc. pen., con quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata disposta e sempre che rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall’art.266 cod. proc. pen.
Sussiste, pertanto, la diversità del procedimento rispetto ai fatti a giudizio e la inevitabile inutilizzabilità delle intercettazioni con la conseguente necessità, in mancanza di risultanze investigative diverse e ulteriori, di dover procedere al proscioglimento degli imputati.
2.Il Pubblico Ministero, con i motivi sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, chiede l’annullamento della sentenza impugnata per concorrenti vizi di violazione di legge derivanti dall’erronea applicazione delle norme in materia di
patteggiamento. Deduce che, non essendo stata preceduta dalla previa integrale restituzione del prezzo o profitto del reato, la richiesta di applicazione pena era inammissibile; che in precedenti giudizi incidentali non era stata posta la questione della inutilizzabilità delle risultanze delle intercettazioni; che, a partire dall’ottobre 2024, le intercettazioni erano state autorizzate anche con riguardo ai fatti per i quali si procede; che gli elementi a carico degli imputati – in particolare la loro remunerazione in conseguenza della cessione di materiali nobili – emergevano dalle videoriprese autorizzate dal Pubblico Ministero; che uno degli imputati aveva, almeno in parte, ammesso i fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. E’ fondato, con rilievo preliminare e assorbente rispetto agli altri motivi di ricorso, il motivo di ricorso secondo cui la richiesta di applicazione pena, ai sensi dell’art. 444, comma 1ter , cod. proc. pen., era inammissibile perché intervenuta in procedimento per i delitti previsti dagli articoli 314 e 319 cod. pen. senza essere preceduta dalla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato, trattandosi di fatti commessi dopo l’entrata in vigore della l. n. 69 del 27 maggio 2015.
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di patteggiamento nei reati contro la Pubblica Amministrazione, è ricorribile per cassazione la sentenza pronunciata in difetto della restituzione integrale del prezzo o del profitto prevista dall’art. 444, comma 1ter cod. proc. pen. dal momento che essa ratifica un accordo illegale, concluso in violazione di una norma processuale stabilita a pena di inammissibilità del rito, vizio deducibile ex art. 606, lett. c), cod. proc. pen., secondo il regime generale delle impugnazioni (fra le tante, Sez. 6, n. 19679 del 27/01/2021, Bove, Rv. 281664).
Ritiene il Collegio che la sentenza di applicazione della pena concordata, ove le parti decidono di definire il procedimento rinunciando all’accertamento e accordandosi sull’entità della pena, è subordinata ad un controllo da parte del giudice che si dipana nella verifica della correttezza e legittimità dell’accordo, oltre che in quella negativa, al fine di scongiurare che esistano elementi probatori idonei ad addivenire ad una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., percorso seguito nella sentenza impugnata dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli Nord.
Il preliminare controllo spettante al giudice è quello volto alla verifica che, nel compromesso sulla pena raggiunto tra le parti in ordine ai delitti di cui agli artt. 314, 317, 318, 319, 319ter , 319quater e 322 cod. pen., si sia dato corso alla ‘restituzione’ integrale del prezzo o del profitto del reato.
L’assenza di tale adempimento comporta la dichiarazione di inammissibilità della richiesta, configurando un vero e proprio obbligo restitutorio ex lege per poter accedere al rito premiale.
Il Collegio condivide le argomentazioni del precedente di questa Corte secondo cui « … la finalità dell’istituto previsto dall’art. 444-comma 1-ter cod. proc. pen. non è riparatoria o risarcitoria, ma risponde alla stessa finalità sottesa alla confisca del profitto o del prezzo del reato, seppure con le peculiarità proprie di una condizione processuale la cui osservanza è rimessa alla libera scelta dell’imputato. La ratio della norma è, infatti, solo quella di escludere che l’autore dei reati contro la pubblica amministrazione, tassativamente indicati (artt.314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 322-bis cod. pen., tra cui non rientra l’art. 321 cod. pen., ovvero la corruzione dal lato attivo del corruttore come rilevato anche nell’ordinanza della Corte Cost., 6 luglio 2022, dep. 25 luglio 2022, n. 194), possa fruire dei benefici connessi al patteggiamento (riduzione della pena), ove non abbia provveduto a rinunciare al vantaggio economico derivante dal reato con riferimento al profitto o al prezzo del reato. 5 Non ha, quindi, di mira la tutela dell’interesse del soggetto danneggiato dal reato, ovverosia la finalità di assicurare la riparazione del danno da questi subito per effetto del reato commesso. Ma persegue la finalità di impedire che l’autore del reato possa trarre beneficio dalla commissione del reato, conservando il vantaggio economico da esso conseguito, ma al solo limitato scopo di precludergli l’accesso al rito del patteggiamento, senza le finalità sanzionatorie, preventive o punitive, tipiche della confisca. D’altra parte, essendo una condizione processuale che precede l’accertamento di responsabilità, appare evidente che la sua finalità non possa mai essere anticipatoria della confisca che segue necessariamente la condanna, cui è equiparata la sentenza di patteggiamento agli effetti della confisca » – Sez. 6, n. 20255 del 09/04/2025, Pg, Rv. 288090).
Ne consegue che la restituzione del prezzo o del profitto del reato, quale condizione processuale di ammissibilità del rito del patteggiamento, va modulata con riguardo alla imputazione per la quale è stata esercitata l’azione penale e il suo adempimento prescinde dall’interesse personale dell’avente diritto alla restituzione, essendo al contrario rilevante il solo interesse dell’imputato ad accedere al patteggiamento, con la conseguenza che anche ove la restituzione non sia materialmente o giuridicamente possibile. Tenuto conto che la finalità dell’istituto è solo quella di escludere dall’ammissione al beneficio del patteggiamento coloro che – in base all’imputazione – si assume abbiano conservato la disponibilità del vantaggio illecito derivante dal reato, è essenziale che la somma di denaro corrispondente al profitto o al prezzo del reato sia
comunque depositata presso la cancelleria del giudice nelle forme dell’offerta reale.
La restituzione del profitto o del prezzo del reato, quale condizione di ammissibilità del patteggiamento, resta in ogni caso affidata al vaglio del giudice che procede, che potrebbe all’esito della definizione del patteggiamento non disporla ma provvedere, in alternativa, alla confisca dei valori offerti in restituzione, ove ne ricorrano i presupposti di legge. Costituisce, infatti, decisione che, superata ogni questione sulla ammissibilità del rito, attiene al merito la determinazione del giudice che, in tema di patteggiamento per reati contro la pubblica amministrazione, escluda l’applicazione cumulativa della restituzione integrale del profitto del reato prevista dall’art. 444, comma 1ter , cod. proc. pen., e della confisca per equivalente del profitto del reato ex art.322ter cod. pen., applicazione congiunta che determinerebbe a violazione del principio del “ne bis in idem” sanzionatorio, trattandosi di misure aventi il medesimo oggetto ed analoga finalità afflittiva (in tal senso Sez. 6, n. 16872 del 30/01/2019, COGNOME, Rv. 275671 – 01).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, per ulteriore corso. Così deciso il 01/07/2025